Uomini e cavalli: paure, insicurezze e coercizioni.
SE NE SENTONO davvero sempre di più belle dalla bocca di persone che si definiscono “gente di cavalli”. Ogni giorno mi meraviglio, o meglio, inorridisco a causa dell’ignoranza e della viltà umana. L’ultima viltà l’ho sentita proprio ieri da un energumeno, agonista in endurance e che gestisce una scuderia.
Secondo questo sedicente “esperto di cavalli”, il cavallo va “avvilito”. Un cavallo avvilito, secondo questo “esperto” cavaliere, è davvero un cavallo affidabile, che si assoggetta immediatamente ai comandi dell’uomo. Un cavallo avvilito è un cavallo sicuro, sul quale non si rischia la pelle. Io sbalordito ascoltavo, cercando di cogliere elementi di positività nel suo vomitare parole ignoranti, ma invano. Ma di più parlavano gli sguardi dei suoi cavalli, un misto di fobia e collera. Mentre gli proponevo invece la mia visione del cavallo, lui mi guardava sbigottito, quasi con il timore di guardare le sue paure.
Come questo potrei raccontarne a centinaia di esperienze e parole sconcertanti? Potrei raccontare di gente resa molle dall’ignoranza e da una società che non forma più gente dall’animo guerriero? Potrei raccontare di gente che torce le orecchie dei cavalli per insegnargli a stare fermi. Potrei raccontare di gente che usa violenza, anche al solo nitrito di uno stallone, con la paura nell’anima. Non parlo solo di rozza gente di cavalli, questi episodi vengono vissuti anche nelle più qualificate scuole di equitazione.
Certo chi è audace può rischiare, chi ha paura sopravvive, sì, sopravvive senza vivere e far vivere, senza insegnare e permettere un vero apprendimento. Chi fugge vive in uno stato di comodità e sicurezza apparente, chi combatte è costantemente fuori dall’area di comfort. Ma solo stando fuori dall’area di comfort si creano i presupposti per crescere e far crescere, per vivere e far vivere, uomini e cavalli.
L’unica via che conosco per diventare guerrieri a cavallo, è la via della conoscenza. Senza conoscenza si è posseduti dal proprio terrore. Senza conoscenza si è preda di convinzioni e credenze che limitano e soffocano e violentano. Senza conoscenza, senza voglia e piacere di crescere, senza vivere pienamente il cavallo, senza aver veramente il desiderio di comprendere, senza la voglia di mettere in discussione la propria esperienza costruita sulla paura e sull’ignoranza, senza tutto questo gli orizzonti di un uomo di cavalli possono ampliarsi solo fino alla punta del proprio naso.
Ogni organizzazione, ogni scuola, tutta la gente di cavalli dovrebbe fare giuste riflessioni su questo ed essere consapevole di quanto tutto può essere limitato e limitante, potenziato e potenziante. Ora sta ad ognuno decidere se scegliere la strada del guerriero o restare nell’Ade della paura. Una vera etica nella relazione con il cavallo, può esistere solo attraverso la consapevolezza ed il superamento delle proprie paure.
"Giovani, su, combattete, piantandovi l’uno di fianco all’altro,
segno alcuno si dia del terror, della fuga.
Su via, su entrambi i piedi ben saldi si pianti ciascuno, stringa le labbra tra i denti, metta radici al suolo".
Tirteo
Poeta di Sparta VII sec a. C.