Prima foto in alto a sinistra: Caterina Barone su Storm. Seconda foto in alto a destra: Caterina Barone conduce Bambola montata da un'amica. Terza foto, da sinistra a destra: Azzurra di Pompeo (Lazio), Irene Fava (Emilia-Romagna), Aurelia Lea Del Guerra (
Un cavallo, un arco e la voglia di volare
La passione per i cavalli? Scorre nel mio sangue dall’infanzia. Quando l’ho concretizzata? A ventotto anni suonati. Non sono più una giovinetta. Per questa ragione sarebbe stato opportuno scegliere un’attività equestre blanda. Lo sarebbe stato per davvero, se in me non pulsasse un desiderio ancestrale e selvaggio.
Sono sempre stata sensibile al fascino delle antiche guerriere amazzoni, tatuate, vestite con pelli, armate di lancia, spada e arco… Arco, appunto. Quando provai a scoccare la prima freccia al galoppo, oltre ad aver mancato il bersaglio, come ogni neofita della disciplina, capii la preziosa eredità storica che fluiva dalle mie mani. Da quel giorno desiderai diventare un arciere a cavallo.
Bambola, la mia Quarter Horse dal mantello palomino, mi ha permesso di raggiungere traguardi importanti. Ci siamo incontrate nel 2018 all’Allevamento La Bohemé di Casorezzo, durante una caldissima e afosa mattina di agosto. Non ho avuto difficoltà a sensibilizzarla alla presenza dell’arco e allo schiocco delle frecce, poiché, come spesso ripeto scherzando, credo discenda dai cavalli delle steppe di Gengis Khan. Ad unirci in questo cammino, tanto particolare, quanto primitivo, è stata Alice Colombo, l’insegnante che ha saputo guardare oltre la classica tecnica equestre, per creare un percorso consono alla mia personalità. Oltre ad Alice, è stata fondamentale ed istruttiva la conoscenza di Olindo Colpo, capitano degli Arcieri del Martello, gruppo lombardo di rievocazione storica. Saper cavalcare è la base, ma il passo successivo ed essenziale è rivivere la memoria dei nostri antenati. L’arco non è un banale pezzo di legno ricurvo, ma un prezioso alleato e, grazie a Olindo, maestro nell’arcieria e nella vita, ho assaporato aneddoti e retroscena culturali, fondamentali per la mia formazione.
Con Bambola ho vissuto un’ondata di emozioni travolgenti, sbocciate con l’incontro di Manuele Gualdana, istruttore di tiro con l’arco a cavallo riconosciuto dalla Fitetrec. La mia idea personale di equitazione un po' rustica e libera si è rafforzata partecipando ai suoi corsi. Del resto, con i pantaloni bianchi in una gara di salto a ostacoli o dressage, mi sarei sentita fuori contesto. Non sono io. Non è la mia natura. Io ho sempre ambito ad altro.
Nel maneggio di Manuele, a Cerveteri, ho conosciuto persone speciali, così simili a me e così pazze da voler galoppare senza redini, impugnando un arco. Noi arcieri a cavallo non siamo Robin Hood. Non siamo statici guerrieri coi piedi piantati al suolo. Noi siamo istinto puro. Incocchiamo frecce alla cieca in rapide frazioni di secondo, mantenendo lo sguardo fisso sul bersaglio. A cavallo il tempismo è imprescindibile e l’arco è un prolungamento naturale del braccio. Deve essere percepito in ogni curva e screpolatura. La corda ruvida e spessa, l’incocco grezzo a metà di essa e l’impugnatura sottile sono perfettamente mappati nei nostri cervelli. Ci basta davvero poco per essere felici. Un cavallo e un arco. Poi è come volare. Anche meglio.