Ricordi di un ippico appassionato sotto il sole d'agosto
Eboracum ! Va bene anche Ebor come il nome che fu dato , oltre che a York, al super handicap sulla lunga distanza che si corre durante il meeting più importante dell’anno per l’ippodromo e che andrà in scena appunto tra pochi giorni. Eboracum dunque Roma , i Romani ed il proprio impero che pose nel Vallo di Adriano il confine settentrionale , un centinaio di km sopra York.
Ebor fu fondata nel 71 d.c. Oggi vanta oltre 150.000 abitanti, commercialmente è forse meno importante della vicinissima Leeds e poco più a sud ovest ecco anche Manchester e Liverpool. Imperdibile la sua Cattedrale cosi come il Castello e le antiche mura, la sua facoltà di Scienze Politiche che pare sia numero uno in Europa. E per noi inguaribili ippici ? Santo cielo , non ti puoi definire autentico turfman se almeno una volta non hai speso una settimana in agosto per assistere ad uno dei meeting che hanno fatto e continuano a fare la Storia del galoppo. Negli anni 70 e fino almeno alla metà degli 80, nelle stagioni felici del nostro turf , con i consueti amici di sempre e nella certezza di trovarne poi sul posto anche altri, più di una volta , fieramente, siamo riusciti a realizzare una full immersion strabiliante. Certo ora vedi tutto sul cellulare, in tv, sul computer in diretta o al massimo poche ore dopo. Lo ammetiamo, dal punto di vista dello studio e della conoscenza va benissimo, forse è anche meglio per un approfondimento. Eppure dal punto di vita della formazione del proprio retroterra culturale, sociale e di costume nulla è paragonabile alla frequentazione diretta sul campo. Vale per ogni ippodromo e per sempre. Non dimenticatelo.
In che cosa era costituita la nostra “full immersion” al galoppo in agosto ? Ultimo venerdì di luglio decollo all’alba da Fiumicino , Japan airlines allora economica, destinazione Londra. Senza aquile selvagge alle 11 , guadagnando un’ora, lasciavamo tutti la valigia in albergo ( la economia del Paese ci permetteva persino l’Hyde Park o il Grosvernor) e , di corsa, da Victoria si filava ad Ascot per , allora, le Princess Margareth. Rientro a Londra, sera in qualche Club, di solito il Victoria per cenare e saggiare il tavolo verde, poi immancabilmente , a mezzanotte, a Piccadilly per attendere il primo strillone di Sporting Life con le copie ancora fresche di inchiostro. Eh si altri tempi ma davvero indimenticabili. Studio notturno ed il giorno dopo di nuovo ad Ascot per le King George. La domenica , a quei tempi, niente corse e quindi mattina in qualche museo o in giro per la città ma alle 13 picnic ad Hyde Park, si era anche in parecchi. Un salumiere italiano che viveva sopra il negozio a due passi da Kensington ci preparava un cestino pieno di leccornie ( pagava chi aveva eventualmente vinto il giorno prima), ci dava anche un plaid e via di corsa verso il parco, ovviamente in caso di tempo decoroso. Poi la sera stesso copione con giornale notturno.
Lunedì toccava a Windsor, prima in treno e poi ultimo tratto suggestivo in battello sul fiume. Corse cosi cosi ma servivano per tenersi in esercizio e poi alle 19,30 erano terminate bene in tempo per la solita sortita londinese a meno di non virare sulle corse dei cani a Wimbledon o White City, tanto per toccare il fondo del barile. Il martedì via tutti in treno verso Goodwood e il suo meeting, il Glorious meeting. Un sogno. Di solito soggiorno a Chicester al Dolphin and Anchor Hotel, si noleggiava una macchina e in pista si faceva gruppo con altri appassionati che venivano da altre parti di Italia. Il sabato il meeting terminava e qui veniva il bello. Da un aeroporto nei dintorni decollava un vecchio Fokker a elica che conteneva una quindicina di passeggeri, solo noi eravamo almeno la metà, e, regalandoci emozioni di volo stile seconda guerra mondiale( era finita da trenta anni soltanto) , sorvolava la manica per atterrare in zona Deauville. Eh si perché un paio di settimane sulla costa normanna, piena di appassionati italiani, oltre a divertirti permettevano di fare un bel pieno di corse, tipo Marois e Morny ma con tutto il resto.
Per risparmiare di solito si alloggiava a Blondville sur mer a tre km ma con macchina noleggiata tutto diventava facile. Dopo le due domeniche , solito Fokker che ci scaricava il lunedì a Londra , poi treno fino appunto a York per il meeting estivo. Per la cosidetta cronaca, non ci facevamo mancare nulla, dopo York puntata veloce il sabato a Goodwood per il Mile e con il solito velivolo stile Casablanca di nuovo a Deauville perché la domenica si chiudeva con il Grand Prix , le Aste e finalmente da Parigi ci si imbarcava per Roma. Sempre meglio che lavorare …. Ed invece era più di un lavoro perché quel mese ( nel corso dell’anno ovviamente anche Ghinee, Epsom, Arco, finale Champion allora a Newmarket) costituiva un momento di altissima formazione ed apprendimento , un retroterra colto indelebile.
Dunque York come tra qualche giorno per chi ne avesse voglia. Sistemazione pazzesca. Post House Hotel , il cui edificio lambiva la dirittura di fronte della pista. Ti alzavi la mattina , aprivi la finestra ed eri idealmente dentro l’ippodromo. In effetti ci si andava, tutti gli ospiti dell’albergo erano ovviamente ippici, proprio attraversando la pista, con carezza immancabile al palo di arrivo ed emozione incorporata indescrivibile. Appena si raggiungeva la zona delle tribune , come per incanto, si veniva avvolti da un profumo incredibile di cioccolata. Troppo forte per essere il frutto della passione di qualche anziana signora nei vari Bar. In realtà proprio dinanzi all’ingresso vero dell’ippodromo esisteva , allora, il complesso industriale della cioccolata Terry, a pieno regime. Diffondeva questo aroma che rendeva unica la atmosfera, con gli anni ci si abituava. Pronti per la tre giorni allora. Benson, Yorkshire Oaks, Gimcrack, Nunthorpe, Great Voltigeur, Lowther, Ebor Handicap e non solo . Una meraviglia. Tra giugno e agosto mamma Inghilterra ci regalava il summit mondiale in tre meeting pazzeschi cui poi facevano seguito quelli di Doncaster e Newmarket ed ora anche di nuovo Ascot con il suo Champion Day. In quegli anni invece le Champion si disputavano, secolarmente, a Newmarket. Per carità, anche il resto del mondo era alla altezza, ci mancherebbe, pensiamo , in Europa alle corse francesi e irlandesi. La visione mercuriana e pienamente cosmopolita del turf è patrimonio degli ultimi 30-40 anni e noi la sottoscriviamo in pieno anche se ci culliamo nel ricordo nostalgico e struggente di quegli anni stupendi.
A York si sono infranti il Brigadiere e Grundy, meglio dimenticare ma non tutto il resto, sia per eleganza, per selezione, per contesto. La valigia dei ricordi è talmente piena che non si riesce a chiudere. Uno nella nostra memoria fa costantemente capolino e premio sugli altri. Ah che giornata quella della Benson 76. Gli anni 70 furono straordinari per la cultura del turf italiano : Carlo Vittadini, Carlo D’Alessio, Luca Cumani ma anche Boffa, Gatto Roissard, sempre Dormello, la Ascagnano di Dapelo e coloro che maldestramente dimentichiamo citando a memoria. Grundy, Bolkonsky, Habat, Patch, Ortis, Orange Bay, Le Moss , Wollow, Valeriga, Mannsfeld, Ribecourt, Vaguely Deb, Three Legs, Freeze the Secret e tutti gli altri. Si, era un vero motivo in più per non mancare. Come in quelle Benson che sono nel nostro cuore. Tutti al Post House naturalmente. Wollow doveva dimostrare di poter essere Campione anche a 2100 metri. Cecil gli aveva già dato gli allori delle Dewhurst e delle Ghinee. Il rivale si chiamava Trepan, temibilissimo. Il nostro campione ne fece un sol boccone e Gianfranco Dettori diede immenso saggio della sua classe sconfinata. Fu una apoteosi ma non è la corsa che la nostra mente ricorda, meglio non solo quella. Fu indimenticabile il contesto e la gioia enorme che ci procurò. A York in quella circostanza con Carlo D’Alessio venne anche Guido Berardelli , allora presidente Unire, con zia Liliana, poi c’eravamo noi con Sandro e Daniela, Gianfranco Dettori ovviamente e con Cristina . Incredibilmente , forse fiutando la impresa sportiva, Guido Berardelli “benevolmente” costrinse alla trasferta Piero Golisano ( rinunciò alla sua barca a vela) , indimenticabile direttore generale dell’Unire per trenta anni. Oggi forse a chi da una trentina di anni frequenta le corse il suo nome, ingiustamente dimenticato, dice molto poco. Bene sappiate che fu un gigante e se il mondo dell’ippica , amministrativamente, fu splendido per oltre 40 anni lo dobbiamo al suo straordinario lavoro. Il suo segreto era uno soltanto : non amava le corse assolutamente ma nel contempo amava il settore che poteva valutare senza mai essere di parte come capitava chiaramente a ciascuno di noi divorato dalla passione. La sua forza era il distacco sereno. Per renderlo partecipe, in quei tre giorni, gli proposi di fare società per scommettere. Alla Mandrake ovviamente : quando si vinceva avevo scommesso da solo, quando si perdeva eravamo in società. Benevolmente fece finta di non accorgersi anche perché , invece di guardare la corse, continuava a prendere appunti di ogni genere sulle strutture, le tecnologie, non mancando di fare una sortita per discutere con la dirigenza di York. Caro Piero, baluardo dell’Unire al centro del mondo ippico.
Che gioia quella sera dopo le corse. Tutti a cena ospiti del “ Tigre” il soprannome coniato da Luca Cumani per Carlo D’Alessio. Non lo abbiamo mai più visto cosi felice, un sentimento che raramente esternava pienamente. Solo un’altra volta lo abbiamo visto aprirsi, quando nel 94, alla Taverna dell’Orso ci volle tutti, un centinaio, a festeggiare i suoi 80 anni. Sapeva che era prossimo al congedo e fu di tenerissima umanità. Quella sera e quella di York sono impresse nella nostra memoria di testimoni del tempo ippico per oltre mezzo secolo pieno. Erano tutti euforici, Guido e Carlo su tutti ma anche Gianfranco era in vena di confidenze . Ah fosse andato in Inghilterra prima…. Chissà. Ci restano le due Ghinee, quelle irlandesi con Pampapaul, le Sussex, le Benson e tutto il resto. E’ Gianfranco e basta, il fantastico fantino che abbiamo avuto la fortuna di vivere e con amicizia. Lanfranco era di la da venire…. Già Carlo D’Alessio, per favore non scherziamo , quando parliamo di lui dovremmo ogni volta alzarci in piedi e toglierci il cappello. E’ stato immenso e gigantesco.
Con Carlo Vittadini ha disegnato la figura anche italiana del grande proprietario internazionale ed in quella epoca muovevano i primi passi gli Sceicchi, c’erano ancora le grandi formazioni americane degli Engelard, Mellon, Hunt, Guest e non solo. Carlo D’Alessio tenne testa eccome. Due ultime citazioni. Il giorno dopo la vittoria a Goodwood di Le Moss e di Valeriga lo Sporting Life titolò a tutta prima pagina “ a Dream for Carlo”. Unico. Come il fatto di riuscire a vincere per due volte di seguito le 2000 Ghinee , non accadeva da oltre 130 anni quando Bolkonski e Wollow impressero il loro nome nell’albo d’oro. Eh si, sempre meglio che lavorare…..