Trieste, la sua corsa ed il suo ippodromo
TRIESTE. Il Gran Premio Giorgio Jegher che si disputa domenica a Trieste è l'occasione per il ritorno in una splendida città di mare dagli eleganti palazzi liberty, il Castello di Miramare con il suo meraviglioso giardino, Piazza Unità e i suoi caffè storici; ed ancora la letteratura e Trieste con magnifici scrittori e poeti: Joyce, Svevo, Saba, oggi Claudio Magris – l'autore di quel gran libro che è Danubio - cui recentemente è stato dedicato un pregiato Meridiano di tutte le sue opere, giusto riconoscimento ad un uomo di cultura che ogni mattina potrete trovare seduto ad un tavolo del Caffè San Marco intento a scrivere. Trieste, l'antica Tergeste, un luogo di confine tra il Carso e il mare dove confine va letto nella sua accezione d' “incontro” in un intreccio di culture cosmopolite. La classica di trotto all'ippodromo giuliano è anche l'occasione per ripercorrere la storia del Montebello.
E' l’avvocato Antonio De Volpi appassionato di cavalli che costituisce nel 1890 una società, la “Società delle Corse di Trieste” ed alla presidenza c'è il barone Marco de Morpurgo. In tempi in cui in 2 anni si faceva quanto oggi in 20, la Società delle Corse individuò nella zona ancora tutta verde di Montebello il terreno giusto per costruire l'ippodromo. Venne acquistato il terreno che era di proprietà della contessa Teresa della Torre – Hohenlohe di Duino. La via Rossetti che terminava all’incrocio con la via dell’Eremo (ossia poco più avanti del Sanatorio Triestino) iniziò ad essere allungata fino all’Ippodromo con la cessione a titolo gratuito dei vari proprietari dei terreni interessati. Anche il Comune fece la sua parte con un contributo.
L’architetto Ruggero Berlam progettò e realizzò l'opera in 2 anni.
Il Piccolo dell’ 1 settembre 1892 dice che il complesso sportivo era stato realizzato con “una velocità tutta americana” e che il merito andava al gruppo di appassionati ed in particolar modo a Antonio De Volpi e a Rodolfo Brunner che aveva realizzato il totalizzatore con denaro proprio.
L'ippodromo venne inaugurato il 4 settembre 1892, alla presenza di 15 mila spettatori.
In breve l’ippodromo di Trieste diviene un punto preciso di riferimento per la nascente ippica.
E Trieste è stata tra le prime città in Italia ad avere un ippodromo. Preceduta da Torino; forse contemporanea a Milano così come contemporanea a Vienna.
Questo grande successo porta nel 1905 a lavori di miglioramento specie per le tribune, il totalizzatore ed un buffet. Architetto fu Johann Eustacchio.
Con grande solennità nel settembre 1906 si inaugura la nuova stagione di corse.
Ancora sul Piccolo si legge “L’ippodromo non sembra più quello di prima. Ora fa un’ottima impressione coi nuovi eleganti padiglioni delle tribune, nel cui centro si eleva la terrazza col bel chiosco del buffet. L’Ippodromo di Montebello, che verun altro può superarlo per posizione amena e pittoresca, offriva ieri uno spettacolo grandioso …”
Nel 1937 la “Società delle Corse di Trieste” chiude e la gestione è assunta direttamente dal Comune fino al 1939 quando poi nasce la “Società Triestina Trotto.”
La ripresa delle corse dopo il conflitto è difficile e qui si distingue per impegno e tenacia Giorgio Jegher, un manager capace, appassionato di cavalli e lui stesso ogni tanto con le redini in mano seduto su un sulky con davanti un cavallo delle sue scuderie.
Per molti anni in nome di Giorgio Jegher fu legato alle sorti dell’ippodromo e dopo la sua morte il fratello Riccardo prese il suo posto.
Nel 1955 ancora una pausa nelle corse, ma questa volta non per eventi traumatici bensì per abbellire l’Ippodromo con un radicale restyling nel progetto dell'architetto Boico.
Complice gradita la bora che scoperchiò parte del tetto delle tribune in legno, fu avviata la tempestiva realizzazione di una tribuna in muratura per 3000 persone a sedere; la costruzione di un edificio ad uso bar e ristorante; un nuovo impianto di illuminazione; allargato il rettilineo opposto a quello delle tribune; miglioramento delle scuderie. La pista – una delle poche in Italia – è con le curve sopraelevate. In questo modo la velocità sviluppabile è decisamente maggiore che non nelle piste con curve normali.
Questo aspetto della velocità ha talvolta – e tuttora – messo in difficoltà certi cavalli abituati a gareggiare sugli altri ippodromi e che si spaventano per la velocità in curva e specie all’uscita dalla curva.
Negli anni Sessanta e Settanta al Montebello veniva alle corse anche qualche volto noto a tutti. Per esempio Mike Bongiorno, Nino Benvenuti, il soprano Anna Moffo, il comico Macario, il radiocronista delle corse ippiche Alberto Giubilo, un mostro di conoscenze sui cavalli snocciolate con disinvoltura senza ausilio di appunti.
Fra le celebrità venute a Montebello anche Tornese, un cavallo di valore internazionale che raramente perdeva qualche corsa. Ma una ne perse proprio a Trieste fra le 6 trasferte in quella città di vento e di mare. Ma colpa non sua bensì del driver che al penultimo girò pensò che quello fosse l’ultimo.
Sono gli anni dei grandi driver come Belladonna, Quadri, Brighenti.
La gente nello scegliere su chi puntare la scommessa teneva conto della classe e della forma del cavallo, ma anche del driver perchè con certi abbinamenti la vincita diventava molto probabile.