L'amicizia nel mondo dei cavalli: un concetto complesso ( parte 2)
Riassumendo e semplificando quanto descritto nella prima parte, possiamo affermare che gli individui di un branco hanno un complesso repertorio di comportamenti sociali e comunicativi che ha tra gli scopi principali quello di ridurre la tensione e aumentare la coesione sociale tra i membri del gruppo, pena la sicurezza ed il benessere del gruppo stesso. L’importanza e la prevalenza dei comportamenti affiliativi piuttosto che di quelli agonistici è fondamentale, anche perché altrimenti i cavalli passerebbero il tempo consumando preziose energie a proteggere continuamente le risorse o a lottare.
I cavalli sono animali dalle straordinarie competenze sociali e molto più motivati a collaborare che non a dominare o prevaricare. Hanno pertanto una forte motivazione ad evitare le aggressioni e, in caso di possibile conflittualità, piuttosto che attaccare senza preavviso normalmente mettono in atto un repertorio di segnali e minacce che aumenta gradualmente d’intensità, se vengono ignorate si può arrivare all’attacco vero e proprio. I segnali corporei che si scambiano, a volte per noi appena percettibili, sono in grado di veicolare informazioni di ogni tipo. È il loro linguaggio.
Abbiamo anche visto che la maggior parte dei cavalli in un branco hanno almeno un partner preferito con il quale fanno allogrooming, giocano e con cui rimangono vicini in modo più intimo che con gli altri membri. Vicinanza intima, grooming e gioco sono infatti i principali parametri che gli studiosi adoperano per verificare e “misurare” questo tipo di relazione. Ovviamente bisogna tenere in giusto conto altre dinamiche oltre che i contesti nei quali tali dinamiche si svolgono. Per esempio, le femmine in età adulta probabilmente potremo vederle spesso fare allogrooming, o stare molto vicine tra loro ma meno probabilmente le vedremo giocare, attività che appartiene più ai maschi. Comunque sia, si instaurano legami che possono durare negli anni e spesso per sempre.
D’altronde, anche nei contesti più umanizzati chi non ha mai visto o sentito di due cavalli così legati tra loro da poterli definire “migliori amici” seppur magari antropomorfizzando certi comportamenti e utilizzando una certa imprecisione formale. Basti pensare alle difficoltà che tutti abbiamo incontrato almeno una volta nell’allontanare un soggetto da un altro per poter andare in passeggiata.
La domanda che viene spontanea è: possiamo considerare questo tipo di “bond” a tutti gli effetti amicizia? La risposta è: senz’altro sì! Anche se questo termine può sembrare inappropriato in contesti scientifici. Forse non sono la scienza o le barriere di linguaggio che ci impediscono o trattengono dal comprendere l’amicizia negli animali ma, piuttosto, la nostra strana mentalità.
In particolare mi preme sottolineare un termine, Peer Attachment, con il quale si indica un legame speciale all’interno dei già forti legami che si creano nelle società equine che, ricordiamolo, fanno della collaborazione tra i membri, di una certa unità di intenti e concertazione di ruoli i loro punti di forza, che risultano particolarmente importanti nelle situazioni di pericolo. Siamo quindi di fronte ad un contesto di coesione sociale e collaborazione di per sé davvero affascinante all’interno del quale nascono dei legami ancora più speciali, fortissimi e delicati allo stesso tempo, delle amicizie con la A maiuscola.
“Nella relazione di Peer Attachment due cavalli formano un’amicizia molto intima e un legame unico: ciascun cavallo accetta incondizionatamente il rango di branco dell’altro in una relazione senza competizioni e senza liti, una relazione armonica, paragonabile a una specie di piccolo branco all’interno del branco; una relazione intima che non ha bisogno di intimidazioni, pressioni, scomodità o punizioni fisiche, neppure di modesta intensità. Una relazione che attraversa tutti i confini di razza, età, genere che si verifica in branchi situati praticamente ovunque nel mondo; la novità è che ogni proprietario può condividere questa relazione con un cavallo di qualsiasi età, genere, razza e vissuto individuale.”
Con queste belle parole Chuck Mintzlaff* descrive il rapporto di Peer Attachment; non solo, afferma che anche noi umani possiamo diventare i “migliori amici” del nostro cavallo!
Mintzlaff è il fondatore del metodo Friendship Training che si propone di stabilire come priorità assoluta un legame di vera e propria amicizia tra persona e cavallo prendendo a riferimento proprio il rapporto di Peer Attachment, come vedremo meglio più avanti nella trattazione.
Secondo lo stesso Mintzlaff e altri etologi e studiosi le ricerche e le osservazioni dei branchi di cavalli bradi o semi-bradi in vari paesi del mondo, confermano in modo perentorio e documentato l’esistenza e la persistenza di rapporti a due così forti. In particolare, tali esperienze sono state inserite in un ambizioso progetto, The Equus Ethogram Project [EEP] che può essere consultato on-line.
Diverse indicazioni portano a pensare che la creazione di solidi legami tra gli individui può essere talmente forte da travalicare e superare anche la forza coesiva del gruppo o del branco. Anche se questa affermazione dovrebbe essere meglio circostanziata e spiegata in altra sede, conferma quanto importante sia il rapporto di pair bonding o Peer Attachment che, ripetiamo, non ha necessariamente implicazioni sessuali, famigliari, di razza eccetera.
Nella terza parte vedremo di capire se effettivamente e, in caso positivo, come, sia possibile sviluppare una relazione di Peer Attachment con il nostro cavallo!