Occhi di Luna, a cavallo incontro all'amore
UNA NOTTE una giovane sposa, ancora quasi una bambina, che dormiva nella tenda del suo giovane marito, si risvegliò improvvisamente dal sonno, come se una voce l’avesse chiamata. Si guardò intorno e come i suoi occhi caddero sul giovane addormentato accanto a lei, fu trafitta da un sottile dispiacere.
“Com’è lontano da me – si disse – da giorni e settimane ormai. Anche se da quando mi ha sposata, di notte mi tiene sempre stretta tra le sue braccia e di giorno, quando debbo cavalcargli accanto, la sua mano sempre si posa sul mio ginocchio, lui non freme che di impazienza per il cammino da compiere e non conosce nulla di me. Voglio andarmene in cerca del vero Amore”.
Ed era sicura che proprio l’Amore l’avesse svegliata chiamandola da qualche luogo remoto, lontano da lì. E la giovane sposa scivolò leggera e silenziosa fuori dalla tenda e dall’accampamento.
Fuori pascolavano al chiaro di luna i cavalli di suo marito; con voce sommessa chiamò per nome la giumenta che aveva portato con sé in dote dalla casa di suo padre e la cavalla accorse con gli zoccoli fluttuanti al suo richiamo. La giovanetta subito le saltò in groppa e con la piccola mano afferrò le criniera di seta.
“Dobbiano cavalcare per tutto il mondo per ritrovare il vero Amore che ci è sfuggito. Non sai tu, Occhidiluna, dove si è rifugiato? Era proprio lui che mi ha chiamato, lo so”.
La giumenta grigia, che la padrona chiamava Occhidiluna, volse il capo verso la sua padrona: “Non lo troveremo in nessun luogo”. “Non dir così, cattiva! Vola invece, vola sui tuoi zoccoli e noi lo ritoveremo. E’ passato via con la Primavera, là sopra quelle alture, presto, più presto!”.
“Nessuno riprende la Primavera quando ormai è passata” disse Occhidiluna, ma riprese il suo cammino, galoppando tanto che i suoi zoccoli non toccavano più terra. Sfrecciava verso le alture che si tingevano di blu all’orizzonte.
La giovane sposa si aggrappò saldamente alla criniera della giumenta e il vento schiaffeggiò le sue guance mentre attraversavano quelle alture, ma al di là di esse non trovarono la Primavera e l’amore non c’era.
Trovarono invece l’Estate.
“Credi ora a ciò che ti ho detto?” domandò Occhidiluna alla sua padrona. “Non prenderemo mai la Primavera. Accontentati: hai l’Estate, la sua veste è ampia e ricca e reca nelle pieghe del suo grembo ogni compimento”.
“No, no – disse la giovane amazzone scoppiando in lacrime – cosa me ne faccio dell’Estate e di tutti i suoi frutti maturi? Io voglio riavere la Primavera con tutti i suoi fiori perché là vive l’Amore. Presto, presto cavallina mia, vedi quei monti all’orizzonte? Sicuramente sono là, la Primavera e l’Amore: noi li raggiungeremo appena ti sarai riposata”.
“Non li troveremo mai” ripetè Occhidiluna, ma riprese a galoppare veloce verso le montagne all’orizzonte. Galoppò su per i monti, la criniera al vento, inebriandosi dell’aria rarafetta delle vette. E quando raggiunsero il crinale, videro stendersi sotto di loro la terra dell’Autunno. LA CAVALLA volse il capo verso la sua giovane padrona: “Non ti avvilire, guarda l’Autunno con i suoi fienili colmi, ricco di tutti i raccolti dell’anno, di tutte le attività e di tutte le fatiche. Non sono forse meglio dei tuoi fiori che il vento porta via?”.
Ma la fanciulla si mise a gridare: “Cosa me ne faccio di tutti i frutti e del grano, del vino rosso, dello scrigno pieno e delle vesti di buon lino, quando mi chiama l’Amore? Via da questo Autunno che profuma di morte. Occhidiluna, Occhidiluna vuoi lasciarmi anche tu? Vola ancora lontano da qui, solleva ancora i tuoi zoccoli veloci per raggiungere quelle colline all’orizzonte. Là dietro è fuggito l’Amore circondato di fiori, vedrai che ora noi finalmente lo raggiungeremo”. Come poteva fermarsi una fanciulla che aspira all’Amore?!
“Non lo troveremo neppure là” replico Occhidiluna, ma subito, fedele e veloce, riprese la corsa.
La giovane sposa era sdraiata sulla schiena della cavalla, i capelli sciolti e il cuore colmo di speranza e di timore.
Raggiunsero infine il monte, freddo e solitario. Il cammino era impervio e roccioso, e le aggredì la tempeste, ma la fanciulla si proteggeva il viso dal ghiaccio e dalla neve, nascondendolo nel collo di Occhidiluna, che continuava a galoppare, le froge rosse e dilatate, verso la gelida sommità del monte. E quando finalmente la raggiunsero, in mezzo alla tempesta di neve videro la terra morta e spettrale dell’Inverno.
Allora disse Occhidiluna: “E’ dolce la pace e il riposo che l’Inverno porta con sé. Il saggio chiama tutto ciò la grande fortuna dell’anima. Non puoi accontentarti ormai di questo, dato che non raggiungeremo mai la Primavera”.
Ma la fanciulla, esausta e disperata, si lasciò scivolare già dalla groppa della sua giumenta e cadde nella neve. “L’Amore è morto e così morirò anch’io”.
Occhidiluna sorrise, saggia e serena come un dio, e disse: “Vieni, torna sulla mia groppa, il nostro viaggio non è ancora finito. Non preoccuparti di nulla, io ti guiderò, conosco la strada che ti portetà all’Amore”.
La fanciulla risalì a cavallo e chiuse gli occhi, affondando il viso nella criniera di seta, senza più sollevare lo sguardo.
Occhidiluna galoppò veloce e silenziosa per monti e per valli. E quando finalmente i suoi zoccoli ritoccarono il terreno, aveva raggiunto il suo recinto, da cui era partita. Solo allora l’amazzone rialzò il capo e aprì gli occhi e riconobbe, sorpresa, l’accampamento e la tendea del suo sposo.
Era ancora notte e le stelle brillavano in cielo. Fra le pieghe della tenda vide un’ombra, una figura di fanciullo: non l’aveva mai visto e credeva di non aver mai visto nessuno così bello.
“Chi sei?” domandò, e l’ombra rispose: “Non mi riconosci? Io sono l’Amore. In Primavera tu hai visto il mio viso coperto dal velo della passione ed è per questo che ora non sai riconoscermi. Sono bello come tu mi credevi?” e così dicendo sollevò l’entrata della tenda.
La giovane sposa si gettò sul letto dove ancora dormiva il suo sposo. Nel sonno lui la sentì e le disse con voce sommessa: “Sei tu, mia bella sposa, Viemmi vicino e dormi con me”.
La fanciulla gli si sdraiò accanto, stringendosi tra le sue braccia col capo sul suo petto. Mentre si assopita, nel sonno potè sentire il cuore del suo sposo battere fiducioso e sereno. Ora sapeva che l’Amore che aveva cercato fino alla fine del mondo era sempre stato accanto a lei nel suo letto e capì che unione profonda rappresentava dormira l’una accanto all’altro e vegliare l’una sull’altro.
E si addormentò col viso sul cuore del suo sposo. --- Il racconto OCCHIDILUNA
è di Sophie von Uhde (1900-1979)