Stage Mclean, un punto di non ritorno
Sabato mattina la sveglia è all’alba. Verso le sette siamo già sul raccordo: io, la mia amica Simona (che fa terapia con gli asini) e il mio cavallo pezzato Lucky. Mentre guido il van penso a quello che so sul dottor Mclean: cavaliere istruttore e preparatore. .docente universitario ma soprattutto nuovo “guru” e divulgatore di un importante messaggio: consapevolezza e relazione eticamente corretta con il cavallo.
Meno male penso, lo stage giusto al momento giusto, visto che ultimamente io e il pezzato discutiamo spesso, soprattutto quando lavoriamo in piano...
Lo stage è all’accademia di dressage, proprietà della famiglia Puccini, un posto bellissimo situato a Roma nord.
La prima sessione comincia presto. Già alle otto siamo tutti in maneggio coperto e il dottor Mclean comincia a parlare della sua missione: “migliorare il livello di addestramento e di comprensione fra cavallo e cavaliere. Già ma come? Attraverso gli otto principi di addestramento.
Per una corretta gestione del cavallo, sia da terra che in sella, è basilare la conoscenza delle modalità con cui l’animale interagisce con l’ambiente e di quelle attraverso cui apprende.
L’apprendimento avviene secondo determinati principi contenuti nella “teoria dell’apprendimento”
La conoscenza e l’applicazione di questa teoria, ci dice il dottor Mclean, (cioè l’utilizzo del rinforzo negativo, del rinforzo positivo e, solo in rari e specifici casi, della punizione) è essenziale per il benessere dei cavalli e per la sicurezza nel lavoro con loro. Monto al passo, e mi chiede semplicemente di tenere un contatto normale con le redini e di usare un “aiuto” alla volta per non mandare il cavallo in confusione. Già qui mi rendo conto che più che da imparare sarà meglio che io mi sforzi di…. disimparare! (fermo restando che da Monty in poi ho letto di tutto, dalla Tellington-Jones a John Lyons passando per Parelli e Sally Swift)
Mi chiede se conosco lo schema della pressione e del rilascio e dopo la mia risposta affermativa cominciamo a trottare e a differenza di me, il Dottor Mclean non sembra per niente preoccupato che il mio cavallo non sia “piegato”. Mi confesserà in seguito che questa sembra essere un ossessione a livello mondiale…eh già, penso io, prima “chiudi” e poi ingaggi il posteriore??? Se conosci le nozioni basiche di bio-meccanica già capisci che così non funziona….
“Il posteriore non si ingaggia con le mani e con le gambe-continua Mclean-ma attraverso il controllo del treno anteriore e soprattutto con la corretta gestione dei bipedi”
Ah però, penso, qui tocca veramente armarsi di una gomma da cancellare….altro che disimparare…
La sessione di lavoro dura circa una mezzora. Lavoriamo sulle transizioni al passo e al trotto focalizzando le richieste sulla rispondenza del cavallo e successivamente sul ritmo e il “tempo” delle battute…passi indietro quando c’è un problema di “resistenza” ma senza gambe. Poi un’altra novità: cercare di fare le richieste al cavallo quando questo ha un arto per aria, “perché -dice Mclean - quando l’arto pesta il terreno l’animale è poco ricettivo e quindi va in confusione”.
Comincio a capire che la nostra equitazione è troppo spesso basata sulla risoluzione di un “conflitto”. In altre parole il lavoro quotidiano e la fase addestrativa di un cavallo sono basati sulla soluzione di una “resistenza” o addirittura di una “difesa”. Un lavoro che diventa quasi una guerra quotidiana…e non si può fare!!
E se invece si provasse a prevenire questa dinamica “guerrafondaia”? Sono convinta che tanti suggerimenti sono “nuovi modi di dire vecchie cose”. (Mclean parla del cavallo ”dritto obbediente e in avanti”!!??). Ma stavolta supportate da dati e statistiche a livello scientifico…toccherebbe applicarcisi un po’…magari studiando e resettando quelle che sono le vecchie “cattive” abitudini.
Concetti come “condizionamento classico o operativo” oppure “rinforzo negativo o positivo” comunemente usati nell’addestramento degli altri animali finalmente sbarcano nel nostro piccolo mondo equestre italiano.
Il dottor Mclean ha quell’aria saggia e un po’ironica che hanno spesso le persone dei cavalli veramente al top, e quando gli chiedo come mai corregge poco la posizione del cavaliere, lui mi guarda con aria un po’compassionevole visto che in campo davanti a noi lavora un bellissimo binomio paraolimpico.
“Preferisco cominciare dall’obbedienza del cavallo - spiega-utilizzando segnali facili da distinguere, con una singola risposta per ciascun segnale”. Mi viene subito in mente J.Lyons quando dice “keep it simple (tienilo semplice)” Infatti tutta l’equitazione etologica ha un comune denominatore LA SEMPLICITA’, di solito abbinata a metodi molto poco coercitivi che di solito genera una buona COLLABORAZIONE con il cavallo.
È ovvio che ad un animale ben addestrato e sereno si offrono più possibilità di avere una buona vita e un buon futuro. Non è questo che si dovrebbe intendere per benessere del cavallo?
Mentre lo stage prosegue noto che l’audience partecipante è composta per lo più da specialisti del settore (dressage) pluri-decorati e da cavalieri “non professionisti” questi ultimi soprattutto interessati a migliorare la RELAZIONE con il proprio cavallo ”in toto”
E la “middle class” dell’equitazione dové?
I centometristi del primo grado? Gli ippogenitori del “mo’ci penso io?” Gli istruttori della crocetta e il principiante? Quelli che se non fai le trentacinque sei una schiappa?
Viviamo purtroppo un momento storico molto complesso, in cui l’ottenimento del risultato in breve termine e al minor costo sembra avere la meglio su tutto. Si dà il caso, però che per quello che riguarda l’insegnamento e l’apprendimento dobbiamo imparare a “fermare il tempo”. Il che vuol dire imparare a leggere, a studiare, a sentire e comprendere …perché solo attraverso la consapevolezza si può iniziare a cambiare.
Il pericolo che corre la mia/nostra categoria di istruttori e preparatori all’agonismo è quella della dispersione dei nostri allievi. Visto che non tutti sono interessati a saltare o a piaffare in gare costose, né disposti a permettere comportamenti violenti verso il loro “tesorino” l’unica alternativa per loro diventa passare ad un maneggio dove si monta in capezza e dove nessuno propone comportamenti eticamente e finanziariamente insostenibili e impraticabili. Peccato, perché è così che si disperdono categorie di utenti che comunque lezioni e pensioni le pagano e in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo non ne vale certo la pena.
Lo stage finisce dopo due giorni molto intensi durante i quali abbiamo avuto il privilegio di vedere all’opera due binomi paraolimpici al top. Confesso che ero esausta perché ho lavorato anche come interprete. Un vantaggio, anche se faticoso perché mi ha consentito un esercizio mnemonico costante attraverso la doppia ripetizione dei concetti esposti….cosa molto utile per me che sono un po’zuccona!
Mentre torno a casa con i miei insostituibili” followers” Simona e il pezzato ,ho l’impressione di aver riunito per la prima volta, in una rara combinazione conoscenze accademiche e pratica equestre ,e di aver fatto un passo significativo nel migliorare il benessere del cavallo garantendogli una formazione etica, sostenibile e basata sull’evidenza e la conoscenza scientifica.

Sabina e il \"pezzato\"