Cavallo2000 festeggia i suoi primi dieci anni!
Con l’anno che sta per finire, sono dieci. Dieci anni di notizie, commenti, proposte, prese di posizione. Dieci anni passati a cogliere i passi avanti e i passi indietro che si sono fatti nel mondo dei cavalli.
Non sta a noi giudicare se, fin qui, abbiamo fatto o non abbiamo fatto un buon lavoro. Una cosa, però, la possiamo affermare senza temere d’essere smentiti: ogni singola parola pubblicata è stata sempre scritta in totale autonomia. In piena libertà di pensiero e di convincimento. E di giudizio e dal pregiudizio. Non è un merito. E’ solo un punto di vista. Ma è l’unico che sappiamo praticare.
Niente bilanci, per carità. Dieci anni non bastano per fare ‘storia’. Sono, però, sufficienti per abbozzare qualche considerazione.
Sul tempo che passa e si lascia alle spalle fatti e persone, ci sono due scuole di pensiero. Una è quella del “…ma no…ma dai…sembra appena ieri”; l’altra è quella del “…ma guarda che roba…sembra passato un secolo”. Eh, si. Il tempo è una strana creatura: si dilata e si comprime. E tutto dipende da come ci stiamo dentro.
A dir la verità, non sapremmo se questi dieci anni sembrano ieri o un secolo fa. Quello che sappiamo è che con questo giornale il tempo ce lo siamo sempre coniugato al presente. Così è stato e così continuerà fino a quando avremo qualcosa da dire.
Ciò non toglie, però, che dieci giri di calendario ce li siamo comunque fatti. E nel frattempo, giro dopo giro, siamo tutti, va da sé, un po’ cambiati. Una cosa, però, no. E’ rimasta non solo immutata fin dal primo giorno, ma, anno dopo anno, si è confermata, rafforzata e consolidata nella sua sempre più convinta immutabilità. Questa cosa è una domanda. Anzi: la domanda.
Ce la siamo posta da subito. E cioè: a che e, soprattutto, a chi serve Cavallo2000? Scartando l’inutilità dell’ovvio e l’obesità del retorico, non avevamo, all’epoca, una risposta. Tutt’al più un’ipotesi. Che con il tempo, pian piano, è passata, mese dopo mese, anno dopo anno, al vaglio dei numeri. I quali, oggi, dicono che quell’ipotesi non era del tutto campata in aria. Ad esempio, tanto per dire: all’inizio del 2017 abbiamo superato un milione di visitatori unici, ognuno dei quali ha dato almeno un’occhiata ad uno dei 18.000 articoli pubblicati e ad uno dei 130 video che hanno corredato le nostre 18 rubriche. Volumi di questa portata non si sviluppano da soli. Ci ha sostenuto la collaborazione, tanto preziosa quanto qualificata, di tante persone. Da ognuna delle quali abbiamo imparato qualcosa che non sapevamo. E questa è una ragione in più per ringraziarli ancora e di nuovo.
A proposito, vogliamo qui dare, in anteprima, una notizia bella e importante. Da quest’anno Cavallo2000 farà un salto di qualità e, ci sia consentito un pizzico di orgoglio, di prestigio: avvieremo una nuova rubrica curata della scrittrice Patrizia Carrano. I nostri lettori se lo meritano.
Stavamo, dunque, parlando di una ipotesi che ci girava per la testa. Quale? La più semplice, ma anche la più azzardata che si potesse immaginare: cominciare a far circolare una voce dalla parte dei cavalli. Che, a volerla dire proprio tutta, una propria ce l’avrebbero pure, se solo avessimo la capacità di ascoltarla e la sapienza di capirla. E questa, sia chiaro, non è tutta un’altra storia.
Animalismo da anime belle? Apostolato del benessere animale? Giuliva testimonianza naturista? Niente affatto. Nessuna ieratica pulsione missionaria. Niente di questa melassa in odor di dame di san vincenzo.
Anzi, esattamente l’opposto: cominciare a porre sotto un assedio di lunga durata la consapevolezza di tutti e di ciascuno sulla unicità di un animale senza il quale lo scambio tra uomo e natura non avrebbe mai prodotto la complessità e la contraddittorietà di quei processi di integrazione che, con una parola, chiamiamo da sempre, e qualche volta abusandone pure, ‘civiltà’.
Una voce, dunque, di permanente denuncia contro la negazione del cavallo come Essere Senziente. Che in realtà, detto tra noi, come definizione, non ci ha mai suscitato grandi entusiasmi, per quella sottile coltre di fuliggine burocratica che l’avvolge. Forse definirlo semplicemente ‘vivente’ sarebbe stato troppo impegnativo e pericolosamente vicino a quel campo minato che si chiama ‘Etica della Responsabilità’?
Una voce, allo stesso tempo, di proposta. Per sospingere (qualche volta avremmo voglia di spintonare, ma ci pentiamo subito per averlo solo pensato. Primo, perché non è elegante. E poi perché chi se ne intende di moti dell’anima, sostiene che la repressione delle pulsioni è il fondamento irrinunciabile di ogni patto di civiltà) gli uomini, le donne e le istituzioni del settore verso il coraggio di scelte che svincolino la vita del cavallo dalle ipoteche di un mercato accattone che, pur di non rinunciare al sinistro tintinnio di mezzo centesimo di profitto, sarebbe capace di inventarsi anche il modo di spremere il mare dal sale.