L'amicizia nel mondo dei cavalli: un concetto complesso (parte 1)
Introduzione.
Sarà perché non ho avuto molta fortuna con le amicizie umane che mi sono messo ad indagare sull’amicizia negli equini. Del resto passo con loro la maggior parte del mio tempo. Divenendo un po’ più seri, il concetto di “amicizia” nei cavalli (nelle sue molteplici sfaccettature) è davvero affascinante e ricco di possibilità di approfondimenti, sia scientifici sia inerenti dinamiche e interessi più personali.
Il presente lavoro vuol essere semplicemente uno spunto per incuriosire e stimolare ad approfondire un tema sottovalutato, ma alla sua base c’è tutta una serie di studi, letture, confronti, esperienze i cui riferimenti si possono trovare nella bibliografia della stesura completa.
Aldilà di qualsiasi intento polemico o di comodo, mi chiedo se non sia possibile fare di meglio per i cavalli, offrire a loro, e a noi stessi, un’altra via; e così mi guardo intorno, tra cavalli e umani, perché spesso la strada che i più percorrono, semplicemente, non è la nostra strada, e non è l’unica. La strada di cui vorrei parlare è quella dell’amicizia.
Cosa succede (davvero) in natura?
Quindici-venti anni or sono l’avvento delle scuole di natural horsemanship in Italia sembrava dover rivoluzionare il mondo dei cavalli come un uragano di entusiasmo e di belle novità che avrebbe sconvolto il panorama equestre, in nome soprattutto di un nuovo rapporto con il cavallo. E forse ci avevo, ci avevamo, creduto.
Ad oggi, se dobbiamo tener conto delle condizioni di vita, delle problematiche comportamentali, del numero di equini in difficoltà o in pericolo, della frequenza degli incidenti e delle condizioni innaturali e talvolta crudeli in cui loro malgrado si ritrovano, questo drastico cambiamento non c’è stato. Le ragioni sono senz’altro complesse e andrebbero approfondite ma non è di questo che vorrei occuparmi
Mi viene da pensare che in seimila anni, da quando cioè si ritiene che il cavallo sia stato addomesticato, non è cambiato nulla o, meglio, sono cambiate molte cose ma solo all’interno dello stesso sistema; e così anche i problemi sono rimasti, rivisitati, sempre gli stessi. E ancora poche voci fuori dal coro.
Molto è stato detto e scritto negli ultimi decenni sulle dinamiche di branco più evidenti: ormai termini quali dominanza, aggressione, leadership, alpha, sfida, rango, pressione e simili sono diventati termini comuni e familiari. Purtroppo, se da una parte la quantità di materiale dedicato a questi argomenti è ormai davvero notevole, dall’altra lo stesso non si può dire della qualità, così che queste dinamiche sono state spesso confuse e distorte, a volte in buona fede, a volte a proprio uso e consumo, soprattutto da parte delle scuole di equitazione naturale.
Lungi dal demonizzarla, credo sinceramente che la così detta horsemanship abbia portato anche non pochi benefici… per chi li ha saputi cogliere e sviluppare. Ma non è questo il punto, il punto è che ha contribuito a divulgare dei principi pseudo-scientifici e falsati. Chi ha praticato anche solo un po’ di natural horsemanship si sarà sicuramente imbattuto in frasi del tipo “perché così succede in natura” “è quello che fanno i cavalli in natura” oppure “non hai abbastanza leadership” eccetera eccetera.
Ma davvero la socialità e la comunicazione dei cavalli si manifesta soprattutto con questi comportamenti? Perché se non comprendiamo le basi del comportamento e anche della comunicazione dei cavalli difficilmente possiamo relazionarci con loro in modo più intimo e sincero, comprendere ed essere compresi.
Dall’altra parte della barricata ci sono quelli che etologi e studiosi definiscono legami affiliativi, sui quali invece c’è ancora molto da osservare e da scoprire. Quanto questa discrepanza sia stata determinata da mancanza di fondi necessari per ricerche scientifiche serie, dalle difficoltà di osservazione e studio, o dal fascino esercitato sull’ego umano da dinamiche più spettacolari (che, come vedremo, sono state decisamente sovrastimate per quella che è la vita naturale dei cavalli) non è possibile saperlo con certezza.
Legami senza implicazioni sessuali, associazioni preferenziali, coalizioni di mutuo interesse, pair bonding sono alcuni dei termini più spesso usati per descrivere i comportamenti sociali affiliativi dei cavalli, che si tratti di branchi di cavalli “selvatici” o di branchi o gruppi di cavalli domestici.
Come si manifestano in concreto tali relazioni? Sono in definitiva comportamenti facilmente riconoscibili che abbiamo probabilmente visto o intuito anche in contesti domestici più o meno idonei alla gestione di cavalli. Ecco come li rappresenta Debbie Goodwin* una delle studiose più importanti del comportamento sociale equino.
“Le relazioni affiliative sono evidenziate da tre comportamenti principali che si attuano reciprocamente: l’allogrooming, una relazione sociale giocosa e una vicinanza particolare, (quale per esempio il riposare insieme in modo non-parallelo). L’allogrooming non ha solo una funzione di pulizia, rimozione del pelo o dare sollievo ad un prurito localizzato; diversi studiosi hanno dimostrato che, attuato in alcune particolari zone del corpo, abbassa il battito cardiaco ed i livelli di cortisolo*, possiamo affermare che serve in definitiva a ridurre la tensione sociale aiutando per esempio a riportare la calma dopo conflitti sociali interni (…) Uno dei comportamenti più evidenti è la formazione di pair bonds: si tratta di coppie affiatate che vediamo pascolare e riposare insieme, indulgere facilmente nel grooming e in altri comportamenti affiliativi come la sovrapposizione dei colli o il poggiare del mento sulla schiena o sul garrese dell’altro. Questo tipo di preferenza viene individuata in quasi tutti i sistemi a vari livelli, ma anche tra elementi di ogni età, generi ed anche tra specie diverse…”
Che i comportamenti affiliativi, di coesione sociale e collaborazione tra i cavalli siano di grande importanza ma trascurati e sottostimati dalla ricerca scientifica e divulgativa viene confermato da molti altri autorevoli esponenti, giusto per citare una delle più conosciute, Lucy Rees, etologa che ha dedicato all’argomento molte energie conducendo studi ed esperienze dirette sul campo. Chi vuole lo può ascoltare dalla sua viva voce in una delle numerose interviste che ha rilasciato (il link è https://www.epona.tv/bonding-behaviour-is-overlooked )
Ora, perché è così importante (e deleterio) il fatto che le dinamiche di aggressività, dominanza, sfida e via dicendo abbiano ricevuto eccessiva rilevanza e siano così sopravvalutate?
Prima di tutto, ovvio, perché la verità viene annacquata e distorta; ma la conseguenza pratica più immediata è che si fornisce una falsa base di partenza, per molti una sorta di giustificazione, secondo la quale possiamo/dobbiamo utilizzare le “stesse” dinamiche di dominanza, leadership, pressione (fisica e psicologica) quando ci rapportiamo con loro perché così accade in natura, quando invece la realtà è, per fortuna, molto più complessa. E quindi ecco che dobbiamo usare una “fase” più alta, una leadership più marcata, una pressione più forte: per vincere una sfida, un “gioco”, per superare un ostacolo, un momento di difficoltà eccetera eccetera.
C’è da aggiungere che Il ruolo della dominanza e dell’aggressività viene accresciuto agli occhi dei più dal fatto che nei contesti domestici che incontriamo comunemente gli incidenti e gli episodi di aggressività o comunque di pericolo, sono molto più frequenti. Le ragioni (dovute a cause prettamente umane) sono piuttosto ovvie. Tralasciando in questa sede gli opportuni distinguo sulle varie gestioni possibili, in linea generale possiamo dire che più lo spazio dedicato ai cavalli è ristretto, più il posto è affollato, più ci sono cavalli che vanno e vengono senza che vi sia la possibilità di formare legami stabili e duraturi, più il cibo viene somministrato in modo innaturale e più aumentano le possibilità di conflitti e aggressioni.
Non è possibile trattare in questa sede argomenti così complessi e ricchi di variabili. Mi preme però evidenziare che la percezione che ci è stata spesso propinata del comportamento e della comunicazione del cavallo potrebbe essere davvero lontana dal vero e distorta se non manipolata. C’è un fattore molto importante che può fare la differenza per orientarsi in questo panorama di informazioni in cui spesso l’aspetto commerciale si nasconde in modo a volte furbo e subdolo: si chiama spirito critico. E si esercita andando a verificare, comprovare, ricercare, mettere in dubbio quello che spesso viene presentato come scientifico, veritiero, documentato. Soprattutto quando non ci pare logico o non ci convince. A cominciare da quanto state leggendo adesso.
Nella seconda parte approfondiremo i legami che si instaurano nelle meravigliose e affascinanti società equine.
Claudio Saba, dopo varie esperienze e studi di horsemanship, è diventato Tecnico Endas Equitazione e poi Tecnico di 2° Livello di Equitazione Etica e Formatore c/o Oasi Equiluna asd. Opera come free-lance.
Ha già scritto "un Patto con il Vento - viaggio nell'educazione motoria del cavallo" 2016, ed è co-autore con Oasi Equiluna della "Guida alla Gestione Naturale del Cavallo" 2014.