L'ultima denuncia. Doping a ruota libera nell'equitazione
LA DENUNCIA è partita dall’Inste (a firma del suo presidente) ed è indirizzata, oltre che alla Fise e al Coni, alla Procura della Repubblica di Roma. L’oggetto della segnalazione riguarda quanto sarebbe avvenuto sabato 30 giugno u.s. a Manerbio, durante un concorso di salto ostacoli. Sembra, sempre a quanto esposto nella denuncia, che siano volate urla, grida e parole grosse tra tecnici, cavalieri e altre persone presenti a proposito di un ‘ipotetico trattamento “Spalma e Vinci” praticato su alcuni cavalli italiani.
Si tratta di fatti che, qualora venissero accertati da un’adeguata indagine della magistratura (ma vorremmo sperare anche e soprattutto della Federazione Italiana Sport Equestri) sarebbero gravissimi, e non soltanto perché si tratterebbe ovviamente di doping, ma perché si porrebbero come indicatori di un clima che a dirla sinceramente non ci piace e nel quale sembra non essere più raccomandabile riconoscersi.
Il mondo dei cavalli è piccolo. Le voci girano e quello che raccontano sembra essere la fotografia di un settore impazzito. Tutti sappiamo che c’è sempre stato qualche personaggio che ha utilizzato contro ogni regola (che ci piacerebbe definire ‘etica’ se questo aggettivo non fosse diventato troppo grande per un settore che rimpicciolisce, bruttura dopo bruttura) sistemi di addestramento violenti e contrari al rispetto e al benessere dei cavalli.
Quello che colpisce e soprattutto preoccupa gli appassionati di cavalli, e che al contempo dovrebbe imbarazzare chiunque abbia responsabilità di governo, vigilanza e controllo, è non solo che tali personaggi stiano aumentando, ma che si muovano, o meglio sia loro consentito muoversi, in un pantano se non di complicità, sicuramente di indifferenza. Si ha la sensazione insomma che a dominare sia la politica del “laisser faire” e questo è gravissimo da qualsiasi punto di vista lo si voglia vedere.
La domanda è semplice e drammatica: perché? Quali sono le cause di questa miserevole deriva? Quali e di chi le convenienze di comportamenti tossici che, se ignorati come lo sono stati finora, rischiano di diventare le metastasi del settore?
La risposta è una sola: carenza di cultura, di formazione equestre in linea con le nuove conoscenze etologiche, di capacità di sviluppare una corretta relazione con il cavallo.
Se tutto questo manca, se chi dovrebbe essere un compagno (per lo sport o per il tempo libero) è vissuto e trattato come un qualunque attrezzo sportivo cui stringere un bullone, cambiare una vite spanata, comprimere una molla, dare una spruzzatina d’olio agli ingranaggi, insomma come un oggetto inanimato e non come un soggetto titolare di diritti e portatore di bisogni che, in quanto tali, richiedono attenzione e rispetto, allora è ovvio che qualcuno possa decidere che alla “macchina” cavallo si possa iniettare in corona di tutto e di più. Tanto mica sente o soffre!
Se permane questa forma mentale, l’equitazione agonistica vedrà, come in parte già sta accadendo, allontanarsi dalle sue fila le persone più sensibili, quelle che sarebbero potute diventare cavalieri competenti e rispettosi del loro compagno di gara. E’ per questo che si rischia di restare indietro non solo dal punto di vista etico, ma anche da quello sportivo, perché, diciamolo chiaramente, non bastano cavalli che per paura del dolore alzino alla massima elevazione possibile le gambe per vincere concorsi e tanto meno le olimpiadi.
Per troppo tempo abbiamo definito questi fenomeni ‘malcostume’. E’ ora di cominciarli a chiamare con il loro nome: colpe e responsabilità. Colpe di chi agisce il crimine, responsabilità di chi li copre
Se qualcuno pensa che siano termini eccessivi, fuori luogo lo invitiamo a riflettere se per caso non sia lui fuori luogo rispetto alla attività che svolge e al posto che occupa.