Il cavallo e il mare, un connubio evocatore di antichissime immagini
Un magnifico stallone nero nuota nel mare. Ha la testa fuori dall'acqua, e sta spendendo tutte le sue energie per salvarsi la vita: è caduto dal ponte di una nave massacrata dalla tempesta, che lo stava portando negli Stati Uniti dalla natia Arabia. Quel cavallo è un naufrago, e chissà se riuscirà a raggiungere vivo qualche costa del Mediterraneo. Questo non è che l'inizio di un film amatissimo, di grande successo, diretto da Carrol Ballard, tratto da un romanzo del 1941 di Walter Farley che si intitola "Black Stallion". Il film è del '79, e tale è stato l'apprezzamento del pubblico di tutto il mondo, che poi è stato fatto un sequel, "Il ritorno di Black Stallion ", e un prequel televisivo " Il giovane Black Stallion". E infine una serie canadese durata tre stagioni.
Il mare e i cavalli. O meglio, i cavalloni (che secondo la Treccani indicano " una alta onda marina molto veloce che corre nella direzione del vento") e i cavalli, che la mitologia greca racconta siano nati da una scintilla del dio Poseidone, re del flutti e dei terremoti. Forse per questo il fotograma del film di Ballard che riprende con una camera subaquea lo stallone mentre nuota, illuminato dal sole della salvezza, porta con sè tante suggestioni: ogni occidentale, anche se non ha frequentato da vicino le storie della mitologia, è - e resta - un individuo la cui identità è stata formata da quella cultura. Il film di Ballard fu prodotto da Francis Ford Coppola per la United Artist. Tanto che suo padre Carmine - anzianissimo musicista - è uno degli autori della colonna musicale. Carrol Ballard era stato compagno di corso di Coppola alla UCLA, una prestigiosa scuola di cinematografia. Come documentarista aveva poi realizzato alcuni cortometraggi, fra cui uno, intitolato "Rodeo", in cui raccontava in chiave intimistica la finale nazionale dei Rodeo che si tiene a Oklaoma City.
Coppola fu conquistato proprio da quella vena intimistica, e dando fiducia al suo antico compagno di università gli offrì di debuttare in un film di fiction a grosso budget. Si trattava di raccontare una vicenda di solitudine, di pericolo, di iniziale diffidenza fra un cavallo selvaggio e il ragazzino che era naufragato con lui. Il tutto nel silenzio di un'isola disabitata (questa parte del film è stata realizzata in Sardegna, sulle spiagge di Li Cossi e di Pissinas, giudicate da Ballard perfette per raccontare la bellezza e l'asprezza di quel rapporto). Le scene in cui il ragazzino riesce ad avvicinare lo stallone, e pian piano a salirgli in groppa ( lo fa in acqua, per attutire le conseguenze delle inevitabili cadute) sono davvero indimenticabili: l'immagine del piccolo cavaliere che allarga le braccia guardando il cielo mentre il cavallo galoppa fra le onde è di quelle che giustificano da sole il costo del biglietto. Tratti in salvo da una barca di pescatori, il ragazzino e il cavallo raggiungono finalmente la loro primitiva destinazione: gli Stati Uniti. Dove il mondo degli adulti fa di tutto per mettere in difficoltà il rapporto fra i due, mettendo in campo logiche forse ragionevoli ma poco attente alla loro relazione. Il cavallo è sempre più inquieto nel suo box, il ragazzino va sempre peggio a scuola. A intuire le qualità atletiche del cavallo, che accetta di essere montato solo dal suo giovane amico, è un anzianissimo uomo di scuderia, interpretato da Mickey Rooney, lo storico "piccoletto" di Hollywood che già da ragazzino, in virtù della sua bassa statura, aveva interpretato nel 1944 il ruolo di un fantino in "Gran Premio" con Liz Taylor. E da quel momento il ragazzino e lo stallone si prendono le loro meravigliose rivincite.
Con l'arrivo del personaggio dell'allenatore il racconto prende una piega meno originale, che del resto è quella del libro da cui è tratto. Ma, al dunque, il film conserva una sua intrinseca originalità in ogni inquadratura. Tanto che il critico cinematografico Kenneth Turan scrisse: "Ballard sa essere al tempo stesso attento e sobrio, riducendo al minimo il contenuto sdolcinato di un film e massimizzando il senso di meraviglia". Un senso di meraviglia che è giunto intatto fino a noi: anche oggi la visione di quel film conferna la bravura del magnifico Mickey Rooney, del piccolo protagonista, e del regista Ballard. Che fu poi autore di un bellissimo film prodotto dalla Disney "Never cry wolf" (Non gridare al lupo) incentrato sulla storia di un etologo che veniva spedito in Alaska a studiare i lupi. Un film molto poco disneyano ( la Disney non fu contenta del risultato anche se il film venne invitato al Festival del cinema di Venezia, proprio per l'originalità dello stile narrativo). Ma, tornando a Black Stallion, ecco qualche informazione sul protagonista equino: lo stallone che interpreta il ruolo di Black era un campione di razza araba di nome Cass Ole, trovato dai produttori in una scuderia del Texas. Il cavallo era stato addestrato per comparire negli show equestri e dunque era abituato a eseguire le azioni richieste dell'uomo. Lo stallone è stato campione internazionale di morfologia in più di 50 concorsi fra il 1975 e il '76. Cass ha poi partecipato anche a "Il ritorno di Black Stallion", dove è stato affiancato da una "controfigura" di nome Fae Jur. Gli altri attori del cast sono Kelly Reno, nei panni dell'adolescente (che monta benissimo: a lui un bel 10 e lode), e Teri Garr, che interpreta la preoccupatissima mamma. Senza contare Rooney. Ma chi, come si dice in gergo, è "sdraiato sul titolo" è lui, il meraviglioso stallone nero.