Attività e sport equestri: educazione e diseducazione.
LA STORIA DELLA RELAZIONE tra uomini e cavalli, dalla scoperta della possibilità di domesticazione del cavallo ad oggi, ha vissuto periodi di splendore e periodi di buio. Oggi siamo in uno dei punti meno luminosi, da un secolo le conoscenze dell'umanità relative al cavallo diminuiscono costantemente, scompaiono gli uomini di cavalli e con loro un sapere pratico ed antico.
Al loro posto sono apparse strane figure di tecnici ed esperti del cavallo nello sport. Stiamo diventando abili nell' ideare l'uso e il consumo spettacolare dei cavalli. Stenta tanto a farsi strada l'idea della relazione orientata alla scoperta e al benessere. Il tempo dedicato al cavallo è diventato marginale, la cultura equestre si è quasi dissolta. Chi pratica attività equestri oggi conosce il cavallo meno di quanto lo conoscessero i fiaccherai dell'ottocento o i cavalieri della Roma imperiale. Gran parte della pratica equestre contiene parole, gesti e azioni di cui non si conosce più il significato. Il piccolo universo delle attività equestri, romantico, chiuso ed autoreferente decide su questioni fondamentali in base a conoscenze ingenue. Forse pensiamo di educare ma stiamo diseducando.
Guardiamoci intorno e ripensiamo ad alcune delle attività più comuni come sellare, scegliere la sella giusta per il cavallo, posizionarla correttamente o ad altre indispensabili e più complesse: doma, addestramento, allevamento, preparazione alle gare equestri. Attività fondamentali per le quali non esiste una figura di professionista che abbia una preparazione professionale degna del nome.
Pensiamo alla questione dei bambini e dei pony. In epoche di seria e profonda cultura equestre nessuno ha mai teorizzato che la riduzione di scala, cioé un bambino, piccolo umano, montato su un pony, piccolo equino, avesse un senso. É vero che, nei secoli passati, nelle corti si impiegavano nani come servili compagni di gioco dei nobili rampolli, sembra anche che l'allevamento della razza "falabella" sia stato perfezionato da zelanti suorine spagnole addette al tempo libero di principesse e pricipini di Spagna.
Oggi sappiamo tutti che un bambino non è un adulto in miniatura: allora ci dobbiamo chiedere cosa muove genitori e istruttori a nanizzare i propri figli e allievi, a spingerli a scimmiottare gli adulti con tanto zelo da ricostruire per i ragazzi un mondo equestre in miniatura. Un mondo che troppo spesso sembra dimenticare la dimensione dell’incontro gioioso e della solidarietà con i propri simili e con il mondo naturale per privilegiare gli aspetti un po’ snobistici della competizione e della necessità, tutta artefatta, di dover essere sempre i migliori. Non sarà un caso che i Pony clubs sono stati fondati mezzo secolo fa dal Principe Filippo d'Inghilterra??
Giovanni Gamberini
Cavalgiocare