Fieracavalli e i suoi numeri bizzarri.....
Caro Direttore,
nel corso di Fieracavalli, con due amiche ho fatto una scommessa. Oggetto dell’estemporanea puntata, il numero di visitatori che sarebbe stato diffuso nel comunicato ufficiale di chiusura.
Era venerdì. Passeggiavamo tranquillamente tanto tra gli stand all’interno dei padiglioni quanto nei viali del complesso fieristico. Non che fossero proprio deserti ma chi, come me, ha alle spalle qualche passata edizione, faticava a nascondere quel retrogusto amaro in bocca, tipico di qualcosa che non si digerisce. Quel venerdì sembrava un classico “giovedì di Fieracavalli”, ovvero il giorno in cui in giro ci sono solo gli addetti ai lavori; di conseguenza, sabato poco o nulla aveva da invidiare ai venerdì degli anni passati. Quale sobbalzo nel petto, dunque, leggere che alla fine – nonostante il Paese sottosopra, la disoccupazione al 13 per cento, lo sciopero generale del prossimo dicembre, gli scontri in piazza, l’articolo 18 spacciato per privilegio, i metalmeccanici sul piede di guerra, il Pil raggelato, le recrudescenze xenofobe, le emergenze sociali e tutte le delizie che tengono banco a qualsiasi ora qualsiasi canale radiotelevisivo – la domenica scaligera 2014 sia passata in archivio come un’oceanica adunata di ippofili. Già, perché visti i giorni precedenti, il recupero "oltre 160mila visitatori" (cifra che, per inciso, mi ha consentito di vincere la sopracitata scommessa) deve aver rappresentato un autentico bagno di folla.
Essendo già rientrata a casa posso solo immaginare la ressa festiva. E, siccome sono un'inguaribile romantica innamorata dei cavalli, quella folla la voglio immaginare ai padiglioni con le biodiversità italiane, tanto per fare un esempio, e non solo - come invece ho visto personalmente - all'ingresso di un negozio di abbigliamento tanto di moda nei concorsi, così gettonato da dover fare entrare il pubblico a scaglioni. Per carità, Direttore, uno shop con i fiocchi, ben venga anche quello. Ma anche, non aut aut... Non vorrei, infatti, fossero più di moda, anche a Verona, le griffe anziché i quadrupedi e la loro cultura. Perché se le prime le ho viste, quest'ultima meno.
Essendo un'inguaribile romantica voglio credere che Fieracavalli, con quel che rappresenta, soddisfi, per molte migliaia di persone come me, un bisogno primario. Che anno dopo anno va onorato con la sacralità di un rito. E per fortuna è ancora così. Al di là della congiuntura, la passione equestre pulsa. Lo dimostra l’ostinata determinazione degli appassionati. Che se non proprio 160mila, certo sono stati presenti in buon numero. Il format, tutto sommato, regge, ma "quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?". Giunti alle soglie della 117a edizione non si potrebbe fare un salto di qualità?
Quello che ho visto in due giorni di fiera mi porta così a fare un'altra riflessione, spingendomi oltre i più che comprensibili editti propagandistici.
Ovvero, se la musica non cambia, anche i più infaticabili ballerini finiranno per abbandonare la pista. Schiacciati dalla ripetitività ostinata dello stesso refrain e dalla recessione. Non tanto quella economica, ma soprattutto quella delle idee. Questa è la sensazione vissuta a Fieracavalli 2014. Quella del vuoto pneumatico. Con la miopia del mastodonte sopravvissuto per mancanza di predatori, l'evento scaligero si ritiene invulnerabile. Ma finirà per morire di vecchiaia proponendo imperterrito argomenti strinati.
"La rassegna dedicata al comparto equestre si conferma la piazza internazionale di riferimento per business di settore, mondo allevatoriale, sport e spettacolo. A Verona, 2.735 cavalli di 60 razze e 650 aziende da 25 Paesi. Focus 2014 è La valigia in sella: un padiglione e un progetto dedicati all’equiturismo", cito testualmente da un comunicato stampa. Una parola spesa sulla cultura equestre? Oddio, quando sento la parola cultura metto mano alla pistola. Già, la bisaccia evidentemente può contenere al massimo un salamino. Nei comunicati ufficiali leggiamo addirittura che: "Parte integrante dell’iniziativa durante Fieracavalli è il padiglione 4, organizzato in collaborazione con E.A.R.T.H Academy e Fitetrec-Ante, con il compito di raccontare a pubblico, blogger e operatori del settore tutta l’offerta turistica che il mondo dei cavalli è in grado di esprimere, dalle migliori proposte di ippovie nazionali e internazionali fino alla valorizzazione del territorio, attraverso le eccellenze enogastronomiche e le bellezze paesaggistiche". Nientedimeno, qui si parla dei massimi sistemi.
Quello che ho visto io è stato, però, per la federazione, uno stand istituzionale non propriamente affollato, e per la seconda il consueto format con le consuete persone. Queste le forze in campo, dunque, per "raccontare a pubblico, blogger e operatori del settore tutta l’offerta turistica che il mondo dei cavalli è in grado di esprimere". Deve essere successo domenica, quando io non c'ero. Che peccato.
Quanto poi a "La valigia in sella è anche il nome del progetto di Veronafiere-Fieracavalli presentato nel corso della rassegna che mira a realizzare un nuovo portale che metta a sistema strutture e itinerari ippoturistici italiani", Direttore mi creda se dico che di questa iniziativa 2.0 si parlava anni fa.
Dunque, dove le idee per risollevare il settore? Dove gli elementi innovativi?
È questo il vuoto che ho sentito. Al di là dei numeri comunque confortanti, quell'abisso di nietzscheiana memoria che a guardarlo ti fissa a sua volta.
«I buyer da Germania, Slovenia e Croazia sono stati i più numerosi tra i padiglioni – ha dichiarato il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani – ma anche Ungheria, Svizzera, Austria, Francia, Russia, Brasile, Argentina ed Emirati Arabi ormai considerano Fieracavalli la principale piazza di business per il comparto». Passi che nella dichiarazione sia stato omesso di specificare "in Italia" ma, visto che le altre manifestazioni sul territorio nazionale hanno respiro interregionale, l'affermazione mi sembra scontata.
Come tutta la fiera, biglietto d'ingresso a parte.
Fiammetta Maria Altieri