Lettera aperta al Sindaco di Ronciglione
Signor Sindaco, la procura della Repubblica di Viterbo ha iscritto Lei e altre quattro persone della sua amministrazione sul registro degli indagati. Ciò vuol dire che la magistratura ha ravvisato termini sufficienti per accertare se ci siano state colpe o responsabilità per la morte della cavalla Tiffany, avvenuta durante la celebrazione dell’ultimo palio della sua città. Dall’esito delle indagini dipenderà, dunque, l’eventualità di rinvio a giudizio o archiviazione del procedimento a suo carico. Come lei sa, lo Stato di diritto è un insieme molto complesso di norme e procedure che poggia su principi di tutela e garanzia. Ne citiamo, a titolo di esempio, solo tre: nessuna pena senza reato; nessun crimine senza legge; nessuna colpa senza processo.
Sulla base della certezza del diritto, si dovrà, quindi, dimostrare la sussistenza dei tre elementi fondamentali che sostanziano la natura giudiziaria di questa vicenda:
a) la connotazione di reato circa le cause della morte di Tiffany;
b) la natura criminosa della specificità di questa morte;
c) l’eventualità di una connessione fra crimine e reato come ambito di colpa.
Tutto questo attiene alla definizione della verità giudiziaria. La quale, va da sé, ci interessa e molto. Ma a noi non basta. Noi vorremmo che venisse fuori anche un altra verità. Una verità che non è rintracciabile nelle carte processuali, ma che risiede nella sua coscienza di uomo, prima ancora che di amministratore. La nostra opinione è che chiunque Lei, poteva immaginare che quel giorno, in quelle condizioni atmosferiche, con quel tipo di percorso, senza la predisposizione di nessun vero fattore di prevenzione e sicurezza, il palio avrebbe potuto risolversi in disastro.
Perché Lei no? Quali sono state le valutazioni che le hanno fatto disconoscere le ragioni del rischio a tutto vantaggio di uno spettacolo che aveva altissime probabilità di concludersi in tragedia? E ancora: nella sua funzione di amministratore, su quale rapporto costi/benefici ha misurato la scelta per cui, data l’inesistenza di minime condizioni di agibilità, il palio avrebbe comunque dovuto svolgersi? Queste sono le risposte che vorremmo conoscere.
IN ALCUNE dichiarazioni che la stampa riporta in virgolettato, lei fa rifermento alla tradizione plurisecolare del palio. Poi sostiene di aver agito con correttezza e nell’interesse delle città e, infine, auspica che si trovi una soluzione per non far morire il palio di Ronciglione. Perdoni la franchezza: Il palio della sua città, così come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi, è già morto. Ed è morto di quella morte. Della morte di Tiffany. Le tradizioni, ancorché plurisecolari, non possono e non devono restare uguale a se stesse, quando in gioco c’è la pelle di esseri viventi. Se così non fosse oggi sarebbero ancora in vigore la Santa Inquisizione, lo ius primae noctis e le attenuanti per il delitto d’onore. Lo stesso Stato di diritto che riconosce lei, signor sindaco, innocente fino al terzo grado di giudizio è fatto di regole che tutelano non solo gli esseri umani ma anche gli esseri animali.
E’ per questo che consideriamo delittuoso affogare un cane o dar fuoco ad un gatto. O lasciare che un cavallo muoia sgozzato in palio.
Vede sindaco, il mantenimento delle tradizioni non è gratuito. Costa. Costa limiti e vincoli, attraverso il cui rispetto passa la centralità dell’essere vivente. Costa l’assunzione di nuove e inedite responsabilità per chi è chiamato a compiti di governo. Costa il coraggio di calare la pesantezza di un ‘no’ anche quando l’inconsistente passività di un ‘si’ ci garantirebbe l’incasso di un ancor più passivo consenso popolare.
Ci sono prezzi da pagare, sul piano economico e culturale, per adeguare i tratti identitari delle tradizioni all’evolversi della consapevolezza e della sensibilità sociale. Lei questi prezzi ha preferito non pagarli. Per questo il palio in cui è morta Tiffany è l’ultimo di una tradizione già condannata dalla sua stessa inerzia.
Ci hanno stupito le sue dichiarazioni alla stampa. Per quello che dicono e, soprattutto, per quello che non dicono: non una parola su Tiffany, che è stramazzata a terra con la gola squarciata.
Aspettiamo, allora, che la giustizia faccia, come si dice, il suo corso. Nel frattempo confidiamo che la stessa serenità, con cui dice di affrontare la prova giudiziaria, le suggerisca di chiedere semplicemente scusa per uno scempio che ha fatto il giro del mondo e che nessuno avrebbe voluto mai vedere. Neanche, ci piacerebbe credere, lei.