Storia ippica, il periodo d'oro del galoppo
Golden Age ! E’ l’argomento del salotto ideale (nel quale ci immaginiamo tutti insieme seduti) dove cerchiamo di sviluppare qualche tema che potrebbe essere oggetto, è l’augurio, di buone riflessioni successive da parte di ciascuno di noi. Manteniamo quanto più possibile attenta la nostra mente e soprattutto la nostra passione . Chiaro che non si esaurisce con le nostre scelte, ci mancherebbe, solo una goccia nel grande mare del nostro amore, il cavallo e le corse.
Intanto proviamo a chiarire se possiamo dire che in Italia , anzi nel galoppo italiano, possiamo parlare di Golden Age. Beh, è chiaro che se la pietra di paragone è la Storia del Galoppo con base in Inghilterra , sono poche le nazioni che possono parlare di Golden Age ma se siamo elastici nel nostro ragionamento allora lo spazio si trova.
Certo la casa madre fa status diciamo dalla seconda metà degli anni 70 del 700, idealmente, quando hanno preso vita Derby, Oaks e St Leger e trenta anni dopo le ghinee. E’ tutta una Goden Age da quel momento, quasi per definizione.
Un centinaio di anni ed ecco la Francia a pieno titolo e comunque vivace anche pre rivoluzione grazie al Conte di Artois, uno dei personaggi che ogni ippico avrebbe voluto conoscere, un vulcano. Un po' meno frequentabile quando, nel 1824 diventò Re come Carlo X , forse il peggiore di sempre.
A ruota e per forza gli Stati Uniti che dall’inizio del 900 e molto subito dopo la prima guerra hanno dato il via alla loro continua Golden Age scegliendo di differenziarsi dalla Europa attraverso la superfice in sabbia ( ovviamente di base) ma sempre Europa e Usa ( e Canada) hanno interagito e molto in tema di linee di sangue. Pensiamo, solo per un accenno ai Nasrullah americani che hanno inciso nello sviluppo del Vecchio Continente , esempio Mill Reef , oppure e siamo al super top e basta il nome di Northern Dancer.
l Giappone sta davvero vivendo da almeno trenta anni la sua strepitosa Golden Age, ben nota a tutti. Qualcosa di simile , ciclicamente, accade in Germania e dagli anni venti , con gli ultimi decenni decisamente Golden malgrado invece una situazione economica non florida. Il Turf tedesco meriterebbe una profonda riflessione per le scelte che ha saputo fare.
C’è poi il resto del mondo che presenta altre situazioni interessanti e importanti, altrochè. Australia e Nuova Zelanda che si sono modellate su Europa e America, diversamente da Hong Kong come ben sappiamo tutti . Poi ecco la new entry mediorientale che è fenomeno in piena ascesa e forse non ancora autenticamente compiuto ma di importanza assoluta. Il Sud America forse ha la sua Golden Age alle spalle e cosi il Sud Africa, forse incidono non poco le situazioni economiche ma , attenti, anche lì la passione è ancora molto viva ed estesa. Chissà se prima o poi entreranno in gioco paesi come la Cina o la Russia ma non allarghiamo troppo la nostra chiacchierata.
Insomma , a conti fatti e soprattutto con le debite proporzioni e senso del limite , se questo è il filo del ragionamento anche l’Italia ha la sua Golden Age, anzi forse più momenti di grande soddisfazione. Ecco, proviamo a vedere quali possono essere i più importanti. Per chi scrive la nostra Golden Age si potrebbe collocare negli anni 20 e 30. Solo una idea perché sono altrettanto spendibili quelli dallo immediato dopo guerra fino ai inizio anni 60. Diamine , citando a memoria, Fante, Tenerani, Toulouse, Nuccio , Botticelli, Ribot, Marguerite Vernaut, Tissot, Rio Marin, Sedan, Molvedo, Tadolina, Exar, Prince Royal e quelli che dimentichiamo cosi che possiate aggiungerli voi. Eh si , un periodo aureo.
eh , un altro votabile sarebbe anche quello compreso tra inizio 70 e metà 80. Eh già… Ortis, Stratford, Orange Bay, Grundy, Patch, Habat, Bolkonski, Wollow, Le Moss, Tolomeo, Tony Bin, Carrol House, Sikeston, Old Country e quelli che sempre ovviamente dimentichiamo . Eh però ci sarebbe anche un altro momento di furore per il nostro turf , gli anni di Falbrav, Electrocutionist, Rakty , Ramonti , Le Vie dei Colori , Prince Kirk e compagni periodo che si spinge , volendo, fino agli acuti un po' solitari di Way To Paris e Sea of Class ma non dimentichiamo coloro che , cambiando anche nome, sono andati forti ad Hong Kong e sul fatto di vendere si potrebbe aprire un altro salottino.
Non è il vendere che ci danneggia , lo è la mancanza di sostegno , progettualità e istituzioni. Il Senatore ha venduto sempre e tutto il possibile : Apelle, Bistolfi, Sanzio, Navarro, Donatello, Nearco…. Poi però , grazie al tessuto di “coltura” (con la O ) colta in cui si trovava ci ha dato Botticelli e Ribot. Torniamo alla nostra Golden Age, gli anni 20 e 30. Vero… ma prima ? Prima il giovane Turf italiano ha vissuto un fondamentale momento o periodo preparatorio in cui , su tutto, fu preminente lo sviluppo di una Cultura , i cui fondamentali sono stati vitali fino ai giorni nostri e forse, sotto la cenere, covano ancora mahlerianamente, è ciò che dobbiamo sperare.
Dal 1870, data convenzionale perché porta a Roma capitale, il Turf ha mosso i suoi primi passi. Jockey Club e Steeple Chases nascono, si forma una coscienza colta di come operare, proprietari e allevatori si mettono all’opera ma la Cultura e le Technicalities ci vengono trasmesse da tantissimi operatori, su tutti fantini e allenatori, soprattutto inglesi che si trasferirono dalla fine dei 70 in Italia. Le prime trenta edizioni circa, del nostro Derby, dunque iconico in tal senso, hanno la firma di questi professionisti, diversi dei quali restarono poi nel nostro paese.
Siamo culturalmente emanazione del Turf inglese , una lezione che ovviamente abbiamo adattato alle nostre necessità. Più o forse meglio insieme ad altri questa stagione, che si conclude con la fine della prima guerra, ha la impronta di Felice Scheibler , non solo si capisce.
Il Senatore a fine anni 90 scende autenticamente in campo, subito dopo aver sposato donna Lidia, la sorella del suo migliore amico e , soprattutto dopo aver girato il mondo , su e giù, per capire, comprendere , imparare. Un genio. Il portato di questi primi anni di formazione , a nostro avviso, ci ha consegnato la prima Golden Age, del Galoppo Italiano, gli anni venti e trenta . Non soltanto quelli di Federico Tesio ( l’Africa ci aveva rapito Scheibler) ma anche quelli di De Montel , dei Crespi, di Luchino Visconti , di Mantovani , una passione stupenda che si completò con quella di Tudini, Fiammingo, Gualino, Radice Fossati, Centurini, Talon, Albertoni, la Villaverde, la Oldaniga, la Felina, la Pellegrina, la Bellotta , la Santa Lucia.
Uno stupendo tessuto connettivo , espressione di una Cultura profonda e diffusa senza contare che verso la fine degli anni trenta si affacciano alla passione diversi giovani personaggi che sarebbero stati poi , dopo la guerra , importanti se non fondamentali per il nostro Turf.
E i cavalli ? Furono le stagioni di Apelle, Ortello, Crapom, Archidamia, Pilade, Sanzio, Navarro, Nogara, Delleana, Donatello, Nearco, Bistolfi, Jacopa del Sellaio, Manistee, Vezzano, Cavaliere d’Arpino ma a loro , purtroppo ingoiati dal buco nero della guerra, si aggiungono Macherio, Orsenigo, Niccolò dell’Arca, Bellini e non solo. Ah quanti campioni, quanta Cultura, che fascino e che trionfi anche all’estero … la nostra prima Goden Age e poi vennero anche le altre meravigliose.
Forza non perdiamoci d’animo, lavoriamo per creare le premesse affinchè possa generarsi una ennesima Golden Age del nostro galoppo. Ci arriveremo se avremo una forte Istituzione ed un convincente progetto culturale ma noi fermiamoci qui e non tiriamola troppo per le lunghe.