Il cavallo scalzo: ma si scivola senza ferri?
Vi sono due scuole di pensiero nel mondo del cavallo domestico: alcuni proprietari scelgono di utilizzare la ferratura ed altri invece preferiscono evitarla, entrambe le possibilità possono certamente convivere, ma qui farò solo riferimento alle qualità del cavallo scalzo o barefoot. Il quesito espresso dal titolo é interessante perché potrebbe portarci ad una serie di considerazioni e collegamenti non così scontati: prima però vi propongo di fare un passo indietro nel tempo, per considerare che i cavalli, in 60 milioni di anni di evoluzione, si sono adattati agli ambienti più diversi e alle morfologie di terreno più varie e sono diventati come li vediamo ora, con le loro caratteristiche anatomiche, fisiologiche e psichiche.
Pensiamo alla loro vita naturale di cavalli liberi, che in branco si muovono in spazi immensi, percorrono 30 chilometri o più al giorno su tutti i terreni alla continua ricerca di acqua e pascolo e che riescono a non estinguersi più attraverso la fuga che con la lotta. Gli studi sul piede del cavallo selvatico, la cui forma e il cui funzionamento sono il risultato delle forze che hanno agito su di esso, hanno portato i ricercatori a definirlo un vero miracolo di bioingegneria… incredibile, vero? Ma il piede scalzo può essere in salute solo se il cavallo viene inserito in una “gestione naturale“ cioè in una gestione del cavallo in ambiente domestico dove sono previste condizioni specifiche quali la socialità, il movimento, l’alimentazione, la termoregolazione, la biomeccanica e il piede scalzo, appunto.
Questo tipo di gestione é adatta a cavalli di ogni razza ed età: il gioco spontaneo e le relazioni che coinvolgono tutti i membri del branco sono un continuo stimolo sia fisico (corse, sgroppate impennate, rotolamento) che mentale-emotivo e permette loro di raggiungere una condizione di completo benessere. Osservando il piede scalzo con l’aiuto di un video (ad esempio vimeo.com “Barefoot slow motion: Rockley Farm” oppure youtube.com “Comparison hoof touchdown: same horse shod and unshod”) si vede che il piede scalzo atterra appoggiando prima il tallone, poi il resto del piede e c’é un anticipo nello stacco. Vediamo anche che la falcata é ampia, il movimento leggero, l’impatto sembra minore, ad ogni passo il cavallo appoggia sul terreno tutte le parti del piede (parete, suola, fettone e barre) e tutte queste insieme sostengono il peso: nella fase di atterraggio i talloni si allargano in un movimento chiamato elaterio. A tutto questo si aggiunge una circolazione del sangue ottimale ed il piede é libero di funzionare come una pompa: i tessuti sono in salute, la temperatura corporea uniforme e vi é una dissipazione delle forze che agiscono su di esso. Il piede é anche fornito di recettori sensoriali ed ognuno ha un proprio scopo : registrare l’impatto, la temperatura, la vibrazione ed il dolore. Il piede é così un organo sensoriale abile alla propriocezione (consapevolezza del movimento). Questa capacità é cruciale per reagire in natura (vita/morte) e nel caso in cui sia carente si ha nel cavallo un alto livello di fatica, stress ed ansia, e di conseguenza, fattore da non trascurare, un numero maggiore di incidenti.
Nel piede scalzo troviamo attivi elaterio e recettori sensoriali: ma quanto questi sono significativi in termini di equilibrio su terreni difficili? Abbiamo raccolto alcune esperienze di percorsi effettuati su cemento, asfalto, granito e marmo, ghiaccio, neve, sentieri sassosi e fangosi. Il Corpo di Polizia a cavallo di Houston (The Houston Mounted Police Patrol) dal 2003 utilizza cavalli barefoot: 40 cavalli di tutte le razze e backgrounds che lavorano 8-10 ore ogni giorno su asfalto, cemento, granito e marmo. Gli agenti di polizia affermano, con la consapevolezza della loro esperienza, che il grip é migliore, il cavallo é più sicuro ad ogni andatura, che la loro salute é migliorata e di conseguenza i costi veterinari si sono dimezzati. Sia sul marmo che sul ghiaccio il piede scalzo agisce sfruttando l’elaterio, cioè con una lieve azione di “ventosa naturale” che viene attivata dal peso del cavallo stesso. Anche con neve il cavallo scalzo può proseguire la sua attività perché il calore naturalmente prodotto dal piede fa sì che la neve non si attacchi. Si evita così l’accumulo di neve sotto la suola , quella palla di neve che, oltre a causare pressioni dolorose, provoca pericolose scivolate a cavallo e cavaliere. Su un sentiero in alta montagna tra enormi massi, il cavallo scalzo riesce a muoversi agilmente: siamo rimasti esterrefatti nell’osservare come piccoli cavalli scalzi someggiati procedevano in alta quota a oltre 5000 mt di altitudine in Ladakh. La guida conduceva a mano la cavalla “madrina” e utilizzando una lunga corda le lasciava scegliere il percorso tra i massi, su un terreno ripido fatto di pietre franate dove il sentiero era per lo più inesistente: gli altri cavalli, tutti someggiati, seguivano liberi, a poca distanza l’uno dall’altro. Sui terreni sassosi il piede scalzo si adatta in modo da mantenere un allineamento migliore delle falangi e cioè con un angolo minore tra le stesse producendo quindi minori sforzi articolari. Grazie alla deformabilità della scatola cornea e ad una flessibilità laterale, le cartilagini alari si muovono in modo lievemente indipendente. Queste qualità del piede scalzo sono di grande vantaggio anche su terreni fangosi, perché non solo non c’é ovviamente il problema che si strappi via un ferro con eventuali danni alla parete, ma anche perché nel fango le barre ed i talloni assicurano un grip naturale interessante: un’opportunità che non dobbiamo sottovalutare anche per attività impegnative come gare di salto su campo in erba, cross country o reining con sliding stop. Possiamo anche aggiungere che il cavallo barefoot ha buone prestazione in gare a tempo perché la propriocezione favorisce un miglior posizionamento del piede in curve strette: é senza dubbio vero che anche con il cavallo scalzo vi é il rischio di scivolare, ma inciampi e cadute si riducono significativamente, così come diminuisce la pericolosità di calci e autotraumatismi.
A volte, dopo aver scelto di sferrare il cavallo, vi é un periodo “di transizione” difficile: il piede é sensibile, il cavallo é in difficoltà soprattutto in passeggiata quando trova terreni diversi da quelli del suo paddock, e così arriviamo a dubitare della scelta fatta. Ma in tal caso possiamo rivolgerci con tranquillità a veterinari esperti in gestione naturale ed a pareggiatori professionisti, per avere una verifica di tutte le condizioni della nostra gestione ed anche per ottenere consigli sull’utilizzo transitorio o saltuario di scarpette. Sicuramente tutte le attenzioni volte a migliorare il piede del nostro cavallo porteranno grandi vantaggi non solo al piede ma anche alla sua salute generale. Solo un approccio attento e rispettoso della sua natura ci permetterà di vivere con lui una relazione più profonda, intensa e gratificante, una relazione che si pone in una dimensione diversa, dove la sua sicurezza é la nostra sicurezza e dove il suo benessere é il nostro benessere