Le ragazze del Palio
Qualche giorno fa, lo sappiamo tutti, per via delle norme anticovid, non si è disputato il Palio di Siena. Non accadeva da 76 anni. Nella stessa settimana si è ricordato il ventennale della morte di Vittorio Gassmann. E Franca Valeri ha compiuto cento gloriosi anni. Obbligatorio, dunque, parlare di un film del 1957, intitolato “La ragazza del Palio” con Gassmann, (che ha la voce di Emilio Cigoli, impareggiabile doppiatore, ma per noi un usurpatore), la biondissima Diana Dors, e Franca Valeri. Disponibile gratuitamente su YouTube, la storia, diretta da Luigi Zampa, è del tutto improbabile e favolistica: una bella texana, figlia di un benzinaio, appassionata di storia dell’arte, arriva a Siena dove incontra il principe Piero di Montalcino ( Gassman), sciupafemmine, nullafacente, che la crede una ricca ereditiera. Il gioco degli equivoci amorosi fra la ragazza e il nobile si complica per l’intervento di una zia simpatica ma cinica (Valeri) e per il tentativo di corruzione attuato dal principe, che alla vigilia del Palio compera il fantino di una contrada avversaria, che, una volta scoperto, viene malmenato dai suoi stessi contradaioli. Ma, ecco la domanda: chi correrà per “la chiocciola”? Detto fatto, la texana lo sostituisce mettendosi in sella, e vincendo il Palio. Il principe, sconfitto, anziché arrabbiarsi, si arrende all’amore. La chiede in sposa, promettendole che comincerà a lavorare, mettendo la testa a partito. Avvisiamo subito che del Palio si comincia a parlare soltanto al quarantesimo minuto. Che le riprese della tenzone mescolano con modesta abilità tecnica materiali di repertorio e i primi piani della Dors a cavallo in un tripudio di trasparenti. Che in certe scene la bionda attrice americana ha avuto come controfigura una amazzone senese, oggi ottantaduenne, Rosanna Bonelli, soprannominata “Diavola” o “Rompicollo”, che riuscì a correre il Palio per davvero (ma la prima amazzone della storia corse nientemeno che nel sedicesimo secolo). Le ragazze del Palio sono dunque queste? No, ce ne sono altre.
Per esempio Cosima Spender, mezza chiantigiana e mezza inglese che nel 2015 ha diretto un film documentario intitolato semplicemente “Palio” in cui si inseguono, momento per momento, i fantini che si preparano. E che la regista ha “pedinato” con appassionata tenacia. Presentato al Tribeca film festival patrocinato da Robert De Niro, il documentario ha avuto ottima accoglienza. Come se non bastasse potremmo citare un film con lo stesso titolo, diretto dal grande Alessandro Blasetti nel lontano 1932. Per non dire del Palio che compare nelle prime sequenze del ventiduesimo film di 007, “Quantum of Solace” con Daniel Craig che insegue il cattivo di turno sui tetti di Siena mentre la gara si scatena. Ma, a questo punto, resta da affrontare il tema a noi più caro, quello da cui non si può prescindere: i cavalli, e la loro salute. Come scrisse Danilo Mainardi in una sua rubrica pubblicata da “Airone” quasi trent’anni fa (conservo gelosamente il ritaglio) il Palio appartiene a Siena, ed è folle pensare di cancellarlo. Bisogna però che venga corso con cavalli maremmani, come accadeva nel medio evo. Dunque con cavalli piuttosto lenti, che non arrivino alla maledetta curva dei materassi alla velocità di anglo-arabi che ormai sono potentemente insanguati, e dunque fatalmente destinati a farsi male. A questa incontrovertibile verità si era ispirato il lavoro di un grande veterinario toscano, Marco Roghi, prematuramente scomparso. Quando Roghi si occupò del Palio, per molti e molti anni, incidenti non ce ne furono. Perché, sia detto chiaramente, incidenti NON debbono essercene. È l’assenza di incidenti a rendere il Palio quella grande festa che il mondo ci invidia. E che ispira film e documentari. L’ultimo dei quali - tutto di montaggio, intitolato “La sospensione di un attimo” - è stato proposto proprio questo 2 luglio. Per tentare di elaborare un vuoto che per i senesi è incolmabile.