Nostoi, cavalli e cavalieri tra i capolavori ritrovati
E’ TEMPO in cui non solo cavalli in carne ed ossa vengono misteriosamente ritrovati, ma riappaiono anche sulla scena dell’arte antichissimi cavalli dipinti, opere trafugate e restituite all’Italia da alcuni musei americani. “Nostoi”, ovvero Ritorni, è appunto il titolo, di sapore omerico, della mostra allestita a Roma, nella Galleria di Alessandro VII al Quirinale, dove tra 67 capolavori di arte greca, etrusca e romana, grandi statue di marmo pario, come la Vibia Sabina, moglie dell’imperatore Adriano, e reperti di grande valore, figurano vasi in terracotta, dipinti con suggestive immagini di cavalli. Due esemplari soprattutto spiccano fra i tanti, restituiti dal Museum Fine Arts di Boston: un’hydria (vaso per contenere l’acqua) attica a figure in vernice nera, risalente al VI secolo a.C., proveniente dall’area di Vulci, che raffigura 4 cavalieri Sciti, ed una “loutrophoros” (ampolla per il trasporto dell’acqua lustrale usata nelle cerimonie funebri dei celibi), vaso apulo a figure rosse (verniciato di nero, escluso lo spazio delle figure, lasciate del colore dell’argilla) con il mito greco di Ippodamia ed un rito funebre. L’Hydria, attribuita al pittore Antimenes, è dipinta con bellissimi cavalli, eleganti nei loro movimenti, mai ripetitivi, dai profili scattanti e dalle teste frementi e fiere, tre di colore nero ed uno bianco, che galoppano con i loro cavalieri Sciti. Quest’ultimi abitavano la costa settentrionale del Mar Nero ed erano utilizzati dai magistrati ateniesi come poliziotti: il pittore del vaso li ha voluti caratterizzare con i loro esotici costumi ed i conici capricapi , mostrando un non comune senso realistico.
Il vaso apulo, proveniente dalla Puglia ed attribuito al celebre pittore del Sakkos Bianca, attivo a Canosa nel IV secolo a.C., è decorato nella parte centrale con una scena mitologica, raffigurante Pelope, il re del Peloponneso (da cui proviene il nome della regione greca) con la sua sposa Ippodamia, figlia del re Enomao. I due sono trasportati da una quadriga trainata da 4 bianchi cavalli, meno realistici rispetto a quelli dipinti sull’hydria, ma ugualmente raffinati, con le zampe anteriori alzate in uno schema compositivo di gusto quasi araldico.
Il livello stilistico degli oggetti recuperati ed esposti in questa mostra al Quirinale fino al 2 marzo 2008, in gran parte restituiti dal Getty Museum di Malibu, è davvero eccezionale, sia per la rarità dei soggetti dipinti, sia per la sapienza decorativa degli artisti. Ma ciò che più conta è che
“Nostoi” rappresenta un punto di svolta importante nell’atteggiamento dei musei americani relativamente al nostro patrimonio artistico ed agli oggetti di dubbia provenienza esposti nelle collezioni statunitensi. Il principio che i Beni Culturali debbano essere custoditi dagli eredi delle civiltà che li hanno prodotti, è un concetto che soltanto in questi tempi viene ad essere compreso nella sua essenza e nel suo spirito. Questo spirito etico e civile, formulato per la prima volta nel 1988 con la “Dichiarazione di Berlino”, grazie al quale molti musei del mondo si impegnarono a non acquistare opere d’arte la cui provenienza fosse sospetta od illegittima, ha dunque raggiunto oggi risultati lusinghieri, come testimonia la presente mostra. L’Italia, in prima linea con questa politica, ha già restituito spontaneamente a diversi paesi (Pakistan, Iran, Etiopia) opere trafugate e ritrovate nel nostro Paese, come la Maschera d’oro al Perù!
Dunque ben ritrovati, capolavori dispersi e ben tornati a casa splendidi cavallini dipinti!