Premio Pisa, una corsa piena di numeri e di grandi storie
Una corsa di galoppo “storica” come il premio ‘Pisa’, che domenica manda in scena sul tappeto verde del Prato degli Escoli la sua 133a edizione, nasconde nelle sue pieghe statistiche, curiosità, aneddoti. Le statistiche piacciono sempre perché offrono un quadro delle varie epoche.
GLI ALLENATORI: nella storia del premio ‘Pisa’ l’allenatore che ha dominato la prima parte del Novecento è stato il ‘mago’ Federico Tesio con 15 vittorie che furono aperte nel 1909 da Angelica Kaufmann.
Nella sua scia, ma ben discosto seppure con gli stessi colori di scuderia, Vittorio Ugo Penco che prese le redini dei colori di Dormello dopo la morte di Tesio avvenuta nel 1954. Penco guidò la generazione di Ribot (vincitore della corsa nel 1955) con 8 vittorie.
Quindi Federico Regoli – 5 vittorie - che fece filotto con i colori nero e violetto della razza del Soldo, e, in epoca più recente, ma non recentissima, Carlo Carlini e Ildo Tellini entrambi con 3 successi. Più frequenti i doppi.
I FANTINI: per quanto riguarda i fantini, c’è un numero che sembra fatale perché nessuno, neppure i grandissimi jockey del passato, hanno mai potuto superarlo. Parliamo del numero 6. Tante sono le vittorie accumulate negli anni da Federico Regoli, Paolo Caprioli, Enrico Camici, tre grandissimi del turf nazionale e internazionale. Al quarto posto troviamo un outsider, quel Sandro Atzori che portò fra i primi sulle piste italiane i profumi vincenti della Sardegna: 5 successi prima di un lento declino senza più trovare posto nell’ambiente che tanto lo aveva osannato.
Con 4 successi segue Silvio Parravani, grande nel ‘Pisa’ soprattutto con i colori della razza del Soldo e la guida di Federico Regoli (quattro vittorie a seguire dal 1949 al 1953) mentre 3 successi ognuno hanno conseguito Polifemo Orsini, Pietro Gubellini, e Max Tellini.
L’anno magico per allenatori e fantini italiani fu il 1909 perché segnò, con la già citata Angelica Kaufmann, il primo successo di Federico Tesio ma anche del fantino barbaricinese Polifemo Orsini.
GLI STRANIERI, FANTINI E SCUDERIE: molti fantini stranieri hanno punteggiato in epoca recente le edizioni del ‘Pisa’ ma senza lasciare una traccia continua. Più solide le radici messe nel passato quando le fruste italiane erano poche e in chiara difficoltà contro avversari professionalmente più preparati. 3 vittorie ciascuno furono ottenute dagli inglesi Walter Wright (che tuttavia viveva da anni a Barbaricina), Jimmy Horan e Albert Goddard mentre singolare fu la vicenda di Walter Hemming.
Questo fantino nato a Liverpool vinse nel 1885 la prima edizione del premio ‘Pisa’ in sella a Rosenberg. Aveva 22 anni. Rientrò in Inghilterra e per una quindicina d’anni non si sentì più parlare di lui. Tornò in Italia ormai quarantenne e vinse il ‘Pisa’ nel 1903 e nel 1907. Intanto i Rook, che avevano avuto in Thomas il pioniere, non erano stati a guardare. Uno dei figli – John – vinse il ‘Pisa’ nel ’93 e nel ’94 mentre un altro figlio – Albert – vinse con Goldoni il ‘Pisa’ del 1896 prima di andare a trionfare nel Derby reale di quello stesso anno. Fra le due guerre, Albert Rook fu segretario della società Alfea.Nelle 132 edizioni della corsa, quattro volte il successo è andato a scuderie straniere: nel 1975 con Brer Rabbit, nel 1989 con Flight of Destiny, nel 1992 con Worldwide, nel 1995 con Sharpest Image.
‘PISA’, DERBY E ALTRI NUMERI: undici cavalli vincitori del ‘Pisa’ hanno vinto anche il Derby mentre le femmine vincitrici della classica d'apertura del galoppo italiane sono state 21 (l’ultima fu Genevien, nel 1987). Il numero minimo di partenti è stato di 2 cavalli in ben sei edizioni (ma tutte prima degli anni Venti) mentre il maggior numero è stato registrato, con 14 partenti, nell’edizione del 1981 vinta dalla femmina All Silk. Il record della corsa appartiene a Salselon che nel 2002, con la monta di Sandro Parravani, coprì i 1500 metri del percorso in 1.26.7. Dal 2011, grazie alla realizzazione della pista grande, la distanza della corsa è passata da 1500 a 1600 metri cosicché il record di Salselon è destinato a restare quello storico sulla distanza originaria.
HANDICAP, GRUPPO, LISTED: fino a quando il calendario ha seguito regole nazionali il premio ‘Pisa’ è stato considerato una ‘condizionata’ di lusso. Nel 1968 fu declassato a handicap (vittoria di Newton con la monta di Angelino Vincis) ma le fiere proteste dell’allora presidente dell’Alfea Harry Bracci Torsi riportarono l’anno seguente la corsa allo status originario. Con l’introduzione della classificazione internazionale delle pattern il ‘Pisa’ fu classificato dal 1977 di Gruppo III e tale resterà fino al 1994. Nel 1995 il declassamento a Listed, che è lo status attuale secondo le regole internazionali.
RETROCESSIONI - Nella storia del premio ‘Pisa’ non sono mancate le retrocessioni. Nel 1920, con due soli partenti, Palmiro Poli, in sella a Le Fere, danneggiò John Patrick, che montava Vodice e fu retrocesso. Il pubblico applaudì moltissimo i commissari perché Vodice era il favorito.
In epoca moderna, nel 1986 Svelt, montato da Sergio Fancera, battagliò in maniera esagerata con South Tatch in sella al quale Sergio Dettori protestò vistosamente. Si trattava di due scuderie importanti (Rencati e Cieffedì) e alla fine i commissari privilegiarono i colori di Carlo D’Alessio. Infine nel 1991 non sembrò che Danilo Campeis, in sella a Satellite Boy, avesse troppo offeso il rivale Piani di Caiano che era montato dal ‘mostro’ Gianfranco Dettori ma i giudici ritennero di sì e retrocessero il cavallo allenato da Riccardo Santini. Fu una decisione molto discutibile che il pubblico contestò a lungo e che fece perdere un proprietario all’ippica.
DEAD HEAT: senza l’aiuto del fotofinish, il giudice di arrivo fu costretto a decretare due discutibili, e discusse, parità. Nel 1924 giunsero vicinissimi sul palo d’arrivo Lauco e Fromba, entrambi montati da fantini inglesi ma la stampa ebbe a rilevare che anche a occhio nudo era chiaro che Lauco avesse messo il muso davanti al rivale.
Andò peggio nel 1933 quando Dossa Dossi, montato dall’idolo di casa Polifemo Orsini e allenata da Federico Tesio, fu ‘pescata’ sul palo dall’outsider Sorisland in sella al quale l’emiliano Pietro Gubellini non sembrò, dalle cronache dell’epoca, essere stato correttissimo. Fu parità, Tesio prese cappello ma non dimenticò l’astuzia di quel furbo jockey che aveva beffato il grande Orsini, e appena gli sarà possibile lo ingaggerà per la sua scuderia affidandogli, fra gli altri, un cavallo di una certa importanza il cui nome era Nearco (che ha corso a Pisa ma non il ‘Pisa’)!
1943, BURRASCA DI GUERRA: l’edizione forse più burrascosa del premio ‘Pisa’ fu quella del 1943. Seppure gli eventi politici e quelli bellici non fossero ancora giunti alla conclusione (il fascismo cadrà il 25 luglio, il primo bombardamento sulla città avverrà il 31 agosto, l’occupazione dei tedeschi dopo l’armistizio seguirà l’8 settembre) la stagione di corse a San Rossore si svolse regolarmente ma in un clima di comprensibile modestia. Forse questa circostanza psicologica influì sull’umore dei protagonisti. Quello del premio ‘Pisa’ fu un arrivo molto burrascoso fra Buonarrota, montato da Carlo Pandolfi, e Solta in sella alla quale era l’asso Paolo Caprioli. I due fantini si danneggiarono vistosamente e dopo l’arrivo Caprioli sferrò una frustata in piena faccia a un rivale. Appiedamento per 15 giorni e mille lire di multa. Ma Caprioli era una sorta di eroe nazionale, uno degli sportivi ai quali, dopo aver condotto Crapom allo straordinario successo nell’Arc de Triomphe parigino, il regime aveva affidato parte della sua fama. Così intervenne un gerarca, confabulò con la giuria e multa e appiedamento furono annullati. Ma ormai, con la guerra incalzante, tutto stava finendo e l’anno seguente, anziché le corse, a San Rossore caddero le bombe.
IL CENTENARIO: non è facile, per chi visse quel giorno, dimenticare l’edizione del 1990, quella del Centenario. Il successo di Capolago, segnato dalla gioia esplosiva del fantino Michele Bucci e da quella più contenuta della giovane trainer Rosanna Turri e del padre Cesare, proprietario e allevatore del cavallo. Una giornata popolata da personaggi che ci hanno purtroppo lasciato, da Enrico Camici ad Alberto Giubilo che presentò la sfilata dei concorrenti. E fu la sua ultima cronaca, elegante, ricca di dettagli, con la classe di un grande giornalista.