CavalcArte
Fine anno è tempo di auguri e bilanci e anche chi scrive non può esimersi dal guardarsi indietro e pensare alle proprie esperienze, ai volti, alle storie che gli sono state raccontate e che a sua volta ha dovuto riconsegnare a chi legge.
Il 21 ottobre, all’ippodromo di Ascot, è stata inaugurata una statua equestre di Lanfranco Dettori alla presenza dello stesso fantino, della Regina Camilla e dei membri delle Greencoats, le giubbe verdi che dal 1744 formano la guardia d’onore cerimoniale della monarchia. Un vero e proprio monumento, alto oltre due metri che rappresenta “il fantino”, non uno qualunque ma il più grande di tutti i tempi, “a ricordo permanente del contributo che Frankie ha dato alle corse britanniche”, come recita il comunicato stampa.
C’è sempre uno scarto nel destino di una persona e nell’ippica è il momento esatto in cui una donna diventa amazzone.L’ippodromo può essere solo la prospettiva visiva delle tue giornate eppure un giorno può trillarti il cellulare e in un messaggio qualcuno ti chiede se ti va di guidare un sulky, di correre su una pista di sabbia e, cinghie strette in pugno,
Ora so cosa sognano le giovani amazzoni; sono scivolata nel sonno delle cavallerizze in erba e ho spiato i loro desideri.Adesso so dove indugiava nell’ infanzia la mente delle donne che hanno sempre amato galoppare e vivere coi cavalli e me l’ha svelato un pittore, Adelchi Riccardo Mantovani, che fa dell’onirico e dei ricordi il soggetto dei suoi quadri.
“Napoli si annuncia libera, allegra e vivace: una folla immensa di gente corre alla rinfusa. Il re è a caccia, la regina attende il lieto evento. Tutto va per il meglio.”
Vorrei essere lì domenica; mi piacerebbe partire come fece Goethe che in una notte del 1786 improvvisò una fuga, presentò un passaporto con un nome che non era il suo, ma di un certo Philipp Möller, e se ne andò con una carrozza di posta. Voleva essere libero, cambiare identità per ritrovare paradossalmente se stesso e la sua creatività e solo quando fu arrivato a Napoli si sentì a casa.
Se, come dice un vecchio adagio cinese, le donne sostengono una metà del cielo, in un ippodromo sono l’altra parte del turf. Di questo se ne accorse ben più di cento anni fa, Giuseppe De Nittis che alla fine del 1800 si fece interprete della vita mondana. Impressionista, italiano che trovò a Parigi la sua fortuna, levò il suo sguardo dalla pista e in “Alle corse di Auteuil” lo posò su una elegante signora, in piedi sulla seggiola, come usava ai tempi negli ippodromi e la raffigurò così, bellissima e charmant, alle spalle di un uomo, intenti entrambi a guardare una corsa.
Sono sicura che l’opera di cui vi parlerò non vi piacerà e anche se nella produzione artistica di Maurizio Cattelan il cavallo è spesso presente, intuisco che chi appartiene al mondo equestre non possa amare l’utilizzo che fa di questo animale (perché del corpo l’artista ne fa un vero e proprio uso) e la sua rappresentazione.
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