I cavalli di Giovanni Fattori, il pittore del silenzio
QUALE CAVALLO di Gian Luigi Giovanola
Edizioni Ermanno Mori – Museo Storico del Trotto
"... E’ inutile nascondercelo. I nostri maggiori storici e critici del dopoguerra si interessano un bel nulla, o quasi, dell’Ottocento.
Argan, per fare un esempio, nella sua Storia dell’Arte (Sansoni, 1970) dedica poche righe a Giovanni Fattori. Dopo aver detto che è “un artista autentico”, scrive: “Nasce dalla ribellione all’inerzia accademica del quadro storico” e ancora: “Questa volontà di chiarezza morale è evidente nel miglior artista del gruppo (i Macchiaioli – ndr) Giovanni Fattori… Il disegno di Fattori non è il disegno accademico generico ed evasivo: è, come era nella cultura figurativa toscana del Quattrocento, un disegno che penetra, definisce, incide. Ma è pur sempre un’antica struttura che viene riassunta e impegnata ad afferrare e dare valore al presente; e proprio per ciò i Macchiaioli non arrivano mai alla piena identificazione di sé con l’oggetto, e di fronte alla realtà conservano una attitudine di testimonianza e commento. Come chiaramente si vede dall’aneddotismo delle figurazioni militari del Fattori e, in genere, dall’interesse per l’episodio e il fatto di cronaca che tanto concorre a sviare l’interesse figurativo dei suoi compagni di gruppo.
Il limite dei Macchiaioli consiste in sostanza nell’aver voluto fare del linguaggio figurativo toscano una lingua viva, capace di rendere il senso della realtà del giorno”.
Ora mi chiedo se Argan abbia mai visto questo “Dragoni in marcia”. Non so proprio vedere nell’opera alcun accenno di “aneddotismo di figurazioni militari”. Questo quadro sarebbe stato da appendere nello studio del fotografo Nadar, che aveva la capacità di intuire subito il valore estetico di un’opera.
In genere Fattori si sofferma sul cavallo con nitore e precisione di linguaggio ma qui bastano poche pennellate per rendere le figure e l’atmosfera. I quattro dragoni a cavallo attendono, sotto un sole abbagliante, l’arrivo del plotone. Scusate se sono retorico, ma tutte le colte che guardo questo dipinto, mi pare quasi di sentire il calpestio del trotto unito alle voci e ai richiami dei cavalleggeri che stanno per raggiungere i silenziosi ufficiali; solo loro, forse, sanno che cosa li attende quando il sole calerà dietro l’orizzonte.
Quasi sempre, anche nelle scene di battaglia, ci sono in Fattori pause di silenzio, senso di attesa, quasi presentimento di qualcosa che sta per accadere.
Anche nel quadro “Il muro bianco” c’è un a sensazione di solitudine. I cavalieri avanzano silenziosi e cauti verso l’ignoto. E la vasta zona assolata e “il silenzio” del muro bianco testimoniano in Fattori la capacità, unica nel suo tempo, di raggiungere una metafisica ante litteram.
Nelle sue memorie Renato Fucini scrive a proposito di Fattori: “Stando un giorno a vederlo dipingere una scena di guerra dove era un folto gruppo di soldati a cavallo in fuga, gli domandai: “O l’idea di fare uno staffato in tutte queste cariche, in queste fughe t’è mai venuta?” Mi guardò meravigliato, in aria interrogativa. Sempre lui! Non sapeva cosa era uno staffato”.
Quando finalmente Fattori capì cosa stesse dicendo l’amico, dipinse un quadro, “Lo staffato” appunto, che sarebbe stato benissimo nello studio di Nadar.
Anche questo? dirà qualcuno. Sì, anche questo, càspita!"