Per un'equitazione sostenibile saper guardare oltre il marketing!
Frequentando varie tipologie di maneggi e scuderie, posso dire che le necessità medie dei proprietari di cavalli sono molto cambiate nel corso degli anni.
Ai tempi in cui ho cominciato a montare a cavallo, l’offerta in termini di prestazioni professionali e materiali da selleria e scuderia era piuttosto standard. Se diventavi proprietario, si trattava di acquistare sella, testiera e agnellino (articoli per cui una qualità buona implicava una spesa elevata), un paio di sottosella di colore neutro, protezioni per gli arti, capezza e lunghina e un bauletto per il grooming. Parimenti l’equipaggiamento per il cavaliere non lasciava spazio a molte fantasie.
Il massimo a cui si poteva ambire come sfizio era la coperta di lana da passeggio, pesantissima, coi colori della bandiera tedesca, e gli stivali di marca su misura. La disciplina praticata non comportava grosse differenze, il materiale era quello.
A parte il maniscalco (il veterinario in scuderia non si vedeva quasi mai se non in caso di problemi o per la vaccinazione annuale) chi aveva mai sentito parlare di osteopati, dentisti, massaggiatori specializzati e via dicendo?
Le nuove conoscenze di veterinaria e podologia equina hanno permesso la diffusione di un nutrito numero di nuovi professionisti, alcuni dei quali sono diventati fondamentali per il benessere equino, come ad esempio il dentista.
Se i bisogni condizionati del cavaliere sono aumentati esponenzialmente, non bisogna pensare che lo siano anche quelli dei cavalli. Le necessità naturali del cavallo sono le stesse da sempre, e per fortuna ad oggi molte di queste hanno iniziato ad essere prese in considerazione con serietà da molte strutture e professionisti del settore equestre.
Rimanendo nell’ambito delle scuderie tradizionali dove si praticano le discipline olimpiche, spesso però sento la frase “come tieni bene il tuo cavallo” solo perchè si è acquistato l’ultimo modello di coperta asciuga sudore o le protezioni speciali in materiale innovativo. Al nostro amico quadrupede di queste attenzioni importa ben poco. La spinta all’acquisto, generata da un marketing incessante e assolutamente accattivante su una miriade di prodotti, arriva a vuotarci il portafoglio e a riempirci non solo l’armadio in selleria, ma anche il cervello, di idee sbagliate.
Penso che in un futuro prossimo la spesa per la gestione di un cavallo in scuderia, nel nostro paese, diventerà così elevata da essere accessibile per un gruppo di persone veramente ridotto, con tutti i danni che conseguono.
Quando io montavo i cavalli della scuola, i miei vecchi maestri sarebbero inorriditi alla vista di un coordinato rosa fluo o dello spray per la coda coi brillantini. Va bene, male al cavallo non fa, però distoglie l’attenzione dall’essenziale. Purtroppo questo genere di cose va a far leva sui desideri delle giovani amazzoni, che si rifiuteranno di montare senza il frustino multicolor e il sottosella lilla.
Se c’è un concetto che mi piace far passare durante le mie consulenze, è che il rapporto con il cavallo è tanto più autentico quanto più è spoglio di artifici e sovrastrutture.
Il mondo dell’equitazione è classe ed eleganza, ed è bello anche per questo. Coco Chanel diceva “prima di uscire, guardati allo specchio e togli qualcosa”. Possiamo prendere esempio da lei, e renderci conto che tutta questa “roba” ci porta lontano dall’idea iniziale, quella di andare a cavallo. Poi ci sono la club house, la festa e il bicchiere della staffa, situazioni in cui si può decidere di far sfoggio dei nostri vezzi. Ma il cavallo, come il cane, lasciamolo fuori da queste logiche.
Il tempo che perdiamo a seguire il marketing, a decidere cosa comprare e poi a destreggiarci tra tutti i prodotti potrebbe essere tempo dedicato a relazionarci con il nostro partner equino.
Ovviamente anche io qualche volta mi lascio tentare da qualche piccola gratifica materiale, ma preferisco puntare su cose veramente utili, che si consumano nell’uso quotidiano, o che sono da sempre irrinunciabili dal punto di vista del galateo del buon cavaliere.
Il mio maestro Philippe Karl non monta mai a cavallo senza giacca (e cravatta, di conseguenza), e anche se ormai nessuno, purtroppo, fa più caso a queste tradizioni, non posso fare a meno di alzare un sopracciglio quando vedo fior di cavalieri e istruttori federali presentarsi a far lezione in canottiera o scarpe da ginnastica e jeans, o , peggio ancora, in sella con l’orrendo calzino di marca a vista perchè non si portano le ghette o gli stivali. Che senso ha spendere una fortuna, se poi si va in giro conciati alla “zompa-fossi”.
Per concludere, ritengo che solo un ritorno alle necessità primarie del cavallo, e sì, anche del cavaliere, possa in qualche modo frenare questa tendenza consumistica e permettere a molte più persone di beneficiare della guaritrice ed elevatrice presenza di questi impareggiabili animali.