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  • Processo ai cavalieri di oggi - 1
  • Equitazione
  • Giovanna Binetti
  • 27/07/2011

Processo ai cavalieri di oggi - 1

I PASTICCI di oggi in Italia nei concorsi ippici arrivano da basi sbagliate, rigidezza, fretta, scelte sbagliate al momento sbagliato, confusioni. Napoleone….partiamo da lì …. si arrabbiò tantissimo con un ufficiale che gli portò cavalli ballerini addestrati a saltellare sul posto inutili per le sue cariche…. Di certo sarebbe stato contento di Caprilli, che per utilitarismo dei tempi fu, obtorto collo per alcuni, capito, studiato, utilizzato. Servivano cavalieri coraggiosi che sapessero galoppare contro il nemico, saltando quello che trovavano in campagna, senza cadere. Come si riesce a fare, se  si sta in equilibrio nella dinamica, prima, durante, dopo, ogni salto. “Pestando” sulle staffe, con il ginocchio piegato e che spinge verso il basso, come su di una cuneetta in sci. Comunque la cavalla Itala con cui Caprilli dimostrò il suo metodo in libertà, era stata prima lavorata in piano, con il lavoro atto a far accettare i comandi, che arrivavano dall’equitazione di scuola, poi sfociata nella disciplina del dressage; i cosidetti “aiuti”.

LIBERTA’ sì, ma fino ad un certo punto e le imboccature sono sempre state un freno della macchina cavallo, tanto è vero che in tempi lontani si chiamavano solo “freno” e poi il freno è stato chiamato tutto ciò che serve a …fermare… qualsiasi altro mezzo di trasporto, comunque in curva, in automobile, in motocicletta non si frena, se no si va fuoristrada. Ai tempi di Caprilli, il cavallo era il mezzo più veloce….chi sciava girava col telemark, con un piede avanti ed uno indietro ed un bastone su cui fare perno per  le curve, mi dicono che già allora c’era, per quello sport, la “flessione, distensione, inginocchiamento”. Le montagne erano deserte, le piste non esistevano, si andava in neve fresca. Di motociclette non  ne  esistevano molte, le biciclette avevano ruote davanti giganti, che dire delle automobili per far dei paragoni con gli attuali mezzi di trasporto?…Fino al 1853 non c’era il motore a scoppio…e poi prima che i veicoli a motore diventassero più veloci dei cavalli bisogna arrivare a…tempi ben successivi alla Belle Epoque. Mentre il mondo ed il progresso tecnologico avanzavano, si continuava a correre negli ippodromi sui purosangue in pista, accorciandosi sempre più le staffe,  (2011: belle le lezioni di Filippo Moyersoen, viste in televisione, memore degli insegnamenti di Raimondo D’Inzeo che aveva corso anche in pista, oltre che in completo, come il fratello Piero). Lezioni in cui Filippo insegna a fare gli allungati a galoppo leggero, a raccorciare sempre a galoppo leggero, parte del metodo corretto per lavorare e controllare un cavallo in equilibrio e leggerezza).

PARALLELAMENTE alle corse negli ippodromi si sviluppava la disciplina del salto ostacoli e la continuazione e l’approfondimento delle invenzioni caprilliane finì in ottime mani ed a Pinerolo venivano a studiare tutti gli ufficiali degli eserciti del mondo per far bene i concorsi ippici. Gli Italiani, nel loro genio creativo, non si sono smentiti neppure in questo e pur  con mezzi non eccelsi, rispetto ad altri paesi, sui campi di gara del mondo  da Bettoni a Lequio ai D’Inzeo e Mancinelli, ultimi delle grandi serie italiane vincenti con continuità in ambito internazionale, hanno continuato a vincere ed un piazzamento al secondo posto, al tempo dei D’Inzeo, era guardato di storto….un quarto posto era considerato quasi una debacle. Quando Piero, Raimondo e Graziano tornarono dalle Olimpiadi di Tokio con un bronzo nella gara a squadre ci furono molti musi lunghi e loro tre erano dispiaciutissimi, essendo stati la squadra da battere, partiti dall’Italia per vincere.
Veniamo ai nostri giorni ed al titolo: “cui prodest?”. Due paroline che hanno sempre mandato avanti il mondo. Se il montare bene a cavallo in equilibrio porterebbe a vittorie utili a vincere anche in campo internazionale a chi giova, in senso utilitaristico, ed economico il metodo italiano? Non certo a parte di  commercianti di cavalli che non hanno interesse, per loro tornaconto  a che i cavalieri imparino a montare bene a cavallo (….”meglio che li rompano non rispettando il loro equilibrio, per esempio”….così dopo gliene vendo un altro….). Non di certo ad istruttori non all’altezza del compito e fondalmentalmente solo ed esclusivamente non seri commercianti. I cavalli non parlano ed i papà pagano. Di certo sarebbe utile agli allevatori di cavalli. Soprattutto è utile  ai cavalli ed alla bandiera, al tricolore, al bel nome dell’Italia nel mondo.   Perché si arrivi, anche in Italia ad un sano e normale mercato con sacrosanta e libera  concorrenza, al severo giudice del libero mercato, che non conosce trucchi e pasticcetti non sportivi, deve passare ancora del tempo, ma ho speranze per buoni segnali che vedo in giro, televisioni private comprese.

MOLTO SIMPATICO un fatto, che ho  visto in televisione su Horse Class Tv. Il consorzio degli Holstein, viene a riconoscere i nuovi prodotti della nobile razza germanica nati in Italia, ma di quella genealogia, qui nel nostro Paese con commissioni per valutare i puledri .
Veniamo agli istruttori di equitazione del nostro bel paese allora, se di questi se ne deve occupare la Federazione Italiana Sport Equestri. Io ho imparato dai militari (quelli delle cariche), meglio, per sintetizzare soprattutto da Dovadola da bambina e poi dai due D’Inzeo e da Graziano Mancinelli, che erano particolarmenti intelligenti e genialetti tutti e quattro  a cavallo. Altre brillantezze in giro non ne ho trovate sulla mia via, nella mia vita equestre, tanto è vero che ho pure smesso di montare a cavallo per un bel po’.Giorgio Nuti era un bimbo di 5 o 6 anni, che cominciava a montare a cavallo, quando andavo a Castellazzo negli anni 1960 per prepararmi con Graziano per i Campionati Europei Juniores, me lo ricordo benissimo…..comunque non ha cambiato faccia ed è sempre bravo e simpatico.
Resisti Giorgio!

1 - continua
…..

 

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