Ippica - Amaro Italiano
Nel primo dopoguerra, in un forno molto frequentato dalle madri di famiglia per la bontà del pane, il proprietario aveva affisso un cartello: "Signore benedici chi non mi fa perdere tempo”. Un avviso del genere lo dovrebbero appendere, all'ingresso, le scuderie.
Che l'ippica del Bel Paese sia in crisi è un dato di fatto, sancito nel galoppo dalla scomparsa ormai datata dei gruppi 1 dalle piste italiane e nel trotto dalla crescente mancanza di richiamo delle corse nostrane in ambito europeo.
Proseguire sulla strada di creare consulte e commissioni o indire convegni e tavole rotonde che approdano al nulla, è un forma di suicidio senza spargimento di sangue. La base dell'ippica sono le scuderie le quali richiedono, per vivere e sopravvivere, continue iniezioni di denaro. Quando questo difetta si fa come in famiglia: si tira la cinghia, si vende qualche gioiello oppure, se proprio non va, si cambia aria.
Al di là di proprietari appassionati e benestanti i quali riescono ad assorbire con una certa tranquillità perdite e premi accreditati dopo mesi, e ad allenatori con i box pieni di allievi che possono anche sopportare il pagamento post-datato di qualche pensione, la maggior parte delle scuderie fa veramente fatica a mettere insieme fieno e mangime del mattino con quello della sera.
Si corre per vincere, ma al di là della soddisfazione c’è solo una continua amarezza. Il pagamento dei premi oggi sfiora i 120 giorni, i politici di turno al Ministero di Via XX Settembre suonano sempre la stessa canzone della grande Mina: “Parole, parole, parole…” e per far quadrare i conti il galoppo italiano, dopo fattrici e interi, si sta vendendo pure i castroni. All’ultimo Premio Vittorio Di Capua il primo degli italiani, Cantocorale, è arrivato settimo e si trattava di un gruppo 2. Tra i pochi rimasti perché, come accennato, di 1 non ne abbiamo più da anni e siamo alla soglia del 3 fisso.
Nel trotto l’allevamento sostenuto e qualitativo tiene alto il livello ma in certe riunioni si scende in pista “per un prosciutto al primo” come, scherzando ma non troppo, diceva qualche giorno fa un proprietario-driver a proposito di premi con i quali non ti ripaghi nemmeno la più breve delle trasferte. “Senza soldi non si canta messa” e con il pagamento dei premi “a babbo morto” l’ippica italiana corre sì, ma verso lo sfasciacarrozze.