Sentenza Tribunale Federale: radiato Paolo Margi
Il tribunale Federale , riunitosi il giorno 16 del mese di giugno 2015 presso i locali della Federazione Italiana Sport Equestri (FISE)
Così composto:
Prof. Avv. Giuseppe Sigillò Massara ‐ Presidente
Prof. Avv. Daniele Piva‐ relatore
Avv. Paolo Clarizia ‐ componente
Per decidere in ordine al deferimento del sig. Paolo Giani Margi (tessera n. 001225/B)
Premesso che
‐ con atto depositato in data 22 aprile 2015 con allegata produzione documentale, veniva deferito a giudizio dalla Procura Federale il sig. Paolo Giani Margi:
per avere il medesimo, in violazione degli artt. 2 n.2 e 10 dello Statuto Federale, dell’art. 1 comma 1 e 2 lett. c) e d) del Regolamento di Giustizia Federale nonché del Regolamento Veterinario FISE, sezione Tutela del benessere del cavallo, art. 2 (abuso) del codice di condotta FEI per il benessere del cavallo, art. 1 (benessere generale), lett. b) (metodi di allenamento) e art. 4 (cure umane per il cavallo), lett b) (centri di riferimento) e lett. d) (eutanasia) di cui all’Allegato del Regolamento Veterinario:
a) sottoposto il cavallo Flambo ad un metodo di allenamento aggressivo, fonte di disagio tale da provocare la ribellione del cavallo, l’impennata e la rovinosa caduta a terra, con conseguente frattura delle vertebre cervicali C4 e C5, causa del successivo decesso dell’animale;
b) omesso dolosamente di riferire al veterinario e alla proprietaria la dinamica della caduta ed i sintomi subito manifestati dal cavallo (immobilità a terra, assenza di reazione agli stimoli ed incitamenti a rialzarsi, grande fatica e difficoltà nel risollevarsi, atassia, tremore), rappresentando invece i sintomi di una colica e, quindi, per non essersi di fatto attivato ed anzi per avere impedito che al cavallo fossero prestati i soccorsi necessari atti ad evitare la morte o quantomeno a minimizzare la sofferenza;
c) forzato il cavallo a rialzarsi in campo (con la spinta di ben 5 uomini), a camminare fino al box e a passeggiare nonché per avergli somministrato farmaci controindicati (Finaldine) ed inutili (fleboclisi), e, quindi, per avere di fatto compromesso ulteriormente le condizioni dell’animale, aumentandone la sofferenza;
d) avere posto in essere gli illeciti sopra indicati sub lettere b) e c), al fine di occultare l’illecito di cui alla precedente lettera a) ovvero per conseguirne l’impunità e finendo tuttavia per aggravarne le conseguenze;
e) aver agito per motivi abietti e con particolare crudeltà nei confronti del cavallo;
‐ visto l’art. 47, comma 1, R.G., il Presidente del Tribunale fissava pertanto l’udienza di discussione per la data odierna, disponendone la comunicazione all’incolpato e alla Procura Federale e citando altresì a comparire, in sede di istruttoria, il dott. Francesco Scholl, in quanto persona in grado di riferire su circostanze pertinenti ai fatti contestati;
‐ in data 10 giugno 2015, la difesa del Margi depositava ulteriore memoria difensiva nella quale, in via preliminare, eccepiva l’inutilizzabilità di tutti gli atti d’indagine compiuti dopo il termine del 5 gennaio 2015 e, nel merito, rilevava l’assoluta infondatezza delle diverse incolpazioni;
‐ in data 12 giugno 2015, la Procura Federale depositava memoria integrativa svolgendo precisazioni in merito ai termini delle indagini e chiedendo pertanto il rigetto dell’eccezione di inutilizzabilità degli atti da parte del deferito;
‐ all’udienza odierna comparivano per la Procura, il Procuratore Federale (avv. Anselmo Carlevaro) e il Sostituto Procuratore avv. Giorgia Pellerano e, per il Margi, il sig. Margi stesso ed il suo difensore avv. Susanna Gaiotto i quali ultimi, tuttavia, nel corso dell’esame del teste Scholl abbandonavano l’udienza rimettendosi alla decisione del Tribunale; veniva sentito il teste Sholl e, con il consenso di tutte le parti, il dott. Mastromattei intervenuto anche lui nell’espletamento dell’esame autoptico della carcassa del cavallo Flambo presso l’Istituto zooprofilattico Regioni Lazio e Toscana – Via Appia Nuova 1411;
‐ all’esito della discussione, ritenendo di non dover assumere ulteriori mezzi di prova, il Tribunale si riservava per la decisione.
Rilevato che
Preliminarmente, quanto all’eccezione di inutilizzabilità ex art. 65 R.G., degli atti d’indagine compiuti dopola scadenza del termine di 40 giorni, individuato nel 5 gennaio 2015, formulata dalla difesa del Margi va rilevato quanto segue.
In primo luogo, l’art. 65 comma 3 RG, secondo cui la durata delle indagini non può superare il termine di 40 giorni dall’iscrizione del fatto o dell’atto rilevante, deve ritenersi applicabile nel caso di specie, in quanto l’art. 75 comma 3 R.G. diversamente dispone in ordine ai soli procedimenti pendenti davanti agli organi di Giustizia presso la Federazione al momento dell’entrata in vigore del Regolamento stesso e non già rispetto a quelli pendenti in fase di indagini, come quello in oggetto, la cui iscrizione, come riferito da tutte le parti, è incontestabilmente avvenuta in data 27 novembre 2014, in corrispondenza della segnalazione da parte della Associazione Italian Horse Protection Onlus.
Va tuttavia evidenziato come, relativamente a questi ultimi procedimenti, il nuovo termine di 40 giorni non può che decorrere dall’1 gennaio 2015 e scadere in data 9 febbraio 2015, salvo la possibilità di richiederne la proroga alla Procura Generale dello Sport ai sensi dell’art. 65 comma 3 R.G.
Ne deriva che la richiesta trasmessa dalla Procura Federale alla Procura Generale dello Sport mediante comunicazione del 20 febbraio 2015 (prot. n. 1657/2015), è da ritenersi tardiva in quanto successiva alla scadenza del nuovo predetto termine di 40 giorni (9 febbraio 2015), con conseguente inutilizzabilità di tutti gli atti d’indagine compiuti dopo, nessuno escluso.
Ed infatti, a differenza di quanto ritenuto dalla Procura Federale nella memoria integrativa del 12 giugno 2015, la successiva concessione della proroga da parte della Procura Generala dello Sport del 23 febbraio 2015 non può in alcun modo sanare la tardività della richiesta e la conseguente inutilizzabilità degli atti compiuti in seguito, neppure con riguardo agli atti compiuti dopo tale data sia perché, già sul piano letterale, l’art. 65 comma 3 R.G. non consente di addivenire a tale conclusione sia perché, ad opinare diversamente, non si avrebbe, invero, la “proroga” di un termine (invero già decorso) quanto, piuttosto, la (indebita e tardiva) “concessione” di un nuovo termine d’indagine: detto altrimenti, l’efficacia della proroga delle indagini presuppone sempre la tempestività della relativa richiesta.
Nel caso di specie va quindi dichiarata la inutilizzabilità di tutti gli atti d’indagine compiuti a partire dal 10 febbraio 2015 ossia del verbale dell’audizione del dott. Matteo Lombardo resa in data 4 marzo 2015 (che, comunque non altera la ricostruzione dei fatti nei termini che seguiranno), dovendosi invece rigettare nel resto l’eccezione formulata dal deferito.
Nel merito, dalla documentazione in atti, con particolare riferimento alle plurime dichiarazioni rese in sede di audizione dai signori Bontas, Dumitru, Lazar, Marini, Gaetani, Battellocchi, Bergomi, Principe, Di Pietro, Lombardo, Scatolini Migliorini e Ciampa (che si intendono qui integralmente richiamate, per come in atti), smentite solo in parte dallo stesso Margi, i fatti che, in data 19 novembre 2014, all’esito di una sessione diallenamento alla doppia longe condotta dal deferito, hanno portato al decesso del cavallo di nome Flambo di proprietà della sig.ra Laura Romanelli, presso il centro ippico Casale San Nicola, risultano così dimostrati.
Il predetto cavallo faceva ingresso in campo intorno alle ore 10.00/10.30 versando in condizioni fisiche normali, senza alcun segno di sofferenza, fastidio o difficoltà nella deambulazione.
Dopo circa venti minuti, mentre veniva fatto lavorare dal sig. Margi con la doppia longe, al piaffe in linea retta, a mano destra, dopo essere entrato in difesa ed essersi impennato, pur in assenza di rumori improvvisi o altri eventuali elementi di spavento, cadeva effettivamente sul fianco destro accasciandosi al suolo ove rimaneva senza reagire agli incitamenti dello stesso Margi che cercava di fare leva all’altezza della spalla destra al fine di farlo immediatamente rialzare: risultato raggiunto soltanto successivamente, sia pur con molta fatica, attraverso l’intervento di altre quattro persone (Gianluca Battellocchi, Constantin Bontas, Pavel Lazar e Pavel Dumitru) che lo spingevano verso l’alto da più punti (sul punto cfr., in particolare, quanto dichiarato dal sig. Bontas Constatin il 19 gennaio 2015 e riportato a pag. 3 del relativo verbale di interrogatorio: “il cavallo non reagiva così io, Margi, Paolo e Dimitri gli levammo prima la sella e il fascione, poi la doppia longe; mentre lo spogliavamo il cavallo era immobile”; e ancora: “il cavallo era fermo, la testa era sollevata e Paolo Margi cercava di farlo alzare spingendolo verso l’alto all’altezza della spalla [….]. Il cavallo non reagiva così io, Margi, Paolo e Dimitri gli levammo prima la sella e il fascione e poi la doppia longe, mentre lo spogliavamo il cavallo era immobile”).
Dopo essersi rialzato “a fatica” (come dichiarato dal Bontas il 19 gennaio 2015 e riportato a pag. 3 del verbale) il predetto cavallo ondeggiava, sbandava procedendo in modo scoordinato e molto lentamente con la testa ciondolante e il collo proteso verso il basso durante il tragitto verso la scuderia, nonché nella passeggiata di circa dieci minuti sul piazzale esterno ad essa antistante effettuato su indicazione dello stesso Margi (sul punto cfr., in particolare, quanto dichiarato dai sigg.ri Bontas e Lazar, come riportato, rispettivamente alle pagg. 4 ‐5 e 2 del relativo verbale di interrogatorio del 19 gennaio 2015: “era instabile, come ubriaco, ondeggiava.
[…] L’andatura era sempre incerta ed instabile”; “il cavallo camminava sempre da ubriaco e sembrava che dovesse cadere da un momento all’altro”).
Rientrato in box, al cavallo, tenuto alla longhina dal sig. Bontas, veniva somministrata, su indicazione telefonica del veterinario Dott. Matteo Lombardo, una dose di Finadyne e due flebo di Ringer (due sacche da 5 litri ciascuna regolate a getto continuo).
Sennonché, durante la seconda flebo il cavallo scuoteva bruscamente collo e testa, gli cedevano i posteriori e si abbatteva improvvisamente sul lato sinistro.
In particolare, il teste Bontas, che ha assistito il cavallo durante la somministrazione di entrambe le flebo ha riferito che “circa a metà della seconda sacca, il cavallo ha scosso bruscamente il collo e la testa […] poi gli hanno ceduto i posteriori e cadendo ha fatto un mezzo giro a sinistra e dopo aver toccato il muro con la testa si è abbattuto sul lato sinistro” (cfr. verbale di interrogatorio del 19 gennaio 2015, pag. 6). Parimenti Marina Gaetani, anch’essa presente presso il Casale San Nicola il giorno del fatto, ha dichiarato che “durante la flebo il cavallo era fermo, immobile, in piedi, sudato, occhi impietriti e spaventato” specificando che durante la somministrazione della seconda sacca di liquidi “il cavallo stava molto peggio, era zuppo di sudore, in piedi ma si vedeva che era molto sofferente” (cfr. verbale di interrogatorio di Marina Gaetani pagg. 2 e 3).
Il sig. Margi contattava telefonicamente il veterinario dott. Matteo Lombardo per ulteriori tre volte dapprima riferendo i sintomi tipici di una presunta colica, poi riferendo che, a distanza di circa quaranta minuti, il cavallo stava bene e passeggiava regolarmente ed, infine, che lo stesso era improvvisamente peggiorato e richiedeva una visita in loco da parte dello stesso veterinario il quale, effettivamente giunto poco dopo sul posto, ne constatava il decesso.
Ricostruiti in tal modo i fatti, l’esame autoptico svolto dall’istituto zooprofilattico di Roma con annessi rilievi fotografici e radiologici, nonché le perizie agli atti del Prof. Lucio Petrizzi e del dott. Guido Castellano hanno confermato, come unica causa di morte, la frattura delle vertebre cervicali C4 e C5 ritenendola per altro compatibile con la caduta in campo ed escludendo l’incidenza causale di diverse alterazioni patologiche (quali, ad esempio, una colica).
Il medesimo giudizio è stato inoltre espresso su precisa domanda del Tribunale dai testi Scholl e Mastromattei, i quali, confermata l’assenza di particolari malformazioni del cavallo, hanno altresì affermato che una tale frattura consente nell’immediato “una limitata e ridotta mobilità”, pur essendo senz’altro il dolore e il disagio dell’animale “percepibile ad un qualsiasi occhio esterno” e che la stessa è pienamente compatibile con una dinamica di rotolamento” del tipo di quella desumibile dalle diverse dichiarazioni in atti ossia con un cavallo che “entra in difesa, si impenna in parte, non a candela, scivola e si rovescia lateralmente, appoggiandosi rovinosamente sul collo in flessione che funge da fulcro”.
Ed anche quanto all’intervallo di tempo presumibilmente intercorso tra la caduta e la morte, i testi hanno confermato che, nel caso di specie, si trattava di una frattura subìta da un animale “con massa muscolare importante” la quale potrebbe anche essersi scomposta solo “in seguito” alla rialzata e passeggiata del cavallo che, pertanto, ne avrebbero aggravato le condizioni.
Sul punto non appaiono credibili le dichiarazioni di segno opposto svolte dal sig. Margi, incluse quelle da ultimo svolte nella memoria del 10.06.2015.
Anzitutto, laddove nega l’impennata del cavallo prima della caduta (circostanza confermata, invece, dalle dichiarazioni rese dai signori Battellocchi e Principe (quest’ultima, in particolare, nel verbale di interrogatorio del 28 gennaio 2015 a pag. 3: “dopo qualche metro di passo […] il cavallo si impenna, si alza a candela sui posteriori e si accascia a terra sul fianco destro”).
In secondo luogo, perché risulta aver descritto per via telefonica al veterinario che la frattura cervicale del cavallo Flambo potesse essere conseguenza del tirarsi indietro da parte dello stesso mentre si trovava legato corto in box (circostanza, questa, smentita dalle dichiarazioni rese dai signori Di Pietro, Gaetani e Bontas, i quali hanno riferito che il cavallo “non era affatto legato”), omettendo di riferire puntualmente le modalità della caduta, nonché il tremore e l’atassia manifestati dal cavallo così come percepiti e ricostruiti chiaramente da tutte le persone audite.
Omissione, quest’ultima, che, oltre ad impedire che al cavallo fosse immediatamente prestato un soccorso adeguato alla situazione effettiva anziché la somministrazione di farmaci inutili (Fleboclisi) se non persino controindicati (Finadyne), appare dolosamente preordinata ad occultare eventuali illeciti ovvero a conseguirne l’impunità: ed è proprio tale circostanza che consente di ravvisare nel fatto un disvalore di condotta del Margi particolarmente accentuato che va ben oltre il mero incidente, a dimostrazione di una totale indifferenza nei confronti dell’animale e del suo palese stato di sofferenza.
Né appare credibile la ricostruzione del Margi che, secondo la sua difesa, non si sarebbe reso conto della vistosa sofferenza del cavallo: ed infatti, pur potendo non aver immediatamente intuito la gravità dell’incidente e l’entità della frattura in atto, lo stesso di certo non ha potuto ignorare “l’occhio sbarrato” del cavallo e il suo particolare disagio nel camminare, così come riferito da tutte le persone sentite nel corso del procedimento, inclusi i predetti testi, i quali hanno descritto proprio in tale stato una “comune forma di manifestazione del dolore da frattura cervicale” (particolarmente esaustivo, sul punto, quanto dichiarato dal sig. Lazar: “si vedeva che Flambo stava male”, come da verbale dì interrogatorio del 19 gennaio 2015, pag. 2).
Pertanto, il decesso del cavallo Flambo risulta inequivocabilmente dovuto ad una frattura delle predette vertebre cervicali derivanti da una caduta nel corso di un allenamento avvenuto con modalità tali da determinarne il disagio e conseguentemente la “ribellione”, non essendo stato riscontrato alcun diverso elemento tale da poter indurre l’accertamento di decorsi causali alternativi: sul punto appare risolutivo anche quanto dichiarato dal teste Scholl, il quale, dopo aver confermato che dall’esame autoptico erano emerse lesioni compatibili con una “modica colica”, ha categoricamente escluso che la stessa potesse aver “cagionato la caduta del cavallo” dalla quale è derivata la frattura che ha poi condotto al decesso; così come ha giudicato “improbabile” che la morte del cavallo per frattura cervicale possa essere avvenuta successivamente nel box per “cessione col bipede posteriore e caduta in decubito sinistro”, come invece paventato dalla difesa del Margi.
Né il Margi ha fornito nel corso del procedimento alcun riscontro obiettivo di una diversa ricostruzione dei fatti e/o del predetto decorso causale limitandosi, anche nella memoria depositata il 10 giugno 2015 (cfr., in particolare, pagg. 5, 6 e 7), ad intraprendere attività essenzialmente volte a screditare l’operato della Procura (adombrando persino un dirottamento delle indagini allo scopo di tutelare interessi economici di terzi estranei alla Federazione, cfr. pag. 6), denunciando la “lacunosità” e “parzialità” delle indagini, ovvero ad affermare l’inattendibilità e/o la responsabilità dei diversi soggetti dichiaranti/denuncianti piuttosto che a fornire riscontri oggettivi in ordine a una diversa ricostruzione dei fatti.
In particolare, quanto affermato dalla difesa del Margi in ordine al comportamento deontologicamente scorretto del dott. Matteo Lombardo (cfr. memoria del 10 giugno 2015, pagg. 17‐ 21), non trova riscontro in alcuna delle dichiarazioni rese dal predetto veterinario e soprattutto dalle altre persone audite nel presente procedimento, così come non può in alcun modo obiettivamente risultare dai tabulati telefonici dai quali, semmai, può desumersi il numero, l’orario e la durata delle singole chiamate effettuate dal deferito, ma non certo il rispettivo contenuto o, tantomeno, indizi precisi in ordine all’effettivo decorso causale che ha condotto alla morte del cavallo Flambo.
Peraltro, a prescindere dal fatto che dall’esame autoptico risulta dimostrato non essere stata alcuna colica a cagionare il decesso dell’animale, ove pure si volesse ipotizzare qualche profilo di negligenza, imprudenza o imperizia del predetto veterinario, sia pure in termini di mera sottovalutazione del rischio idoneo a far aumentare le probabilità di sopravvivenza del cavallo – circostanza, questa, che, oltre a non essere affatto emersa in questa sede, atteso il quadro informativo offertogli dal Margi nel susseguirsi di comunicazioni aventi tenore diverso in ordine allo stato di salute del cavallo, non costituisce oggetto del presente giudizio ‐ esso non risulterebbe comunque tale da recidere il nesso causale tra il comportamento ascritto al deferito e l’evento morte.
Né, tantomeno, possono assumere rilevanza alcuna in questa sede, da un lato, l’asserita mancanza di procedimenti penali pendenti nei confronti del deferito, attesa l’autonomia del presente giudizio disciplinare; dall’altro, l’incontestata carriera professionale e i relativi traguardi agonistici del Margi (di cui pure si fa menzione nella predetta memoria alle pagg. 8‐11): ed anzi, proprio l’ampia esperienza del deferito, specie in ordine alle dinamiche e ai rischi del metodo di allenamento alla doppia longe, alimenta il sospetto che difficilmente lo stesso avrebbe potuto confondere una frattura di vertebre con una semplice colica o, comunque, escludere in radice ogni possibile incidenza causale della rovinosa caduta del cavallo in campo sul decorso che ne ha rapidamente prodotto il decesso.
Da quanto su esposto, con riferimento ai singoli illeciti contestati al sig. Margi, può concludersi quanto segue.
In primo luogo, deve ritenersi dimostrata la responsabilità per l’illecito disciplinare di cui agli artt. 2 n. 2 e 10 dello Statuto Federale nonché dell’art. 1 comma 1 e comma 2 lett. d) del Regolamento di Giustizia FISE come vigente all’epoca dei fatti relativamente all’utilizzo di metodi o sistemi di allenamento manifestamente violenti.
Quanto, invece, alla contestata violazione di cui all’art. 1 comma 2 lett. c) del Regolamento di Giustizia FISE come vigente all’epoca dei fatti (avente ad oggetto somministrazione od uso di sostanze o metodi doping), deve ritenersi non raggiunta la prova, non essendo emerso elemento di riscontro alcuno nel corso del presente
procedimento. Né, tantomeno, tale illecito potrebbe essere ravvisato in quello attualmente contenuto nella corrispondente previsione del Regolamento di Giustizia tuttora vigente (avente ad oggetto ogni comportamento, anche omissivo, compiuto sul cavallo, che esplichi mero sfogo, violenza o brutalità e che possa causare al cavallo dolore o anche solo disagio, psicologico e non, non necessario all’animale) trattandosi di norma entrata in vigore successivamente (1 gennaio 2015) alla commissione dei fatti contestati in questa sede (19 novembre 2014).
Quanto alla violazione dell’art. 2 del Regolamento Veterinario FISE, sezione Tutela del Benessere del cavallo concetto di abuso), visto che l’elenco dei comportamenti indicati ai numeri 1‐ 10 del predetto articolo 2 non è da intendersi come tassativo, ma meramente esemplificativo, come espressamente indicato al comma 1, deve ritenersi provata la responsabilità del Margi, a titolo di “abuso”, per aver adottato, in data 19 novembre 2014, presso il Centro Ippico Casale San Nicola, un metodo di allenamento che, sebbene di per sé ammesso e notoriamente diffuso, nel caso di specie si è dimostrato idoneo a cagionare dolore o disagio non necessario al cavallo Flambo come risulta dalle circostanze nelle quali è avvenuto il decesso nel medesimo giorno.
Quanto alle contestate violazioni del Codice di condotta FEI per il Benessere del cavallo (di cui all’Allegato “I” al predetto Regolamento Veterinario FISE) deve ritenersi sussistente l’illecito di cui all’art. 1 (Benessere generale), lett. b) (metodi di allenamento), in quanto l’allenamento cui è stato inizialmente sottoposto il cavallo
Flambo in data 19 novembre 2014 si è rivelato incompatibile con le sue capacità tenuto conto, anche sotto tale profilo, delle condizioni e delle circostanze che ne hanno determinato la morte.
Di ulteriore particolare gravità, inoltre, appare, come già rilevato, la condotta del Margi successiva alla caduta del cavallo: questi – tenendo conto che, in relazione alla sua particolare esperienza e capacità, riconosciuta a livello nazionale e della conseguente notorietà in nessun caso avrebbe potuto confondere i chiari sintomi riferiti dalle risultanze testimoniali con una mera colica – ha omesso di fornire informazioni di fondamentale rilevanza al veterinario contattato telefonicamente, non consentendo (e, quindi, contribuendo, con dolo o colpa grave, ad aggravare le conseguenze del suo operato) il necessario soccorso con un mezzo idoneo ‐ come ad esempio l’ambulanza, e il trasporto alla più vicina clinica veterinaria per ulteriori accertamenti (come la radiografia nel caso di fratture) e terapia.
Così facendo integrando l’illecito di cui all’art. 4 (cure umane per il cavallo) lett. b) (centri di riferimento), atteso che, come riferito dal teste Scholl in questi casi è necessario chiamare immediatamente dopo la caduta il veterinario, informandolo puntualmente di tutto quanto accaduto, prima ancora di tentare di rialzare il cavallo e, tantomeno, di farlo camminare.
Con riferimento, invece, alla violazione di cui all’art. 4 (cure umane per il cavallo), lett. d) (eutanasia), non risulta affatto dimostrato che le lesioni riportate dal cavallo Flambo fossero sufficientemente gravi da richiedere il ricorso all’eutanasia seppur in seguito al consiglio ed intervento del veterinario, allo scopo di minimizzare la sofferenza dell’animale. Ed anzi, le risultanze processuali sembrano deporre in senso diametralmente opposto, non essendo ragionevolmente prevedibile che una frattura delle vertebre, come quella diagnosticata al cavallo nel caso di specie, comporti un livello di sofferenza tale da imporre il ricorso a rimedi così estremi; senza considerare il fatto che, sia pure a fatica, dopo la caduta il cavallo si è comunque rialzato e, una volta riaccompagnato nel box, rimaneva in piedi da solo senza neppure bisogno di essere legato.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE FEDERALE
dichiara la responsabilità del sig. Paolo Giani Margi, come in epigrafe generalizzato, per gli illeciti disciplinari di cui agli artt. 2 n. 2 e 10 dello Statuto Federale, 1 comma 1 e comma 2 lett. d) del Regolamento di Giustizia FISE (come vigente all’epoca dei fatti), 2 del Regolamento Veterinario FISE, nonché 1 lett. b) e 4 lett. b) Codice di condotta FEI per il benessere del cavallo e, pertanto, visti gli artt. 3 lett. g), 4 e 5 lett. h):
‐ considerata la pluralità e la particolare rilevanza delle commesse violazioni (di tipo commissivo e omissivo) e la loro connessione teleologica, nonché l’obiettiva gravità dell’evento che ne è scaturito;
‐ tenuto conto che le une sono state commesse per occultare le altre, finendo per aggravarne le conseguenze;
‐ considerata la qualifica di Istruttore Federale da lui rivestita, alla data della decisione come all’epoca dei fatti, nonché la sua notorietà nell’ambiente, è idonea a screditare l’immagine e la reputazione delle istituzioni federali nel loro complesso;
‐ visto anche il comportamento processuale tenuto dal sig. Paolo Giani Margi che denota l’assoluta mancanza di resipiscenza da parte del deferito il quale, fermo restando il legittimo esercizio di tutti i diritti di difesa, non ha mai espresso, sia pur incidentalmente, sentimenti di doverosa solidarietà nei confronti dell’animale (prima ancora che della sua proprietaria); o di rammarico per la triste vicenda dimostrando, in tal modo, notevole distacco e profonda indifferenza rispetto ai valori fondamentali condivisi dalla stessa Federazione Italiana Sport Equestri, la quale non può che attribuire preminenza, in ogni caso, alla tutela del benessere del cavallo, vero atleta delle discipline equestri e, peraltro, in evidente condizione di minorata autonoma difesa;
‐ attesa l’impossibilità di applicare, sulla base dello stesso principio di proporzionalità, una sanzione diversa, a carattere temporaneo o comunque meno afflittiva, dovendosi ormai ritenere definitivamente compromesso ogni minimo vincolo di fiducia, riconoscimento e appartenenza necessario alla prosecuzione del rapporto di tesseramento applica nei suoi confronti la sanzione della radiazione.
Si incarica la Segreteria affinché comunichi senza indugio il contenuto della presente decisione all’Ufficio del
Procuratore Federale e al sig. Paolo Giani Margi curandone la pubblicazione sul sito istituzionale della
Federazione e l’immediata esecuzione, con avvertimento che la mancata ottemperanza alle sanzioni inflitte
costituisce illecito disciplinare ai sensi dell’art. 13 G.R.
Così deciso in Roma, all’esito dell’udienza del 16 giugno 2015.
PRESIDENTE: F.to Prof. Avv. Giuseppe Sigillò Massara
RELATORE: F.to Prof. Avv. Daniele Piva
CONSIGLIERE: F.to Avv. Paolo Clarizia