Pierre Marie Desclos, un uomo di cavalli cittadino del mondo
Monta da vent'anni senza speroni e dunque non ne possiede. Ma - bene ordinata nei suoi scaffali - c'è una collezione di oltre mille morsi, dal periodo babilonese fino alla fine dell'Ottocento. Morsi antichissimi realizzati con corna di cervo, morsi dell'epoca napoleonica, morsi ottocenteschi con un beverino incorporato, usati dai veterinari per somministrare agli equidi le loro pozioni.
Eppure Pierre Marie Desclos - nato e cresciuto in una stazione di monta della bassa Normandia, figlio di un allevatore e fondatore di una società di corse, ma cittadino del mondo poichè in qualità di esperto internazionale del legno e dei prodotti forestali ha girato tutti e cinque i continenti, dall'Amazzonia alla Mongolia, dall'Africa alla Columbia Britannica - sostiene che il possesso non è una sua priorità: " mi è sempre interessato sapere più che possedere. E poiché il mio lavoro mi ha mandato in giro per il mondo, ne ho sempre profittato per visitare tutto il visitabile: musei, biblioteche, antiquari, mercatini. Raccogliendo testi, documentazioni, illustrazioni. Diciamo che il mio computer è, ormai da tanti anni, una sorta di museo virtuale. O meglio, un grosso data-base di documentazione storica sui morsi, che naturalmente è a disposizione di chi ne è interessato".
Come è nata l'idea di collezionare morsi?
Sono nato durante la seconda guerra mondiale e durante la mia infanzia non c'era la profusione di beni che è a disposizione dei ragazzini di oggi. Poiché ho sempre avuto il pallino del collezionismo, ho cominciato raccogliendo armi antiche. Ma erano troppo costose per i miei modesti mezzi di studente. Così dopo la laurea, nell'illusoria convinzione di essere il solo interessato ai morsi, ho cominciato a raccoglierne. Ed ora, molte decine d'anni dopo, eccomi qui. Assieme ad altri appassionati. Per esempio Claudio Giannelli, che ha una bellissima collezione di morsi e che ha recentemente dato alle stampo un prezioso volume intitolato "Equus Frenatus" realizzato con il contributo di molti studiosi.
Fra cui c'è anche lei. Ma perché usa il termine "morsi". E non "imboccature"?
In effetti oggi si dice imboccature. E non morsi. Ma per un tecnico - e io ho una mente da ingegnere, dunque molto attenta alla tecnica - che per forza deve dare un nome e una definizione precisa ad ogni singolo componente dell'oggetto di cui si occupa, "l'imboccatura" è ciò che sta dentro la bocca del cavallo. Per morso si intende tutto l'insieme.
Cosa impara un appassionato dallo studio dei morsi?
Prima di tutto la lunga storia del rapporto fra il cavallo e l'uomo. Per l'uomo primitivo il cavallo era solo un oggetto di caccia. Poi è diventato oggetto di allevamento; poi forza motrice; poi cavalcatura. Di conseguenza mezzo militare, agricolo, sportivo. E naturalmente status symbol.
Aggiungerei anche amico. Ma torniamo gli albori di questa storia.
Quando è diventato forza motrice, è nata la necessità di poterlo guidare, indirizzare. Nel frattempo, grazie all'allevamento, e alla selezione, si è potuto disporre di cavalli più alti. Nasceva dunque l'equitazione. E con essa la necessità di un controllo del cavallo, problema che si è rivelato delicato e difficile. Ed è nato il morso. Il filetto di 3000 anni fa è pressoché identico a quello di oggi. Inizialmente si usavano materiali organici: corna di cervo, trecce di crini. Poi è subentrato l'uso del metallo. Ma ciò che oggi noi consideriamo del tutto ovvio e normale è in realtà il risultato di un lunghissimo percorso. Gli affreschi assiri mostrano cavalieri armati che procedono in coppia: uno tiene le redini di ambedue i cavalli, che altrimenti sarebbero stati ingovernati, l'altro tira con l'arco. L'equitazione stessa si è profondamente evoluta: i primi cavalieri montavano seduti sulla groppa, con le gambe stese in avanti. Con gli Arabi, si è diffusa una monta leggera, con una staffatura corta. Possiamo dire che la monta araba - la cosidetta Ginetta - è l'antesignana dell'equitazione moderna. Non solo della cavalleria leggera, degli ussari e dei lanceri, ma anche della monta sportiva. Senza, naturalmente, dimenticare la straordinaria rivoluzione attuata da Caprilli.
Nella sua collezione - e in quella di Giannelli - alcuni morsi sono dei veri e propri strumenti di tortura.
E' innegabile. Ma io credo che tutto debba essere contestualizzato. Nella storia dell'uomo hanno trovato posto orribili crudeltà: schiavismo, deportazione, torture. In mezzo a queste atrocità commesse dall'uomo sull'uomo, ci sono state anche le atrocità commesse sui cavalli. E su altri animali. Negarlo sarebbe stupido. Studiarlo può essere utile. Attualmente, personalmente, sono molto interessato all'approccio etologico del cavallo. Sono convinto che la diffusione della riflessione etologica sia un passo fondamentale nel rapporto fra cavallo e uomo.
Anche per questo ha insegnato al suo pony Gaspard a entrare in cucina?
Alla Bourdonnière abbiamo cinque cavalli e cinque poneys. Vivono in grandi paddok, vengono montati da me e dalla famiglia, e hanno con noi un rapporto di assoluta confidenza. La mia Loulou, una quarter horse che ho comperato anni fa in Italia, ha imparato a sdraiarsi a terra se glielo chiedo. Gaspard, che non ha ancora due anni, fa lo stesso. E, vista la sua mole ridotta, viene anche invitato a entrare in cucina. Non è così scontato indurre un equide ad entrare in una stanza senza alcuna costrizione. Devo tutto questo agli insegnamenti di un italiano, Franco Gianni che fa dei corsi sul lavoro etologico.
Torniamo ai morsi. Di recente lei è stato interpellato dal British Museum.
Assieme ad altri esperti - di staffe e di speroni - ho partecipato al riordinamento delle riserve archeologiche del museo. Posso dire che c'era una certa confusione. E' che gli esperti in questo settore sono pochi. E mi è capitato di vedere, in giro per il mondo, gallerie e musei che esponevano le testiere montate a rovescio.
Per chiudere una domanda un po' impertinente: ma quando è in sella, non le pesa tutto quello che sa?
I Gesuiti, dai quali ho studiato da ragazzo, sostengono che la cultura è ciò che rimane dopo che hai dimenticato tutto. In sella a Loulou, ci siamo solo io e lei.