Galoppo. Chapeau a Miki Cadeddu e a Dylan Mouth
Veni, vidi, vici per Dylan Mouth, che fa ritorno in Italia nel Milano dopo i mesi trascorsi a Newmarket sotto le cure di Marco Botti, e per Nepal, tedeschina piena di ambizioni che rimpicciolisce le nostre nelle Oaks, non solo lei ma anche le altre venute dall‘estero, tutte pimpanti e cariche di energie per un en-plein che ci umilia nel Derby rosa e ci fa capire il gap esistente tra noi e quanti nell’ippica operano con giudizio, mentre in Italia, come diceva Ginettaccio <gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare>. Dylan, cavallo superbo, generoso e determinato come pochi, quando si tratta si battere gli zoccoli sul verde di San Siro o delle Capannelle, ma privo di argomenti e schiacciato dai rivali appena evade in cerca di gloria dai nostri confini, contro i mastini di Ascot che ti lasciano per strada se non hai i garretti caldi e i polmoni gonfi di ossigeno per issarti su quella salita e sentire il rintocco della campana che annuncia l’ultimo strappo verso il traguardo.
Non c’è da gioire per la sua vittoria nel Gran Premio di Milano, un Milano avvilito dalla collocazione, troppo a ridosso del nostro Blue Ribbon, e per la dotazione assai modesta che tiene lontani i grossi calibri internazionali poco disposti ad accettare quella sfida un tempo da loro ambita, vedi i tedeschi con le armi sempre affilate da Star Appeal a Stuyvesant in poi, vedi i parigini gagliardi e intenzionati a dettar legge con la loro altera presenza: Beaugency, Beau Charmeur e non solo loro.
Lontani i tempi e il riverbero che ancora ci affascina delle imprese segnate dal marchio di Tesio, Botticelli che illuminava San Siro dall’alto della sua classe, Ribot meno seducente di Dylan, ma con un motore che nemmeno la Ferrari ha saputo fare di meglio, e ancora Marco Visconti, splendente nelle linee come un colosso di Fidia, o Weimar caduto nel dimenticatoio, ma grande e travolgente come pochi, per approdare a Sirlad, il gigante mandato in pista da Gaetano Benetti e uscito vittorioso da un duello feroce con Infra Green davanti alle tribune stracolme di folla, in preda allo stordimento e al delirio più sfrenato; ma Di Nardo non mollò di un centimetro in sella all’asso di Oddino Pietra e il boato che salutò quel trionfo mette ancora i brividi.
Nepal è andata come la lama nel burro, troppo vulnerabili e con molte lacune le nostre nelle Oaks, per la gioia di Michael Cadeddu, figlio d’arte, attore mancato, chi lo sa, già allora coi suoi fan nella fiction “il medico in famiglia”, solare nella gioia e nel sorriso, unica nota lieta per noi ammirati dal talento italiano, dalle strategie spesso vincenti dei nostri jockey, Michael l’ultimo della schiera e Frankie e Atzeni e Rispoli, esemplare nel condurre al successo un ritrovato Kaspersky nel Vittadini. Ma il resto è solo grigiore e passione che sfuma nel passato.