Trotto amarcord: 1958 anno magico di Tornese
NON CI SONO DUBBI. Alcuni degli anni terminanti con l’otto, come quello in cui siamo da poco entrati, si sono rivelati memorabili, e addirittura sono passati alla storia. Il 1948 vide la nascita della Costituzione Italiana dopo guerra, referendum istituzionale, fascismo e vicissitudini varie; assai meno nobilmente, il ’68 tenne a battesimo la grande contestazione che per qualche po’ di bene ha anche arrecato grossi equivoci, confusione e regressi. Più sommessamente, ma per noi ippici molto intensamente, il ’58 è stato l’anno del grandissimo Tornese, Intendiamoci: il “sauro volante” fu straordinario in tutte le stagioni della sua luminosa carriera, ma le imprese del 1958 hanno forse qualcosa di speciale e affascinante.
E dire che l’anno era cominciato nel peggiore dei modi, con una disastrosa sconfitta al Gran Prix d’Amérique, bandiera bianca a più di 500 metri dall’arrivo. Vinse Jamin davanti a Jariolain, il nostro lontanissimo e spompato. Ma quella sconfitta non fu di Tornese, fu di Brighenti, che guidò da forsennato, pancia a terra al passaggio dalle tribune per andare a prendere la testa come se si trattasse di un qualsiasi “millesei” su piste italiane. Il “pilota”, uomo duro e caparbio, ammise a mezza bocca il suo errore, e lo fece soltanto dopo essersi rinfrancato, di lì a poco, con un pomeriggio milanese di vera gloria, sei vittorie su sei corse disputate. Inevitabile il titolo sulla stampa specializzata: “Sergio 6 (tutti noi…)”. Cui seguiva il caldo invito a dimenticare alla svelta il parigino infortunio.
Dopo quel fallimento, infatti, Tornese si riabilitò a Villa Glori a inizio febbraio battendo il più giovane Crevalcore che l’aveva preceduto nel novembrino G.P. delle Nazioni. Da quel momento fuochi d’artificio per il “biondo”, e prese il via una serie incalcolabile di successi, in particolare con l’exploit, da nessuno mai più ripetuto o avvicinato, di vincere 10 corse su 10 del cosiddetto Campionato d’Italia. Questo Campionato, a punti, era costituito da una serie di gare sui vari ippodromi nazionali (10 punti al primo), comprese piste provinciali come Ravenna, due sole giornate l’anno, e Modena, una di più. Il sauro mise a segno un clamoroso 100. Tempi quasi eroici di un trotto che calamitava le folle, calorose e appassionate, sempre pronte ad entusiasmarsi per il grande campione. E Tornese provocò col suo fascino non poche invasioni di pista al momento del ritorno in zona traguardo per la cerimonia della premiazione.
Il ’58 fu anche l’anno del record a sensazione. Lo stampò in maggio a Firenze, correndo contro nessuno (Crevalcore aveva rotto): un 15”7 in fondo comodo, in un pomeriggio di vento. Dall’autunno dell’anno prima Brighenti andava dicendo che il suo sauro aveva nelle gambe 16” e mezzo sul doppio chilometro, ma molti soloni gridavano al bluff, tanto più che il cavallo aveva perso il “Nazioni” sopra il 19”. Era invece tutto vero, ed anzi rimane sotto l’ufficialità della carta il rammarico di una misura (e siamo a mezzo secolo fa) non tirata allo spasimo.
In quel pomeriggio di maggio fiorentino circolavano voci di record, ma Brighenti si schermiva: “Con questo vento, non so… Non aspettatevi nulla, c’è solo da vincere la corsa”. Bugiardo. A cose fatte il “pilota” era ancora scontento: “Visto che roba? Senza toccarlo. Ah, se solo gli avessi dato un paio delle mie frustate…”