Quando la conoscenza può fare la differenza tra morte e vita
Avere un animale, di qualunque specie esso sia, è una grande responsabilità. A volte ci sono momenti difficili da attraversare, in quanto proprietari, situazioni che mai avremmo voluto affrontare. Ma il giorno in cui diventiamo proprietari di un cavallo, dobbiamo sapere che è nostro dovere difendere i suoi diritti. Uno di questi, fondamentale, è assicurargli un’esistenza priva di sofferenza.
Oggi ho saputo della morte di un cavallo che conoscevo, un bellissimo cavallo, giovane. Il suo proprietario ha voluto porre fine alle sue sofferenze, scegliendo di farlo abbattere. Decisione risoluta e compassionevole, nel caso in cui non ci fosse stata altra scelta. Purtroppo però, questo cavallo oggi avrebbe potuto essere ancora vivo. Da qui la mia profonda tristezza e rabbia, perché adesso non c’è rimedio a una vita finita e a una persona che ha fatto del male anche a se stessa, separandosi da un essere che amava. Il punto è che costui ha agito a fin di bene, nella convinzione che non esistesse un’alternativa, probabilmente sostenuto nella scelta da un veterinario qualificato.
Era un caso di laminite recidivante.
Tanti cavalli ogni giorno sono vittime dell’ignoranza, che purtroppo è un grande male dell’umanità ed è impossibile pensare di sconfiggerla a colpi di articoli online. Qualcosa però nel mio piccolo posso fare, come portare la mia testimonianza.
Ho avuto tanti cavalli, e tutti portavano i ferri. Tanti anni fa non mi interessavo al lavoro del maniscalco, poi con il tempo ho iniziato a stare a guardare e chiedere cose, volevo capire.
Il movimento Barefoot (piede scalzo) negli ultimi 10 anni ha cominciato a diffondersi, e spesso mi è capitato di incontrare persone che lo praticavano. Tuttavia non pensavo che fosse un sistema sensato, avevo visto cavalli muoversi in modo trattenuto, come sulle uova, anche dopo anni senza ferri. Era radicata in me la teoria secondo cui la ferratura, se ben fatta, poteva solo far del bene al cavallo e che queste moderne teorie naturali mettessero solo il cavallo in una situazione poco confortevole vista la richiesta di lavoro quotidiano.
Uno degli eventi che portarono il cambiamento nella mia visione delle cose fu vedere Monsieur Karl montare High Noon alla fiera di Amburgo nel 2013, alla sua prima apparizione pubblica con questo cavallo. High Noon si muoveva come una pantera; splendido nell’energia, nell’eleganza e nella leggerezza. Notai che era senza ferri, e devo ammettere che fu una sorpresa.
Poco dopo cominciai a frequentare una persona che praticava il Barefoot da diversi anni, che mi spiegò le basi di questo sistema. Avevo appena portato a casa il mio puledro di 3 anni, che mai aveva portato i ferri, e questa fu un’ottima ragione per approfondire le mie conoscenze in questo campo, dato che volevo fare la cosa migliore per lui. Nel giro di un anno decisi, per necessità, di sferrare la mia cavalla in seguito ad una zoppia di origine poco chiara; mi ritrovai così a gestire due cavalli scalzi.
Vivevano dall’inizio in paddock ben drenati dal terreno non privo di sassi di tutte le misure con un’alimentazione il più naturale possibile, solo fieno di ottima qualità, erba e avena intera in quantità moderata. Questo fu determinante nella transizione (passaggio dal piede ferrato al piede scalzo, della durata di 8-12 mesi) della cavalla, che contrariamente alle aspettative di tutti fu più facile del previsto. Passai così dal maniscalco al pareggiatore, scoprendo che i principi del rispettivo lavoro erano ben diversi, come la pratica stessa. Da quel momento ho cominciato a capire come funziona correttamente il piede di un cavallo, di cosa ha bisogno e cosa serve fare per mantenerlo funzionale. La transizione della mia cavalla mi ha permesso di vedere come un piede può modificarsi, in negativo per effetto del ferro e in positivo nel riavvicinamento alle condizioni naturali ideali. Dall’altra parte il mio puledro mi ha fornito dall’inizio il piede naturale - con parecchio margine di miglioramento.
Non sono mancati nel mio percorso scambi di opinioni con esperti del settore, letture complicate di articoli su innovative teorie di locomozione come di libri sulla pratica del piede scalzo. Supportata costantemente da un mio allievo e amico che pratica il Barefoot dai primordi di questa disciplina in Italia, col tempo ho abbandonato il pareggiatore per dedicarmi personalmente alla cura del piede del mio cavallo.
Ora sono fornita di un equipaggiamento per il pareggio di tutto rispetto e spesso sorrido quando in scuderia sono io a sistemare su richiesta di altri proprietari qualche unghia spaccata o anche qualche chiodo che sporge dalla muraglia.
Il mio cavallo va su tutti i terreni con piede saldo e sicuro senza bisogno di scarpette (utili soprattutto nei casi di transizione difficile o per percorsi lunghi e accidentati) e sono i suoi stessi piedi a darmi la conferma della correttezza della mia gestione. Una volta un illustre personaggio mi disse “I buoni piedi sono assolutamente elementari” e non c’è niente di più vero. È lo stesso piede, per chi sa leggerlo, a fornire le linee guida di un pareggio corretto, come le zone da lasciare intatte. Una regolata frequente e minima permette di mantenere il piede sempre integro e funzionale, nel minor dispendio di energia per l’uomo e massimo beneficio del cavallo.
Una corretta gestione del cavallo scalzo può richiedere pratiche non comuni alla maggior parte dei cavalieri, io posso dire che questa strada è una continua scoperta e conferma del benessere del mio amico. La laminite è grave, ma si può risolvere e soprattutto si deve prevenire con una corretta gestione naturale del cavallo.