Botticelle a Roma, uno scempio infinito
FACCIAMO UN PASSO indietro. Anzi un bel salto indietro. Di quattro anni esatti: estate 2008.
L’ Enpa indice un conferenza stampa per denunciare i maltrattamenti cui vengono sottoposti i cavalli delle botticelle romane. Niente integralismi, niente forzature. Solo fatti. Fatti veri e documentati. Si dirà: questioni serie, ci mancherebbe altro. Però, in fondo è roba locale. D’accordo, Roma è Roma. Ma, comunque la giri, sempre di qualche decina di anonimi cavalli si tratta. Problema toccante. Vero anche questo. Ma non così toccante da scuotere le coscienze dall’universo mondo. Non le scuotono la fame e la sete che ogni anni essicca come stoccafissi milioni di esseri umani, figuriamo cosa glie ne frega al pianeta di quattro ronzini martoriati che fanno avanti e indietro per le strade di una delle più importanti capitali del ricco e crapulone mondo occidentale.
E invece, udite udite, accade qualcosa che ha dell’inimmaginabile: al mondo glie ne frega. Eccome se glie ne frega.
Succede che si mette in moto il web e le cose riportate in conferenza stampa fanno il giro del globo. Ad oriente, come in occidente, le riprendono tutti i principali giornali e network. A Pechino, tanto per dire, ne parla il sito Xinhuanet. In Turchia il Turkish Daily News. E i commenti, tutti, nessuno escluso, sono da pelo e contro pelo.
A questo punto la domanda di un miliardo di dollari: indovinate a chi, invece, frega meno di niente? Vi lasciamo con la risposta in sospeso. Anzi, facciamo così: da parte nostra non lo saprete mai. Anche perché, siamo sicuri, alla fine di queste quattro righe l’avrete capito da soli. E la scoperta non vi sorprenderà affatto. Anzi vi confermerà la desolazione di qualcosa che già sapete. Da allora sono passati quattro anni. Duranti i quali è stato emanato un regolamento che dovrebbe tutelare quelli che un tempo furono cavalli, ridotti oggi a bestie da soma. E sotto la soma, alla faccia del regolamento, oggi come ieri continuano a stramazzare.
Venerdì scorso è accaduto di nuovo a Piazza di Spagna. Sfiancato dalla fatica, spompato da temperature sub-sahariane, inchiodato sotto un sole che ti lessa il cervello come un uovo sodo, un cavallo va giù come un sacco vuoto. Non ce l’ha fatta a resistere, nemmeno fermo in piedi. E il vetturino che fa? Invece di fare quello che farebbe qualunque essere umano (ahi! qui la contraddizione è, tanto per stare in clima, cocente perché anche lui, malgrado sé, è un essere umano) cose, che so, tipo togliersi rapidamente la camicia facendo saltare a raffica tutti bottoni per non perdere tempo a sfilarli uno ad uno dall’asola, bagnarla d’acqua, strizzarla e stenderla, con delicatezza, umida sulla testa, mentre, potenza della disperazione, forma sul cellulare, senza guardare, il numero per chiamare soccorso, invece di tutto questo che fa?
Lo strapazza, lo strattona, lo malmena perché lo rivuole subito in piedi, come se quel pelandrone a quattro zampe avesse deciso, alla faccia sua e dell’etica del lavoro, di farsi la pennichella postprandiale.
Ora, a questo punto fermiamoci un momento e ragioniamo. Il vetturino non è impazzito, non è andato fuori di testa. Sa perfettamente quello fa perché è normale farlo. E cioè, quando ti si inceppa l’arnese con cui stai lavorando e non sai perché ha smesso di funzionare, come ti regoli ? Lo scuoti, la sbatacchi, e se vedi che non succede niente, magari provi pure con un paio martellate. E se proprio non ne vuol sapere ad aggiustarsi, ne cali un’altra ancora più forte, di martellata. Male che vada, ti sfoghi. Insomma, ordinaria quotidianità.
Il cavallo è, dunque, un attrezzo di lavoro. E se grippa, un paio di calci e si rimette a posto. E’ successo un sacco di altre volte e ha sempre funzionato. Bisogna vedere bene cosa dice il regolamento comunale in proposito, sull’attrezzo cavallo. Il vetturino sicuramente lo conosce a memoria. Ed essendo un lavoratore esperto e qualificato, ha sicuramente orientato la sua iniziativa alla piena e integrale osservanza delle regole.
Signor sindaco di Roma, una cortesia: regolamento alla mano, ce ne può dare conferma? Sa, non per noi, che non ne dubitiamo affatto, ma per l’opinione pubblica. Che, come le noto, nella più beata ignoranza di norme, leggi e, giustappunto, regolamenti non ci mette niente a montare scandali dal nulla.
E infatti, a riprova, quanti si sono ritrovati ad assistere alla scena, tra cui molti turisti stranieri, hanno alzato un putiferio, scambiando per maltrattamento e violenza quella che era solo corretta e doverosa applicazione delle norme.
E’ giusto dire così, vero signor sindaco di Roma?
E non dimentichiamo che il povero vetturino se l’è vista davvero brutta con la plebaglia inferocita. Inferocita poi da che non si capisce, visto che tutto si è svolto a norma di regolamento.
E’ giusto dire così, vero signor sindaco di Roma?
Ci conforti. Noi ci teniamo a divulgare una informazione precisa, puntuale, oggettiva. Un riconoscimento in tal senso dalla sua autorevole, e competente, figura, ci sarebbe davvero di incoraggiamento, quando la prossima volta dovremo dar conto del duro lavoro dei vetturini che tanto lustro e prestigio portano alla Città Eterna, nonostante condizioni di lavoro rese insopportabili da cavalli bizzosi, viziosi e oziosi, che la plebaglia animalista aizza a pretendere acqua paglia, fieno e riposo come variabili indipendenti del loro rapporto di lavoro. Cavalli da anni ’70 del secolo scorso, non da mondo globale e competitivo, quale quello in cui, oggi, abbiamo la fortuna di vivere.
Signor sindaco, non ne ha bisogno, ma permetta un suggerimento: abolisca il regolamento comunale e applichi ai cavalli delle botticelle romane il contratto Fiat di Pomigliano d’Arco. Vedrà come s’addrizzano subito.