Save the bretons”: un progetto ENPA per un caso di “animal hoarding”
Quello dell’accumulo seriale può all’apparenza sembrare un banale problema che spesso ci riguarda un po’ tutti: c’è chi ama accumulare scarpe, giornali, indumenti, scatole vuote o tanti altri oggetti, anche futili, dai quali non si riesce a distaccarsi. Quando questo impulso di accumulo diventa però un’ossessione si configura una vera e propria patologia, ovvero il disturbo da accumulo (DA), recentemente inserito nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders nella macrocategoria del “Disturbo Ossessivo Compulsivo”.
L’accumulo causa inevitabilmente una congestione della casa, con un conseguente aggravamento delle condizioni igienico sanitarie.
Esistono però, purtroppo, persone che non accumulano oggetti, bensì animali, solitamente cani o gatti, definiti “animal hoarding”. E qui la situazione prende tutta un’altra piega, poiché si va a configurare un vero e proprio reato di maltrattamento.
Inizialmente dettato magari da un desiderio di aiuto verso gli animali, la “sindrome di Noè” nasconde invece un pericolo enorme per loro. È un fenomeno diffuso e spesso nascosto, proprio perché apparentemente può essere scambiato per un comportamento dettato da un sentimento d’amore per gli animali e non come un disturbo mentale.
Si tratta invece di un amore distorto e malato, che provoca gravissimi danni, e spesso la morte, negli animali che ne sono vittime.
Recentissimo un episodio di questo tipo avvenuto nel pavese, i cani sequestrati sono adesso nelle mani dei volontari dell’ENPA, e avranno quindi una possibilità di salvezza.
Ci spiega che cosa è accaduto e cosa comporta questo disturbo il presidente del consiglio nazionale e responsabile della comunicazione di ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali), Marco Bravi, che ringrazio per la sua disponibilità.
Che cosa è accaduto esattamente?
Un caso eclatante di accumulo compulsivo di cani, tutti di razza Breton, in un girone infernale a metà fra l’allevamento amatoriale portato all’eccesso e la totale disattenzione alle regole minime di buon senso e principi etologici di benessere animale.
Quanti cani sono stati trovati?
In questo caso parliamo di 38 animali fra adulti e cuccioli.
In che condizioni vivevano?
Uno spazio angusto e buio, senza neanche vedere la luce del sole. Le condizioni igieniche erano penose e gli animali non avevano alcun rapporto di socializzazione e cure.
Quel è la difficoltà maggiore o meglio i disturbi sia sul piano comportamentale che fisico che questi cani possono sviluppare?
La negligenza nella gestione, la forzata stretta convivenza, la consanguineità nella riproduzione, la custodia in un ambiente non sano hanno portato allo sviluppo di dermatiti e patologie varie.
Sono altrettanto importanti le fobie acquisite da una gestione impropria o assente. Sono animali che richiedono un percorso di recupero comportamentale fatto di attenzioni, rassicurazioni continue, pazienza. Tendenzialmente non hanno reazioni aggressive, ma la paura acquisita può portare a reazioni incontrollate che vanno assecondate e corrette con pazienza e voglia di mettersi in gioco. I nostri volontari e veterinari che se ne stanno prendendo cura sono eccezionali e sono certo che faranno di tutto per affidare gli animali equilibrati, stabili e in ritrovata salute.
Come è avvenuto il sequestro?
Come sempre è indispensabile la collaborazione della veterinaria pubblica, dell’Autorità giudiziaria e del Comune, nonché le segnalazioni dei cittadini. Non tutti sanno o ricordano che la Legge attribuisce al Sindaco la funzione di massima autorità sanitaria. Sono quindi i Comuni quelli che dovrebbero essere i primi interessati a monitorare questi casi e intervenire prima che sfocino in veri e propri maltrattamenti.
Quanto occorre per curare questi animali?
Va tenuto presente che il mantenimento di un animale in salute richiede, fra cibo e cure veterinarie circa 1.000€ l’anno. Questi animali ora richiedono cure importanti, più un’osservazione e un recupero comportamentale competente e continuativo.
ENPA ha creato un progetto per questo…
“Save the Bretons” parte da un caso specifico per sensibilizzare la cittadinanza su un problema diffuso e che determina una grave sofferenza per gli animali. Purtroppo molto spesso c’è una sottovalutazione da parte delle Istituzioni, un “tirare a campare”, una totale disattenzione da parte dei servizi di assistenza sociale. Non bisogna dimenticare che, molto spesso, queste situazioni partono dalle inadempienze sulla gestione del randagismo da parte degli organi preposti che tendono a “scaricare” il problema su persone di buon cuore che diventano, alla lunga, prigioniere della propria bontà.
Quanti casi del genere ha visto nella sua esperienza?
Purtroppo non sono rari e recentemente sempre più frequenti. Nell’ultimo anno ho avuto a che fare direttamente con circa una quindicina di situazioni. Senza arrivare ai casi di sociopatia, la nostra Società tende a isolare, spingendo dapprima alla solitudine e poi al rifiuto dei rapporti sociali, trovando negli animali quell’affetto, quella comprensione e soprattutto quella riconoscenza che gli umani hanno dimenticato. Quindi l’innesco è quasi sempre generato da un sentimento, comprensibile e in parte condivisibile, che poi si esaspera e diventa patologico.
Che cosa spinge una persona a un comportamento del genere?
Accumulare evidenzia un problema psicologico legato al possesso, alla presunta impossibilità di “lasciare le cose”. Quando si tratta di oggetti, molto spesso incide in maniera importante la pigrizia o una malattia debilitante. Ma quando ci sono di mezzo gli animali il fenomeno è più complesso, perché aumentano le incombenze, le fatiche, le preoccupazioni. A parte i casi patologici di accanito maltrattamento, quasi sempre il protagonista si sente salvatore del mondo, si considera l’unico che può guarire quegli animali, non accorgendosi o minimizzando i disagi che man mano aumentano. Il problema, è bene chiarirlo, non è direttamente proporzionale al numero, se si dispone di molto spazio e dei mezzi che gli animali richiedono, unitamente a una buona conoscenza dei comportamenti e dell’etologia, i numeri gestibili sono anche importanti. Ma molto spesso i casi che ci troviamo ad affrontare riguardano appartamenti di pochi metri quadri con decine di animali.
Che cosa fa ENPA e che cosa possiamo fare tutti di fronte a questi fenomeni?
Come in tutto la prevenzione è importantissima. Se avete un amico, un parente, un vicino che comincia ad accumulare animali non avendo lo spazio adeguato per detenerli e/o la possibilità, anche economica, di curarli e nutrirli al meglio, fateglielo presente. Se non basta, segnalate al Comune di competenza che può applicare le restrizioni di numero basate sulla normativa regionale e locale, senza dimenticare che la necessità prioritaria è comunque la buona ricollocazione dei soggetti eccedenti.
È fondamentale bloccare la proliferazione attraverso la sterilizzazione ed è questo, ove possibile, il primo supporto che diamo come ENPA, oltre a prodigarci per trovare una nuova e più adeguata casa alle vittime, che sono gli animali, nonché un supporto alla situazione di disagio che quasi sempre accompagna l’accumulo compulsivo.
Chi vuole avere maggiori informazioni o proporsi per un’adozione a chi può rivolgersi?
Per il caso specifico è utile contattare direttamente la sezione di Pavia all’indirizzo pavia@enpa.org . Ma ricordate che dare una nuova casa a un animale deve essere una scelta consapevole che deve considerare tutti gli aspetti logistici e di disponibilità per tutta la durata della sua vita. L’amore per loro è per sempre, è un dono inestimabile per chi adottate ed un aiuto importante per le nostre sezioni, che hanno sempre una disponibilità limitata di posti per aiutare nuovi soggetti. Cercate quella più vicina a voi su www.enpa.it . Verrete ricompensati dalla riconoscenza infinita che solo un animale può darvi.