Strumenti di tortura e il silenzio della FISE
Caro Direttore, desidero inaugurare il nuovo anno con un argomento caldo che deve entrare nella prossima campagna elettorale per le elezioni FISE. Nel secolo passato le tecniche usate per il lavoro dei cavalli non costituivano argomento di discussione se non per il risultato agonistico che consentivano di ottenere: se poi il cavallo non durava la cosa era considerata quasi normale se non da parte di pochissimi cavalieri. Purtuttavia nella mia esperienza, avendo trascorso molti anni in un centro sportivo nel quale era normale lo scambio dei cavalli, non ho potuto fare a meno di osservare che cavalli giudicati mediocri da un cavaliere di successo, risultavano di prima categoria montati da un altro. Quindi mi sono sempre chiesto qual’era il metodo migliore avendone praticati diversi: e, con il passare degli anni mi sono convinto della giustezza e della straordinaria, geniale modernità del metodo caprilliano così come l’ho appreso dai maestri qualificati alla scuola di Pinerolo.
Da ultimo ho potuto confrontarmi, grazie ad un’iniziativa della FISE-Tutela del Cavallo, con il Prof. Canali, personaggio la cui fama a livello mondiale è pienamente giustificata dalla straordinaria intelligenza e cultura: proprio da lui ho avuto la conferma che le intuizioni caprilliane sono corrette e rientrano quindi in un modo moderno di concepire l’equitazione. Non un insieme vago di regole complicate e di difficile comprensione, quasi sempre portatrici di costrizioni nei confronti del cavallo e proprio per questo incompatibili con la sua fisiologia (redini di ritorno, gogue, redini fisse, imbragature Pessoa, chiudi bocca…); ma invece un concetto semplice e chiaro per il quale tutti i muscoli e le articolazioni devono spingere esclusivamente dall’indietro in avanti e venire nella mano del cavaliere fino a distaccarsi da essa alla minima resistenza. In questo concetto equestre non è prevista nessuna costrizione se non, inizialmente, quella della frusta, quindi quella delle gambe che, al termine dell’addestramento, vengono sostituite dall’azione del peso del corpo: essa, non avendo nulla di costrittivo, corrisponde alla piena accettazione da parte del cavallo degli aiuti del cavaliere.
Nello stesso tempo, agli albori del nuovo secolo, i progressi compiuti dall’etologia e dall’osteopatia consentono di qualificare, con certezza scientifica, i vecchi metodi come vero e proprio maltrattamento di animale. E’ già passato un decennio e la FISE non ha ancora dato a questa indiscutibile realtà una risposta adeguata: ne sono la prova pratica gli incidenti con gravi conseguenze per i cavalli che continuano a verificarsi sollevando, giustamente e finalmente, la riprovazione del grande pubblico degli appassionati. E’ giunto il momento che qualcuno si accorga che, prima di finire in tribunale, occorrono provvedimenti e cambiamenti radicali. Infatti, deve essere ben chiaro che non accuso istruttori e cavalieri che si limitano a mettere in pratica quello che è stato loro insegnato: l’unica responsabile di questa situazione è la FISE che non ha saputo comprendere l’urgenza del cambiamento e la necessità di imporlo da subito con regole e controlli severi. Il cambiamento deve essere radicale dal momento che la maggioranza degli istruttori ricorre agli strumenti di tortura perché non sanno ottenere l’estensione della linea dorsale del cavallo che, in Equitazione, è il punto di partenza. Ne va della sopravvivenza del nostro sport che dovrà sempre più confrontarsi con il benessere del cavallo.
CARLO CADORNA