''Il guidatore di sulky'' immortalato da Vignoli
C’E’ STATO UN TEMPO in cui gli atleti e lo sport rappresentavano nell’arte uno dei temi prediletti: Policleto, Mirone, Lisippo, per nominare i più noti scultori della grecità, hanno consegnato ai posteri le immagini superbe di un’umanità vigorosa, che intendeva lo sport come disciplina e scuola di valori, prima che bellezza e forza fisiche. Anche nella civiltà romana lo sport continuò ad alimentare l’arte e ce lo testimoniano opere celebri, come la scultura in bronzo de “Il pugilatore delle Terme”, o le corse delle bighe dei mosaici di Piazza Armerina, in Sicilia.
Tuttavia, nel corso dei secoli, sono stati rari i casi di artisti affascinati dalle attività sportive, ad eccezione di quanti, soprattutto tra ‘800 e ‘900, hanno fatto dello studio del movimento il fulcro dei propri interessi estetici, come impressionisti e futuristi.
Farpi Vignoli durante la sua lunga carriera artistica, dagli anni ‘30 fino al 1997, data della sua morte, ha riservato ai soggetti sportivi ampio spazio e prioritaria attenzione. Scultore, pittore ed architetto, nato a Bologna nel 1907, concluse i suoi studi presso l’Accademia di Belle Arti, dove ebbe modo di frequentare un ambiente fervido di idee e di conoscere giovani promesse del mondo dell’arte, fra cui lo scultore Luciano Minguzzi. Fin dal ’34 inizia la sua attività espositiva e nel ’35 alla Quadriennale di Roma si aggiudica il 4° premio con una scultura, “Il guidatore di sulky”, che l’anno seguente vince il 1° premio alla Mostra di arte sportiva, organizzata dal Comitato delle Olimpiadi di Berlino. Il linguaggio scultoreo dell’artista si pone nel solco di una classicità che non è passiva imitazione, bensì scelta di misura e di rigore compositivo; rispetto alla carica espressionista delle opere del conterraneo Minguzzi, la sua scultura si attiene maggiormente alla realtà, pur esplorando con originalità la forza pluridimensionale delle forme.
Novello Mirone, Vignoli è interessato al dinamismo del corpo umano: il Tennista, il Tiratore di fune, il Saltatore sono i soggetti realizzati in questi anni dallo scultore bolognese, la cui arte, alimentata dalla tradizione rinascimentale, si rivela intensamente permeata dallo studio dell’ equilibrato movimento delle forme nello spazio. Mentre nel “Saltatore” l’atleta, bloccato tra cielo e terra, appare come un moderno Icaro liberato da qualsiasi peso gravitazionale, nel “Guidatore di sulky” Vignoli, sempre attento all’armonia del nudo apollineo, esalta il valore plastico del corpo teso e nervoso del driver che guida il cavallo, quando lo sforzo atletico è al massimo e la concentrazione fisica e mentale quasi tangibile.
Non soltanto lo sportivo ed i suoi gesti dinamici interessano l’artista, ma anche l’immagine del cavallo, che tante volte egli ha visto nei luoghi ove trascorse la sua adolescenza, ovvero nei pressi dell’Ippodromo bolognese dell’Arcoveggio, diviene soggetto di una sua opera. E non poteva essere altrimenti, se si considera che il tema millenario del cavallo, archetipo narrativo e forma assoluta dell’immaginario collettivo, ha resistito alle trasformazioni dell’arte contemporanea, conservando inalterato il fascino estetico ed il suo valore di metafora e di simbolo! Negli anni ’70, infatti, lo scultore fonde in bronzo un “Cavallo al trotto”, a grandezza reale, per Castel S. Pietro (Bo), mentre negli anni ’80 e ‘90 continua l’originale ricerca sui rapporti tra la figura in movimento e lo spazio, in relazione al tema degli sport più moderni, come testimoniano opere quali il Windsurfer, il Motocross, il Deltaplano.