Silvia Goisis, " a cavallo conta se sei bravo. Non importa se sei donna o uomo"
La doma vaquera è una disciplina che nasce in Andalusia in funzione del lavoro con il cavallo per il controllo dei tori allo stato brado, conosciuto come “ganado bravo”. Si tratta dunque di una “monta da lavoro”, che si sta diffondendo in tutta Europa come disciplina sportiva con un altissimo livello di professionalità, precisione e addestramento.
Da decenni e tradizionalmente veniva tramandata di padre in figlio, mantenendo nel tempo i suoi segreti, svelati soltanto a chi poteva accogliere gli insegnamenti di una grande cultura equestre.
L’obiettivo è quello di mettere il cavallo in uno stato di equilibrio, obbedienza e agilità, in modo da poter affrontare tutti gli imprevisti, e i pericoli, del lavoro “al campo”, da svolgersi in qualsiasi condizione climatica, alle intemperie o sotto il sole cocente, lavorando su terreni sconnessi e aspri, sempre a contatto con gli animali selvatici e il bestiame brado.
Il Jinete, ovvero il cavaliere, che sceglie di praticare questo tipo di doma deve possedere dunque grande intuizione e sensibilità e il binomio deve lavorare in perfetta sintonia.
Questa antica tradizione oggi è diventata anche una disciplina equestre, ufficialmente riconosciuta in Italia dalla Fitetrec-Ante, con lo svolgimento di un campionato e di gare a cui partecipano cavalieri di altissimo livello.
Così è stato anche a Verona, in occasione della 123° edizione di Fieracavalli, dove si sono affrontati i dieci finalisti del Campionato Italiano 2021.
Ma cosa succede se il miglior Jinete si rivela in realtà una Mujer, o meglio, addirittura una Señorita? La cosa migliore è chiederlo proprio a chi si è aggiudicata il primo posto in questa prestigiosa competizione: la quindicenne Silvia Goisis che racconta di aver provato una grande emozione.
Il valore della giovane amazzone, che vive e si allena in provincia di Bergamo, allieva di Andrea Cucchi, non è certo una sorpresa, essendo stata selezionata proprio di recente per il Campionato del Mondo, che non si è potuto svolgere a causa della pandemia.
Incoraggiata dal padre Giuliano, che la segue da sempre e che mi racconta dopo la gara, davanti al box del suo purosangue lusitano Zaire, della straordinaria capacità di apprendimento della figlia, ci raggiunge Silvia, con la sua figura dritta e leggera, due occhioni scuri che sprizzano lampi di gioia:
«Io entro in campo e cerco di dare il mio meglio, ma sono sempre consapevole che ci sono persone che gareggiano con me che hanno una grandissima esperienza».
Neanche a dirlo, con la sua seconda liceo linguistico, è la più piccola di tutti, gli altri hanno dai ventun anni in su. Ma certo, sotto l’aspetto da delicata farfalla, non le manca la grinta e la determinazione, grazie alle quali, e al suo talento naturalmente, tutte quelle persone più esperte di lei, le ha battute.
Le chiedo quando ha iniziato con la doma vaquera: «Montavo in alta scuola con il cavallo di mio fratello, successivamente il mio papà mi ha comprato una cavallina che faceva vaquera e con lei ho iniziato a lavorare con il mio istruttore Andrea Cucchi. Avevo sette anni, quindi otto anni fa».
E le gare quando sono arrivate?
«Ho iniziato a fare le gare a otto-nove anni, nella categoria più semplice, quella degli “iniziati” per cui ho vinto il campionato italiano».
E, come si suol dire, il buongiorno si vede dal mattino:
«Dopo due anni di gare abbiamo comprato Zaire, che oggi ha tredici anni, io ne avevo undici allora. Sono passata alla categoria degli “intermedi” (abbiamo tre categorie: iniziati, intermedi e domati), e ho vinto i campionati italiani».
E siamo già a due volte campionessa, ma il segreto di un bravo atleta è non fermarsi mai…
«Nel 2020 sono passata nella categoria dei domati. Nella finale avevo ottime possibilità, ma nel primo giorno mi sono dimenticata l’esercizio e con questa distrazione mi sono giocata la possibilità di arrivare prima».
Ma come ti sei dimenticata l’esercizio? E il bello è che lo dice con l’innocenza che solo gli adolescenti hanno, come se avesse infilato le dita nel barattolo della Nutella. «Sì ma poi ho gareggiato con Conquero (l’altro mio cavallo, un tre sangue, ovvero un “crusado”) e ho vinto la Coppa Italia». E sorride.
Insomma, che le piace vincere, questo di sicuro s’è capito.
Eppure in campo, mentre molti cavalli si sono “scaldati” mettendo in seria difficoltà anche cavalieri molto esperti, due concorrenti si sono addirittura ritirati, Silvia e Zaire sembravano chiusi in una bolla, come se a guardarli, e giudicarli, non ci fosse nessuno. Come se le luci, la gente, i rumori non fossero affar loro, perché avevano orecchie e cuore soltanto l’uno per l’altra. Un binomio che sembrava quasi un'unica straordinaria creatura: il corpo di un possente cavallo che ci possiamo figurare a fronteggiare un toro, e il busto di una leggiadra fanciulla.
«Zaire lo conosco da tanti anni, abbiamo una grande sintonia» ovviamente le chiedo quale è il suo preferito… «è una domanda a cui non so rispondere! – protesta – sono due cavalli completamente diversi, senz’altro Conquero si scalda molto di più…».
Viene spontaneo domandarsi quando trovi il tempo di montare a cavallo e allenarsi, con la scuola e tutte le attività che a ogni giovane non devono certo mancare:
«In estate tutti i giorni, in inverno diventa più difficoltoso con la scuola, sempre il fine settimana, e sotto gara un giorno sì e un giorno no».
Decisamente faticoso, ma del resto se si vogliono ottenere risultati, al talento naturale che Silvia possiede in generosa quantità, occorre affiancare determinazione, costanza e lavoro.
Doti che forse le donne posseggono più degli uomini, è forse è per questo che in una disciplina così tradizionalmente maschile si sono affacciate diverse donne, ottenendo peraltro un grande successo?
«Nella gara di oggi su dieci partecipanti cinque erano donne. In Italia in effetti siamo tante donne, in Spagna è diverso».
In che senso?
«Nel senso che ci sono diverse ragazze giovani, io gareggio nella categoria dei ragazzi, nei domati degli adulti (là ci sono più categorie) la maggior parte sono uomini».
Ma quindi secondo te le donne non hanno quella famosa marcia in più?
«A cavallo conta se sei bravo. Non importa se sei donna o uomo».
E con questa risposta Silvia chiude l’argomento, e come darle torto?
Nell’equitazione quello che conta è appunto il binomio, la capacità di unire le migliori doti umane alle migliori doti equine.
Questa è senz’altro uno degli aspetti che più ci piace dell’equitazione, in ogni sua disciplina: ringrazio di cuore a nome di tutti i lettori di Cavallo2000 per avercelo ricordato questa giovanissima talentuosa amazzone che farà senz’altro parlare molto di sé, e dei suoi cavalli.