Cavallo di una ''botticella'' abbattuto al Colosseo
DRAMMATICO INCIDENTE a pochi metri dal Colosseo. La mattina di mercoledì 19 novembre il cavallo di una "botticella" (carrozza pubblica) si è imbizzarrito per il rumore provocato da un camion. L'animale è poi crollato al suolo ed è stato abbattuto perchè aveva riportato la frattura incurabile di una tibia. L'episodio riapre l'antica polemica sulle "botticelle" di Roma: molti animalisti chiedono al Comune di abolirle, compensando i proprietari con la concessione di licenze per taxi.
C’è qualcosa di terribilmente normale in quello che è accaduto. E’ fatale, si sostiene, che in mezzo al traffico di Roma i cavalli delle carrozzelle ci restino, prima o poi, stecchiti. Le automobili fanno centinaia di incidenti ogni giorno. Perché non dovrebbe capitare anche ai cavalli di andarci di mezzo? Giusto! Ma c’è un particolare: un cavallo non si abbozza come il paraurti di una macchina dopo un tamponamento. Ci crepa. E questo fa la differenza. La fa nella valutazione della dinamica dell’incidente di stamattina; la fa nella individuazione delle responsabilità; la fa nel giudizio da esprime su i soccorsi. Ma andiamo con ordine.
Si dice che il cavallo abbia avuto uno scarto perché spaventato dal sorpasso di un camion. Possibile. Anzi più che probabile. Ma che razza di sorpasso è stato per terrorizzarlo al punto da fargli perdere completamente il controllo di sé? Solo due le spiegazioni possibili: o questo cavallo non ha mai visto un’automobile in vita sua, il che è inverosimile visto il mestiere che gli è toccato fare fino a un momento prima della morte; oppure il camion gli deve essere passato a distanza così ravvicinata da sentirsi fare pelo e contropelo. Questo è un dato che andrebbe accertato. Se ci fossero riscontri in tal senso, risulterebbe evidente la responsabilità dell’autista. Ma sarebbe, diciamolo subito, una evidenza inutile. In base a quale accusa potrebbe essere perseguito? Maltrattamento di animale? Risibile. Sarebbe smontata in due secondi. Una meno evanescente ci sarebbe. Gli umani la chiamano omicidio colposo. Gli umani che, avendo una certa idea di sé, considerano il resto del creato paccottiglia di scarto. Animali in testa.
Dopo la caduta il cavallo resta in terra e tutti i soccorsi che riceve consistono nella constatazione che, non potendosi alzare da solo, è come se fosse già morto. La sua sofferenza non è contemplata. L’agonia neanche immaginata. Quello riverso su un fianco, immobile, che incidentalmente affanna dalle narici un respiro terrorizzato, che incidentalmente ha gli occhi sbarrati in cerca di qualcosa che gli umani chiamano sollievo e cura, è solo un cumulo di qualcosa anonimo e informe. E’ solo un’animale. Che in quel momento ha smesso anche di avere un padrone. Un animale solo. Da rimuovere. Dalla strada come dalla coscienza. (Maria Lucia Galli)