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  • Il mondo equestre e l'incapacità di comunicare
  • Cultura
  • Diana Migliaccio
  • 26/03/2017

Il mondo equestre e l'incapacità di comunicare

Comunicare è una necessità fisiologica, è una strategia di sopravvivenza, mai come oggi, per esistere è necessario saper comunicare.

Ma il mondo del cavallo, soprattutto la realtà italiana, è in grado di comunicare?

La risposta, drammaticamente negativa, arriva da un esperimento sociale condotto dal giovane cavaliere italiano Filippo Bologni( in collaborazione con la rivista Equestrian Insights e Cavaldonato Comunication) che, armato di telecamera e microfoni si è avventurato in una vox populi semplice ma dai risultati allarmanti.

“Conosce il salto ostacoli?”, questa la domanda principale rivolta a numerosi passanti. “Si, si corre e ad un certo punto bisogna saltare degli ostacoli” a piedi naturalmente. Solo un paio di intervistati hanno tirato in ballo l’equitazione, per il resto, sul vero Salto Ostacoli, quello a cavallo, il buio è totale.

“Cosa ti viene in menti quando pensi al cavallo?”, tra le risposte, oltre alla carne, al vento e alla libertà è emersa la paura, il nulla e la semplice considerazione del cavallo in quanto animale.

La conclusione di queste interviste popolari è semplice e cruda: l’equitazione, le attività sportive e ricreative con il cavallo, nel nostro paese, sono considerate pochissimo. L’ignoranza nei confronti del nostro mondo è palese e preoccupante. Ma a chi dare la colpa?

Ci sono certo le testate di settore, una o due volte all’anno escono articoli anche sulle testate generaliste, Piazza di Siena e Global Champions Tour, prendendo come esempio la cronaca romana. In questi giorni qualche giornalista estraneo ai cavalli si è cimentato a scrivere del rapimento di Unicka e Vampire Dany, accendendo i riflettori sulla morte dell’Ippica Italiana, argomento che conta pochissime righe sui giornali quando non c’è nessun fatto di cronaca da collegarci. Oltre a questo di cavalli se ne parla veramente poco.

Ma torniamo alla domanda principale… di chi è la colpa? Purtroppo, è solo nostra.

Abbiamo tra le mani e nel cuore un mondo dalle potenzialità infinite. Il cavallo è da secoli oggetto di arte, romanzi, simbologia, cultura. Il cavallo è nel cuore di moltissimi italiani che, per un motivo o per un altro, sono attratti da questo possente, buono e meraviglioso animale; eppure, quando si tratta di sport il sipario cala veloce e pesante ad oscurare una nicchia che si considera ancora d’elité, che non vuole aprire le proprie porte alla massa, crogiolandosi in questo abito elegante, esclusivo e per pochi, che per sua volontà, indossa da fin troppi anni.

Dare impulso alla base, promuovere l’equitazione e il rapporto con il cavallo. Queste frasi compongono ormai una filastrocca che viene decantata ad ogni elezione, in ogni dichiarazione o intervista, in ogni conferenza stampa. E se sicuramente qualche risultato qualcuno lo raggiunge il clima generale è quello di un palese insuccesso.

La domenica c’è chi segue il calcio, il tennis, la formula uno, la boxe, mentre sono troppo pochi, in proporzione, gli sportivi che seguono i Gran Premi e la Coppa delle Nazioni. Nonostante tutti, o quasi, rimangano a bocca aperta davanti a una gara di Dressage, Completo o Salto Ostacoli, paradossalmente, quelli che si collegano per seguirne una sono un esiguo gruppetto già facente parte del settore.

In una società sempre più attenta nei confronti degli animali, alla ricerca di svago e di relax, mentre lo Yoga attira sempre più interesse e curiosità, il cavallo in tutte le sue accezioni, che sono numerosissime, non riesce ad emergere. Non possiamo semplicemente asserire che chi non si avvicina ai cavalli o è povero o non è degno di entrare in contatto con loro, dobbiamo piuttosto fare ammenda perché troppo raramente vengono illustrati i benefici generati dal rapporto con il cavallo.

L’equitazione alla fine è pericolosa, costosa, fa male alla schiena e poi fa tutto il cavallo quindi neanche fa dimagrire. Sono queste le considerazioni più scontate nei confronti di questo sport. Ecco, il nostro compito, se vogliamo aumentare le fila degli amanti dei cavalli, è quello di cancellare questi luoghi comuni mostrando il vero volto del nostro sport. Non è sufficiente lasciare libero il prato di Villa Borghese durante Piazza di Siena, non basta rendere gratuito l’ingresso allo stadio dei Marmi durante il GCT, bisogna puntare sul vero protagonista: il cavallo.

 Educazione, promozione di attività ludiche, turismo equestre, vita di scuderia, rapporto con l’animale, disciplina e sportività sono tutti ingredienti che abbiamo a volontà ma che non riusciamo a integrare insieme in una ricetta vincente e adatta a tutti. È triste confrontarsi con colleghi di altri settori e sentirsi dire “ah ma tu parli di cavalli”, è triste leggere di briglie e freni sul web e sui giornali. È scoraggiante notare che la maggior parte delle persone in strada considerano il Salto Ostacoli come una variante dell’atletica. È arrivato il momento di cambiare e di accendere le luci su un mondo che ha tutti i requisiti per ritornare al centro di una cultura che, in passato, è stata segnata dal cavallo. L’Italia non gode più di chissà quale importanza nel panorama equestre mondiale, eppure sono stati i grandi cavalieri delle nostre terre a mettere in campo le grandi innovazioni dell’equitazione. Per tornare ai fasti del passato bisogna accendere la passione, per comunicare il cavallo in modo efficace c’è bisogno di qualcosa in più del grande concorso ippico, bisogna ripartire dal basso, dalle piccole realtà.

Nel mondo del consumismo tutti gli sforzi ora sono orientati nel creare emozioni. Per vendere è necessario creare un’esperienza memorabile che il cliente deve sperimentare, tale da superare le sue aspettative. Alcuni studi hanno dimostrato che l’attività della mente umana si basa per il 5% su meccanismi consci e razionali e per il 95% su meccanismi inconsci ed emozionali. Le aziende dei beni di consumo riescono a creare e comunicare emozioni generando aspettative partendo dal più banale prodotto, persino da un detersivo per lavare i pavimenti. Noi, che al contrario partiamo dall’emozione pura, non riusciamo a comunicare nemmeno quello che già abbiamo. Non serve nessuna invenzione, nessuna intricata strategia, basta mostrare lui, il cavallo, e lasciare che le persone si innamorino perché, come scrive Pam Brown, “Un cavallo, forte, potente, bello, è la proiezione dei sogni che la gente fa di se stessa, e ci permette di fuggire dalla nostra esistenza quotidiana”.

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