Ricordando Grundy e Bolkonski: due campioni che ci invitano a riflettere
Per gentile concessione di Trotto e Turf, continua su cavallo2000, il racconto dei grandi personaggi (uomini e cavalli) del galoppo tratteggiato dalla penna di Mario Berardelli, il nostro punto di riferimento per il turf declinato a cultura e tradizione.
1972, cinquanta anni fa : anno di nascita di due cavalli, ovviamente Campioni, che possiamo ritenere emblematici o almeno assertivi di un momento di grande presa di coscienza e di rinnovato slancio del nostro Galoppo. Non parliamo di rivoluzione, al contrario di ribadita continuità di quella dimensione e di quel respiro cosmopolita e mercuriano che è sempre stato nel nostro “dna” e che , periodicamente , ha necessità di essere con forza rigenerato per consentire quella continuità di comportamento altamente colto che ci ha permesso di restare per un secolo pieno autenticamente nel Turf internazionale persino, a tratti ricorrenti, in posizione di risalto nobile.
Oggi e da un decennio la impressione , causa eventi avversi a tutto campo, è che questo alito “cosmopolita e mercuriano “ sia venuto meno e che il turf italiano abbia abdicato al suo autentico ruolo esistenziale ( fare selezione per essere al passo e competitivamente con il resto del mondo) . Noi non lo crediamo, pensiamo al contrario che sotto la cenere esista ancora e viva quel fuoco che arde nelle nostre anime. E’ per questo che “ mahlerianamente” , noi come altri, non facciamo la guardia alle ceneri ma tentiamo in tutti i modi di tenere vivo quel fuoco . E’ questa la necessità del momento che viviamo ed è sommamente il compito di coloro, molti emblematicamente nati in quegli anni 70, che hanno con gioia e consapevolezza preso in mano le sorti del nostro Turf.
Debbono far si che , come periodicamente è sempre accaduto, vengano resettate le priorità del nostro agire, venga riavviato quel volano ideale di cultura ( chiaramente anche attraverso interventi istituzionali mirati) che spinga poi i nostri operatori a intuire ed identificare la strada da percorrere per continuare ad essere ciò che sempre siamo stati. Compito arduo ma obbligatorio ed eroicamente meritorio. Ci riusciranno, vedrete. Il resto verrà da se, più semplicemente di quanto si creda, il difficile è creare le condizioni del recupero di questa identità. Che è fil rouge del nostro Turf da ben oltre un secolo pieno, idealmente possiamo dire da quando, prima decade del 900, il Cavalier Edoardo Ginistrelli osò misurarsi nientemeno nella madre patria del Turf.
A Newmarket concepì e allevò Signorinetta che consegnò alla gloria di un doppio strabiliante in tre giorni : Derby e Oaks di Epsom. Il nostro sentire mercuriano era , in un galoppo di dimensioni contenute ma coltissimo, già vivo e dimostrato da importazioni di stalloni vincitori importanti e dalla presenza nel nostro mondo , negli anni che vanno dalle ultime due decadi dell’ottocento fino alla prima guerra, di operatori professionisti stranieri capaci di costruire le basi intellettuali e colte del nostro turf creando professionalità italiane ben in grado di continuare il cammino. Una ansia di confronto che sarebbe stata anche nell’agire di Felice Scheibler se non fosse stato rapito dai suoi interessi in Africa ma che fu pienamente, ad esempio, in Federico Tesio e Giuseppe de Montel che accesero quella miccia negli anni 20 che fu vivissima fino alla seconda guerra , trascinando nella impresa di rendere il nostro galoppo certamente internazionale altri grandi come i fratelli Crespi, Gino Mantovani, Luchino Visconti e non solo.
Un comune sentire che improntò l’agire di due decenni e che si rigenerò miracolosamente anche dopo la seconda guerra culminando nei meravigliosi anni 50 e primi sessanta quando il nostro galoppo seppe esprimersi attraverso campioni come Tenerani, Nuccio, Botticelli, Ribot, Molvedo, Marguerite Vernaut, Prince Royal, Rio Marin , Sedan e non solo. Uno spirito che fu riacceso splendidamente negli anni 70 la cui onda lunga seppe portarci fino alla prima decade del 2000 o quasi quando una sorta di “maleficio” fiabesco ci ha sospinto in questo medio evo attuale dal quale dobbiamo assolutamente e presto uscire per essere degni, ad esempio, della grandezza del nostro mondo del Trotto.
Per questo, a 50 anni dalla nascita, celebriamo due Campioni , non furono certo i soli sia chiaro, che possiamo ritenere emblematici del nostro ennesimo “Rinascimento” : Grundy e Bolkonski. Che furono anche una delle molteplici proiezioni nobilissime della strabiliante personalità e grandezza dei loro proprietari, Carlo Vittadini e Carlo D’Alessio. E’ a loro, a nostro avviso, che dobbiamo quella rigenerante spinta intellettuale che coinvolse davvero e per trenta anni la parte migliore del nostro mondo del galoppo che fu capace di dare continuità secolare ad un intendere il Turf pienamente in maniera mercuriana.
La competenza di ogni lettore è tale da permettere di dare nome e volto alla molteplicità di altri proprietari, allevatori, allenatori, fantini e ovviamente cavalli capaci di dire del nostro mondo nella maniera più alta e nobile possibile. Celebrando il cinquantesimo di Grundy e Bolkonski noi vogliamo idealmente fare altrettanto per tutto il nostro settore ed insieme auspicare appunto quel recupero indispensabile di identità prima che non sia troppo tardi. Per fortuna anche in questo periodo anche se episodicamente siamo stati capaci di dare esaltanti segnali di vitalità. C’è un pomeriggio in cui il destino ha voluto che i due Campioni incrociassero le loro strade. Un giorno che a posteriori assume un volto quasi sacro : quello delle comuni 2000 Ghinee di Newmarket in cui Bolkonski concluse vincitore con in sella il nostro crack jockey Gianfranco Dettori e Grundy fu il suo runner up . Quello è il momento in cui il nostro Turf si è nuovamente consacrato gigantesco, come nel pomeriggio di Ortello e poi Crapom a Longchamp, di Nearco a Parigi, di Botticelli ad Ascot, di Marguerite Vernaut a Newmarket , di Molvedo e Nuccio e di Ribot ovunque e sempre .
Quel pomeriggio, alla presenza, siamo nel 1975, di almeno 150 italiani compreso chi scrive, ancora di più di sempre , noi come ogni appassionato, abbiamo sentito enormemente la fierezza e l’orgoglio di vivere il nostro turf. Prima e dopo quel pomeriggio le strade dei due seguirono percorsi diversi. Grundy , allevato dallo Overbury stud, fu acquistato da Carlo Vittadini in Asta e come per ogni cavallo di proprietà anche in questi caso il nome deriva dalla sintesi di quello dei genitori. GR viene dalle prime due lettere di Great Nephew il padre e UNDY dalle ultime del nome della madre Word From Lundy che era una Worden garanzia di tenuta alla distanza ( linea Wild Risk) forse meno accentuata e più brillante nella origine del padre che era, attraverso Honeyway , un continuatore di Fairway. Un pedigree ben bilanciato ad un prezzo abbordabile, come fu quello di Bolkonski.
Grundy fu lasciato in allenamento in Inghilterra da Peter Walwyn ed il suo interprete canonico è stato Pat Eddery. Ha corso a due e tre anni. Nella sua stagione giovanile , dopo le Champagne di Doncaster sui 1400, si consacrò leader generazionale ancora sui 1400 ma delle probanti Dewhurst di Newmarket, eravamo presenti, uno dei cinque gruppi uno vinti in carriera. A tre anni dopo il secondo posto al rientro nelle Greenham occupò lo stesso piazzamento nelle Ghinee storiche appena citate ma poi infilò la pazzesca suite composta da Ghinee Irlandesi ancora sul miglio, dal Derby di Epsom, da quello del Curragh fino al leggendario trionfo di Ascot nelle King George che nell’immaginario collettivo ippico saranno per sempre la corsa del secolo. Quella del duello titanico con Bustino ( Hern , Mercer) emozione pazzesca che abbiamo vissuto sulle tribune di Ascot. Purtroppo a quel trionfo seguì la disfatta, come fu per Brigadier Gerard, nelle Benson di York. Alla fine della stagione entrò in razza ( 137 la valutazione del racehorse) ma la sua produzione non è stata pari alla sua splendida carriera di corse. Per renderci meglio conto della eccezionalità del nostro movimento e ovviamente di Carlo Vittadini pensate che proprio in quell’anno di grazia la giubba blu e gialla oltre al derby del Curragh e di Epsom trionfò in quello delle Capannelle con Orange Bay e mancò per una “narice” quello di Chantilly con Patch( allevato come Orange Bay da Vittadini) battuto sul palo da Val de L’Orne. Una straordinaria avventura internazionale iniziata quasi 15 anni prima con Exar inviato in Inghilterra a vincere la Doncaster Cup dopo esemplare carriera in Italia. Bolkonski rappresentò invece per Carlo D’Alessio il primo grande successo mondiale. L’avvocato diede al sauro da Balidar il nome del principe Andrej Bolkonski, uno dei principali protagonisti di Guerra e Pace, forse intuendo nel puledro vocazione eroica e grande tempra. Chiaramente miler nella sua costruzione genealogica soprattutto paterna poiché in gran parte era tale la linea di Tudor Minstrel e Will Somers . Il miglio fu la distanza in cui si esaltò. Fu plasmato a dimensione atletica e agonistica da Sergio Cumani che , dopo due assunti iniziali, a due anni lo lanciò nel Tevere alle Capannelle dove la scuderia aveva anche Laomedonte che era il favorito ma giunse terzo. Ovviamente a vincere fu Bolkonski che in quella pattern si rivelò a pieno al punto che, durante l’inverno pisano, proprio Sergio Cumani spinse Carlo D’Alessio a provare a spostare il cavallo a Newmarket da Henry Cecil presso il quale stava facendo il suo stage di assistente il figlio Luca che poi diventò uno dei più importanti trainer internazionali. Bolkonski fu per Henry Cecil la prima consacrazione classica e per Carlo D’Alessio l’inizio di un quindicennio formidabile tra Italia e Inghilterra con Cecil e con Luca Cumani. Per comprendere anche qui la grandezza del nostro movimento e ovviamente di Carlo D’Alessio è sufficiente ricordare che subito dopo Bolkonski il team vinse di nuovo le 2000 Ghinee con Wollow, circa 130 anni dopo che un bis immediato fu messo a segno da un proprietario in questa classica. Un fatto storico come per il nostro galoppo vincere anche per due anni di fila le Dewhurst perché dopo Grundy le vinse anche Wollow. Il figlio di Balidar raggiunse dunque Newmarket, saggiò il tracciato nelle Craven, vinse le Ghinee tricolori, bissò nelle St James Palace e si consacrò miler numero uno contro gli anziani nelle Sussex a Goodwood guadagnando, prima di entrare in razza, un probante 134 di Racehorse. Sono trascorsi 50 anni dalla nascita dei due Campioni , il nostro turf ha continuato a vivere in maniera esaltante la sua missione colta , ancora pochissime stagioni orsono la genialità dei nostri allevatori e proprietari ha saputo tenere alto il vessillo della nostra cultura e lo stesso hanno saputo fare, fatto nuovo nella nostra storia, allenatori e fantini che hanno avuto il coraggio di lasciare il nostro paese per farsi onore ai massimi livelli in ogni parte del mondo. La nostra celebrazione non è dunque una commemorazione, al contrario, ne siamo certi, sarà viatico per la nostra ennesima conferma e ripartenza. Abbiamo un retroterra di cultura che sarà volano per tanti altri meravigliosi momenti di gloria.