WEG. Perchè non premiare anche il cavallo?
Si è appena chiusa l’emozionante finale del campionato del mondo di S.O. ed il primo pensiero che mi viene spontaneo è che c’è qualcosa di incoerente nella formula. Non certo nello scambio dei cavalli perché consente di valutare impietosamente la sensibilità equestre dei cavalieri finalisti. Nemmeno il tipo di selezione perché la somma delle penalità di tutti i percorsi determina un verdetto che tiene conto di tanti fattori: l’abilità del cavaliere, l’addestramento e l’allenamento del cavallo, la sua integrità fisica e, soltanto alla fine, la sua qualità. Il punto è che il campionato del mondo dovrebbe incoronare il miglior atleta che, nei WEG 2014 di S.O., è stato il cavallo Cortez. Non certo perché ha una qualità superiore ad altri, ma perché la sua amazzone e addestratrice ha saputo renderlo padrone del suo equilibrio reale più e meglio degli altri. Ritengo quindi che sarebbe giusto pensare anche ad un premio adeguato per il miglior cavallo che valga a riconoscere lo smisurato, paziente, lunghissimo e difficile lavoro di preparazione svolto per anni dalla sua valente amazzone. Il campionato, nel suo complesso, ha mostrato il progresso complessivo compiuto dall’equitazione mondiale: i tre campioni delle tre specialità olimpiche hanno mostrato una tecnica ed una sensibilità univoche: si pensi al cavallo della Dujardin che galoppava nel giro d’onore come un campione di salto ostacoli. Né è stato da meno il cavallo della grande amazzone del completo Auffahrt. Il campione di S.O. Dubbeldam ha montato con una sensibilità che denota una classe senza precedenti, se non tornando a dei campioni di casa nostra. A proposito di Italia, mi diceva un bravo tecnico: “tutti i cavalieri vogliono insegnarmi come si monta a cavallo”. Quando ci renderemo conto che siamo a zero e che dobbiamo ripartire dalle aste, allora ricominceremo a risalire la china.