In home page un particolare dell'opera di Paladino. Qui sopra il lavoro di Guidi e a seguire quello di Donnelly
Ammirati a Tor di Valle i cavalli dell'arte
EQUUS, SEMPER (Cavallo, Sempre) è il titolo della mostra di arte contemporanea inaugurata la mattina di sabato 6 settembre all’ippodromo Tor di Valle in Roma. Bruna Condoleo, docente di storia dell’arte e organizzatrice della mostra, ha così commentato e spiegato l’impegno degli 11 artisti prescelti.
“Figura dinamica per eccellenza, l’infuocato cavallo di AMATO è l’esempio di un linguaggio espressivo che, attraverso la capacità allusiva del colore, esalta valori eterni come l’audacia, la libertà, la tensione vitale. Gli studi sul dinamismo della corsa, che hanno affascinato tanti artisti, sono alla base dei cavalli di GIUNTA il quale, pur avendo operato una scelta aniconica, con sintesi estrema ripropone l’armonioso movimento dell’animale nello spazio. Nella sua disincantata interpretazione della realtà, SCHIFANO smitizza l’immagine equestre tradizionale, lontana dall’aulica solennità del passato e con volontà ludica la priva di tridimensionalità, esaltandone lo splendore cromatico.
“Con una struttura geometrizzata di picassiana memoria, COSSU esprime nel suo cavallo e cavaliere il rigore di forme scultoree primitive, evocatrici dell’arte cicladica e dense di allusioni psicologiche. Collegati anch’essi agli aspetti più arcaici della figurazione, i cavalli dipinti dalla DONNELLY, quali raffinati emblemi araldici, s’innestano in una storia millenaria di cultura mediterranea, acquisendo il valore di epifanie di una astorica e ideale bellezza.
“Riferimenti al romanico e suggestioni dell’arte di Marini caratterizzano i gruppi equestri di GUIDI, realtà plastiche ricche di tensione, in cui la sintesi delle forme diverse diviene simbolo della fusione materiale e spirituale tra uomo e animale. ZAMPOGNA, ipotizzando un dualismo antitetico tra natura e cultura mediatica, alla grandiosità classica di un cavallo caravaggesco oppone la realtà prosaica del mondo della pubblicità, svuotata di qualsiasi valore etico.
“Il cavallo tecnologico di PESCE, invece, simbolo negativo che ha perduto assieme all’identità antica ogni suggestione di bellezza, è figura anoressica, capace di visualizzare nelle forme minacciose il potere della comunicazione di massa, manipolatrice della verità e prevaricatrice delle coscienze. Nell’immagine essenzializzata di PALADINO, il cavallo, coagulo armonioso di spontaneità e meditazione, è il guardiano dei nostri sogni, ma anche il luogo dei segreti, come il cavallo di Troia, un idolo primordiale che sa guidare l’uomo verso l’eternità.
“Il fascino perenne del mito classico si ripresenta nell’opera di GIAMMARCO che, attraverso le dinamiche deformazioni degli alati cavalli del Sole, traduce la metafora di ogni sfida impossibile e nel contempo allude alla necessità di ristabilire un equilibrato legame tra natura e cultura. In bilico tra spiritualità medioevale ed esuberanza barocca, KOKOCINSKY dipinge un cavallo dalle forme possenti, che affianca l’uomo nella sua terrena solitudine, silenzioso ed enigmatico testimone dei lugubri fantasmi dell’inconscio.
“Pur vivendo in un’aura di intangibilità, in quella condizione utopica di esistenza creata dall’opera d’arte, la figura del Cavallo irrompe con il suo dionisiaco furore anche nella nostra quotidianità, coinvolgendoci in un dialogo interiore denso di rimandi culturali e psicologici, mantenendo inalterata la capacità di costituire una fonte inesauribile di ispirazione poetica.”