Andrea Boccelli e la sua Francigena a cavallo
Sutri, Vitorchiano, Bolsena, l’Abbazia di Sant’Antimo, San Galgano, San Geminiano: attraverso questi luoghi si snoda la Francigena di Andrea Boccelli. L’ha percorsa cavallo e ne scrive (la Repubblica 6-11-2021).
Francigena: un nome, una storia. Anzi, un pezzo di storia universale. Da Canterbury a Roma, dove da secoli la tomba di S. Pietro accoglie devozioni e penitenti d’ogni epoca. E poi ancora più giù: Brindisi, dove il cuore già batte per Gerusalemme.
Oggi, ripresa da un drone, è un attimo vederla in lungo e in largo. Vederla, appunto: paesaggi suggestivi, natura, cultura. Tutto bello. E qui ti fermi. Ma a starci dentro, con il presente che, almeno per una volta, cede il passo alla Storia, è tutto un altro modo di stare al mondo. Un modo che faremmo bene a non dimenticare, pena il grigio tendente al nero che già sembra profilarsi all’orizzonte delle prossime generazioni.
Un viaggio, il suo, lungo tre settimane e qualche centinaio di chilometri. Non da solo, però: c’è anche Veronica, la moglie e, compagno di viaggio, il cavallo. Senza l’una e l’altro mai avrebbe osato neanche immaginare la possibilità di un progetto del genere. Intendiamoci: non che il cavallo e Veronica siano, manco a dirlo, la stessa cosa. E però il destriero, come lo chiama lui, è stato la condizione che ha consentito di cogliere a pieno il senso di una esperienza, altrimenti simpatica, e ordinaria, come una gita fuori porta.
A cavallo, Boccelli sembra trovare esattamente quello che cerca: “la dimensione fisica di un viaggio spirituale” lungo sentieri attraverso i quali la Storia è passata e ripassata infinite volte, infinite volte cambiando tempi e popoli nella contraddittoria immutabilità del suo divenire. Ed è qui e il cavallo cessa di essere ‘locomozione’ per diventare ciò che è ed è sempre stato: risonanza di un sentimento dell’esistenza che amplifica l’eco di quel divenire. Chissà che non sia questa l’eternità.