In home page , qui sopra e sotto cliccando due momenti dell\'incontro di Maria Pia con i cavalli di Sparta
Una giornata particolare con i cavalli di Sparta
FINALMENTE dopo due settimane pare che la neve ha dato tregua e sono andata alla Riserva Zooantropologica Sparta. La giornata era stupenda, e già questo mi ha messo di buon umore appena uscita di casa, alla stazione, sul treno e in macchina chiacchierando con Josè mentre passavamo in mezzo a campi e colline innevati. Inoltrandoci nella riserva, sguazzavo con gli stivali alternativamente in mezzo al fango e alla neve che sembrava una schiuma bianca che li ripuliva a ogni passo, fino alla pozzanghera successiva (fango fango neve neve fango fango neve …).
Arrivate ai cavalli, basta chiacchiere, e lì ho lasciato da parte tutto il resto per godermi la natura e il momento, osservare i cavalli e rientrare piano piano nel loro mondo. Ho sentito tutto rallentare, fino a prendere un ritmo di lento fiume profondo. I loro movimenti e le loro dinamiche sono come un flusso continuo, che a volte si muove lentamente altre più velocemente, ma anche quando sembrano proprio fermi, sta sempre succedendo qualcosa, che possiamo cogliere solo adeguandoci a loro.
All’inizio sono andata in mezzo a loro che mangiavano, e mi hanno accolto con serenità, moderata curiosità, moderata attenzione e assolutamente nessunissima preoccupazione. Topazio e Fulmine sono rimasti un po’ sulle loro, Falò mi ha esplorato con più attenzione, e Sparta si è proprio fiondato strappandomi il cappello a morsi, appoggiandosi con forza e raspando, e voleva pure mordermi lo stivale!
Poi abbiamo preso alla cavezza Sparta e Falò, e li abbiamo fatti passeggiare un po’ insieme avanti e indietro e alla fine li abbiamo lasciati fermi vicini, abbiamo tolto le cavezze e da lì in poi ho cominciato a capire! Infatti all’inizio era tutto molto bello e bucolico, ma non riuscivo a vedere dove stavamo andando a parare; poi Josè mi ha spiegato del momento cognitivo di Sparta, e allora tutto ha cominciato e prendere senso, prima lentamente e separatamente, poi collegandosi. Da lì ho cominciato a pensare come poter creare questi momenti io, prima per lui, poi anche per altri cavalli, come crearli in passeggiata, che in realtà si possono fare anche nel paddock.
ABBIAMO parlato dell’importanza della tecnica di monta in un’ottica zooantropologica, e ho iniziato a vedere il collegamento tra il lavoro che facciamo a terra e il lavoro montato. Troppe sottigliezze non sono fondamentali, il cavallo è morbido (come raccontava Josè di quando ha preso un po’ Topazio) perché non ha resistenze e difese, se è abituato a parlare e ad essere ascoltato, ascolterà noi a sua volta, e non vedrà motivo di opporsi a delle richieste ragionevoli, sapendo sempre benissimo che cosa sta facendo, e che la situazione è anche sotto il suo controllo. Tutto ciò è bellissimo, ma la morbidezza del cavallo non deve diventare un obbiettivo o un mezzo, ma solo una parte e una conseguenza di tutto l’approccio zooantropologico.
Abbiamo usato un ramo caduto per attirare la loro attenzione, e Josè ci è riuscita in un modo ancora diverso, cioè attivando dei comportamenti più vivaci tra loro stessi (Topazio e Fulmine a momenti si mozzicavano!). Lì ho visto l’importanza dell’intervento umano, che mettendosi al loro stesso livello può influire sulle dinamiche accelerando il flusso di quel fiume lento e profondo, non come un venticello che soffia sopra, ma come una corrente che scorre dall’interno.
Tantissime sono le riflessioni che ho fatto, le domande che mi sono venute in mente, le sensazioni belle e profonde, a altre che ancora non riesco da afferrare o a capire, che è inutile cercare di fare un resoconto preciso tipo elenco, che non renderebbe il susseguirsi dei momenti. Tante le ho pure dimenticate...
Tra le tante:
- se è vero che i cavalli hanno buona memoria, e penso di sì, perché creare dei momenti cognitivi per loro con cose che magari già conoscono o vedono tutti i giorni? Non le riescono più a riconoscere se passa un po’ di tempo? Oppure le devono riscoprire ogni volta? Ma allora non si ricordano? In tante situazioni sembra di sì, ma poi altre volte fanno come se una cosa che conoscono benissimo non l’avessero mai vista.
- poi ho pensato che forse il mio cavallo sarebbe meglio prenderlo abbastanza giovane, non puledro, ma tipo 5 o 6 anni. Per quelli più grandi, dopo tanti anni di momenti negati, magari è molto più difficile risvegliare la loro cognitvità.
- e i maschi mi sembrano più dolci delle femmine, più pacati (ma è vero che li conosco ancora molto poco entrambi!)
Tornando in macchina ho visto le foto, e mi ha colpito tantissimo sia la mia espressione, che l’atmosfera pacata, idilliaca e sognante ma rustica. Vedendole a schermo intero (dopo i primi 10 minuti di accecamento sentimentale), con uno spirito più “da cavallo” ne ho potuto apprezzare la bellezza pura, rustica e senza fronzoli, derivata solo e unicamente dalla natura e da tutto ciò che ne fa parte: cavalli, luce del sole di un pomeriggio d’inverno, colori da uliveto, io e l’occhio della fotografa.
Sul treno, guardando il tramonto di ritorno in città, mi sentivo stanca come se avessi passato tutta la giornata in movimento all’aria aperta.