Lo sport italiano è in lacrime per Raimondo D'Inzeo
Raimondo D'Inzeo si è spento a Roma la sera di venerdì 15 novembre. Uno dei più grandi cavalieri di ogni tempo. Uno degli atleti più illustri nella storia dello sport italiano. Era nato a Poggio Mirteto nel 1925 e quindi aveva 88 anni. Era figlio di un sottufficiale di cavalleria, Carlo Costante, poi diventato istruttore. Fu lui a mettere in sella Raimondo e il fratello Piero alla Società Ippica Romana, universalmente nota come la Farnesina.
Pochi atleti come lui hanno vinto 6 medaglie alle Olimpiadi (1 oro, 2 argenti, 3 bronzi - otto partecipazioni) e 2 campionati del Mondo, ad Aquisgrana e a Venezia. Ufficiale dei Carabinieri dopo aver frequentato la facoltà di ingegneria, si era congedato con il grado di Colonnello ed era poi diventato generale di divisione, diciamo così "honoris causa". Fu tedoforo per l'Italia alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968. Aveva altissimo il culto dell'Arma, della maglia azzurra, della famiglia, dell'equitazione come sinonimo di lealtà, correttezza e sportività.
La medaglia d'oro alle Olimpiadi di Roma davanti al fratello Piero è la gemma tra le gemme. Così come i cavalli Posillipo, Merano, Bellevue, Fiorello II e Bowjak spiccano tra i suoi partners a quattro zampe. Quando in Coppa gareggiavano i due D'Inzeo, Graziano Mancinelli e Vittorio Orlandi, l'Italia presentava davvero il "dream team" che tutto il mondo le invidiava. Raimondo aveva un suo stile, meno elegante di quello di Piero ma più "essenziale": l'ostacolo andava superato, bene o male... Così come Piero, Raimondo aveva praticato tutti gli sport equestri, ad eccezione del polo che gli stava proprio sullo stomaco. Era pure un suo vanto aver sempre tutelato il benessere dei cavalli, da quello per le Olimpiadi all'ultimo stakanovista dei Carabinieri. Aveva abbondantemente superato i 70 quando continuava a montare a Tor di Quinto, con buona pace del carabiniere completista Stefano Brecciaroli suo "figlio adottivo" sportivamente parlando.
Era juventino sfegatato e aveva la passione della meccanica. La sua vita non è stata solo applausi e medaglie. Ha sempre sofferto di ipoacusia tanto che spesso in campo non sentiva la campana di partenza e i giudici gli davano il via con un segno della mano. La sua famiglia fu duramente colpita dal tragico incidente di montagna in cui la figlia Alessandra perse la vita in età scolare. Era ufficiale dei Carabinieri quando il governo Tambroni ordinò la carica a San Paolo: lui obbedì ma c'è pure una foto che lo mostra mentre, a terra, soccorre un dimostrante ferito.
Con i miei ricordi potrei riempire un libro. Quando mi raccontò che dopo le Olimpiadi di Tokyo i nostri tornarono a Roma... quasi vergognandosi perchè l'Italia aveva vinto "solo" una medaglia di bronzo a squadre. Quando ad Aquisgrana la gente per strada lo riconosceva e gli chiedeva l'autografo. Quando mi rimproverò perchè a proposito di un concorso nazionale avevo scritto "solo secondo Raimondo D'Inzeo". Quando alla Farnesina, alla festa per i 90 anni di Piero, al fratello disse "accidenti, anche stavolta sono arrivato secondo", alludendo ai suoi due anni in meno all'anagrafe e alla loro rivalità che è stata sempre e soltanto sportiva.