STORIE DEL TURF: Quando il 'Presidente' si chiamava Premio Omnium
Sul programma di corse che vi consegneranno domenica quando entrerete all'ippodromo per il Derby day, leggerete che il Premio Presidente della Repubblica è una corsa di gruppo 3 sui 1800 metri della pista grande, per cavalli di 4 anni ed oltre. Ma c'è stato un tempo lungo di questa prova di origine Ottocentesca, parallela alla 'partenza' del Derby Italiano con Andreina che vinse il 'Presidente' nelle edizioni del 1884 e del 1885, che possiamo collocare in un'ottantina di edizioni, in un arco dal tardo Ottocento al 1955, che il gruppo 3 di domenica alle Capannelle si chiamava Premio Omnium ed era un confronto intergenerazionale, con i tre anni che dopo il Derby sfidavano gli anziani.
A lungo la distanza è stata sui 2400 metri, quella classica. L'allora Omnium era molto considerato da Tesio, che lo riteneva cimento ideale per i cavalli che avrebbero poi avuto una carriera internazionale. Sono otto i successi del Senatore in questa corsa, sommando quelli a titolo individuale a quelli del binomio Tesio-Incisa e alle vittorie dove nell'albo d'oro compare il nome Dormello Olgiata.
Il Conte Felice Scheibler, con il nome in corsa di Sir Rholand, colse tre affermazioni tra il 1904 e il 1913. De Montel vide i suoi colori trionfare con Varedo, montato da Paolino Caprioli, nel 1928. Pilade per la Razza del Soldo nel 1934, i soldiani al proscenio anche nel '39 grazie a Gaio, vincitore del 1939 e poi altre due volte terzo.
Il nero e violetto ai vertici in quegli anni Trenta tornerà prepotentemente alla ribalta di quello che oggi è il 'Presidente della Repubblica' con un formidabile triplo a seguire negli anni Cinquanta: tre vittorie per la Razza del Soldo tra il 1953 e il 1955, due volte con un ottimo purosangue, Alberigo.
Altra giubba prestigiosa, quella della scuderia Aterno, portata al successo nel 1947 da Scanno, che era stato secondo del derby di Tenerani. Già il fuoriclasse di Dormello che avrebbe vinto l'Omnium del 1948. In questo parterre de roi quanto a nomi di proprietari, colori antichi che hanno scritto pagine memorabili del galoppo italiano e internazionale, una menzione speciale merita la Razza della Sila, la giubba di Nuccio, il campione che svettò sui 2400 metri del confronto tra i tre anni e gli anziani.
Era il 1951. Annata meravigliosa per il nostro turf, effervescente di sfide e di rivalità. Il Derby lo aveva vinto Daumier, il nuovo asso di Dormello, tre anni dalla genealogia regale. L'onda lunga di quella esaltante primavera della stagione 1951 si portò da Roma a San Siro, che in giugno programmava il Gran Premio d' Italia, la rivincita del Derby che i milanesi consideravano, sulla pista della verità, addirittura il vero Nastro Azzurro, inteso come il vertice della selezione dei tre anni. Nuccio non aveva potuto correre il Nastro Azzurro ma nel Repubblica aveva sconfitto Scai e Stigliano. Daumier era il chiaro capofila della generazione, annunciato campione dalla carriera dei 2 anni che si completava nell'assunto probante nel Gran Criterium. La marcia a 3 anni era stata di nuovo trionfale e alle Capannelle aveva fatto sua la classicissima sconfiggendo Scai e Cogitor. Daumier aveva una genealogia da sballo:Niccolò dell'Arca, fratellastro di Nearco frenato solo dalla guerra, e soprattutto una sezione materna regale.
Infatti la madre, Donatella, era tre quarti sorella di Donatello, nientemeno. Nasceva infatti da Mahmoud (un Blenheim, come Donatello) e Delleana. Daumier sembrava il cavallo perfetto creato da Federico Tesio per coronare il sogno della Gold Cup (ci riuscì poi Bottcelli). Nuccio aveva un ottimo padre, Traghetto era uno splendido Cavaliere d'Arpino (altra grande creazione del Senatore).
La sfida straordinaria nell'Italia si concluse con l'affermazione perentoria di Nuccio, condotto al rientro alle redini da Guido Berardelli. Cogitor fu secondo, Daumier si dovette accontentare del terzo posto. In quel momento Guido Berardelli comprese, genialmente, quell'intuizione formidabile che scaturì dalla sua grande competenza unita ad una voglia di osare, oltre ogni limite, leggesi lo scetticismo di molti addetti ai lavori, che Nuccio sarebbe stato un cavallo internazionale. Non esitò, lo trasferì da François Mathet, poi approdò dal giovane e allora tutto da scoprire Alec Head. Osarono l'Arc e Nuccio cedette solo a Tantième ma l'anno dopo, venduto all'Aga Khan con una piccola percentuale rimasta a Guido Berardelli, Nuccio trionfò prima nella Coronation Cup e poi, battendo La Mirambule, ancora nell'Arco di Trionfo.
La formidabile carriera internazionale di un purosangue italiano partita da quell'Omnium del 1951, allora aperto ai tre anni, sui 2400 metri.