A Copenhagen la Morte girava a cavallo...
E’ LA MORTE del ‘Settimo Sigillo’ quella che girava a cavallo per Copenhagen, dove i signori della terra misuravano le condizioni del pianeta non in vite umane da salvare ma in denaro da spendere.
Nel vecchio film di Bergman il destino dell’uomo è affidato ad una partita di scacchi. Nella realtà di oggi dipende da un dare e un avere economico che fa dell’umanità, del suo presente e del suo futuro, una variabile subordinata del mercato. C’è un eccesso di confusa genericità nel parlare di ‘clima’, c’è un che di burocratismo accademico nella formula ‘questione ambientale’.
Occorre restituire alle parole la crudezza dei loro significati veri. La verità è che stiamo trasformando la natura in un tumore maligno. La verità è che la consapevolezza che ognuno di noi può avere sul deperimento del pianeta è umiliata e vilipesa dallo strapotere dei potentati planetari che dettano le regole del gioco dell’economia mondiale. Queste sono le due verità che crocefiggono le trattative di Copenhagen al muro di quegli stessi interessi che si sono sollevati contro il protocollo di Kyoto del 1997. Sono passati più di dieci anni da allora.
Le condizione dell’aria, dell’acqua e della terra peggiorano anno dopo anno. E più peggiorano più le metastasi del tumore dilagano. Falcidiano dove l’umanità e più debole, rallentano dove gli uomini si illudono di essere più forti e protetti, al coperto di economie che ridistribuiscono a pochi quanto viene tolto a molti. Rallentano, ma non si arrestano. Come non si arresta la protesta, che, quasi per contrappasso, si fa più aspra, a volte violenta, e sempre più carica di dirompenti elementi simbolici. A Copenaghen la morte girava in sella ad un cavallo. Perché il cavallo? Perché il cavallo è investito dal mito universale che lo vuole dotato di straordinari poteri magici capaci di supplire quelli imperfetti e caduchi degli uomini, quando si rivelano in tutta la loro impotenza di fronte alla morte. Perché a Copenaghen i poteri idioti degli uomini hanno discusso di profitti e perdite mentre lo scenario che si staglia sempre più netto è quello di un lento inesorabile olocausto universale.
A questa criminale idiozia opponiamo la potenza immaginaria di un animale che ha portato in groppa la storia dell’uomo. Una storia che non vogliamo veder inghiottita dal precipizio di economie infettate da produzioni e consumi malati.