Unicorno, quando il cavallo trascolora in mito
FIGURA MITICA che ha dominato incontrastata la letteratura e le leggende di tutta la tradizione medievale, l’unicorno è spesso chiamato anche col nome di “liocorno” che riecheggia, ancora adesso, in molte favole o filastrocche per bambini. Era rappresentato come un cavallo bianco con un corno a spirale chiamato alicorno, nel mezzo della fronte, secondo le leggende questo animale mitico si faceva avvicinare solo dalle vergini e la polvere del suo corno sarebbe stata una panacea contro ogni veleno. Quest’ultima pratica avrà una certa diffusione nell’Europa medioevale, anche se, con molta probabilità, i corni che venivano spacciati erano rari denti di narvalo o corni d’onice finemente lavorati.
Addirittura nel 1295, nell’inventario del tesoro papale di Bonifacio VIII, viene menzionata la presenza di quattro corni di unicorno. Proprio in questi anni cominciano le prime attestazioni della presenza dell’Unicorno nei trattati naturalistici, prima confinata solo ai bestiari, proprio per la diffusione del commercio del suo corno. Alcune testimonianze letterarie sono addirittura precedenti al Medioevo, ma la sua rappresentazione iniziale è più mostruosa che fiabesca: Plinio lo descrive con corpo di cavallo, testa di cervo, zampe di elefante e coda di cinghiale, mentre Ctesia ne parla come di un asino bianco, velocissimo, con testa purpurea, occhi azzurri e corno acuminato di varia colorazione.
Nell’ottica della simbologia cristiana l’unicorno rappresentava la saggezza e la castità, poteva infatti essere ammansito dalle vergini perché simbolo di purezza. Era, inoltre, rappresentato come un cavallo di dimensioni minute, che indicavano l’umiltà, ma dotato di una forza pressocchè invincibile, come a voler caratterizzare la vittoria imprescindibile della morale cristiana. Il corno, inoltre, era la rappresentazione della “spada divina” ed era rivolto verso l’alto, per indicare un rimando al mondo dello spirito, come le corna che Michelangelo ha posto sulla fronte del suo Mosè.
E’, inoltre, un simbolo bipolare, che va ad unire l’aspetto maschile, penetrante, fallico e quello femminile, creativo e puro. Basta infatti capovolgere il corno per portare alla luce mostra la sua forma cava, a calice o a cono, che può contenere o produrre ricchezze, come la cornucopia nella mitologia greco/romana. Anche nella letteratura cortese fu ripresa la figura dell’Unicorno, ma con connotazioni e rilevanza legate all’erotismo, la sua furia di cacciatore poteva essere placata solo dall’amore della fanciulla, sembra esserci infatti il rimando ad un contrasto tra la salvaguardia della verginità, rappresentata anche dalla purezza del manto candido, e la fecondità, legata al corno come simbolo fallico. Eppure, in tutte queste visioni e ipotesi simboliste, la nascita dell’unicorno resta ben visibile, questa figura nasce dall’amore e la fiducia che molti, tra cavalieri e nobili, donavano al loro destriero.
Questa figura nasce nelle regioni dell’Asia dove, da sempre, i cavalli erano preziosi per le popolazioni nomadi e per la cavalleria dei primi eserciti. La velocità, la forza e la tenacia sono caratteristiche leggendarie dell’unicorno, ma possono essere assimilate, seppur con natura più modesta, ad ogni cavallo. L’unicorno è, infine, il cavallo per eccellenza secondo la fantasia dell’epoca, con i suoi poteri curativi e le sue doti diventa presto il beniamino dell’immaginario collettivo popolare e non.