Francis, il mulo parlante che seppe farsi...psicoanalista!
Silenzio, si gira. Anzi, silenzio si raglia. Ebbene sì, questa volta parliamo di un equide che "non" è un cavallo: il mulo, che è un incrocio fra un asino e una cavalla. L'ibrido che invece nasce da un cavallo e un' asina si chiama bardotto. Sono numerosi i muli che hanno abitato la storia del cinema. A partire dal più famoso di tutti, Francis, il mulo parlante, star di una serie di film made in U.S.A. che nei primi anni Cinquanta ebbero un grandissimo successo al di là e al di qua dell'oceano. Protagonista, nei panni di Francis, una meravigliosa mula (femmina) di nome Molly, pagata dagli studios Universal 350 dollari e selezionata perchè molto docile e collaborativa. Accanto a lei un giovane attore, Donald O' Connor, che grazie al successo di questa serie verrà scelto come protagonista assieme a Gene Kelly e a Debbie Reynolds del celeberrimo musical "Cantando sotto la pioggia".
Il primo capitolo della serie (di modestissimo impegno produttivo, basti pensare che la giungla del trentottesimo parallelo era stata ricostruita con poche felci nel giardino degli studios) racconta di un soldatino americano, Peter Stirling ingenuo e sprovveduto, che durante la guerra di Corea perde le tracce del suo battaglione nella giungla, e viene salvato da un mulo dell'esercito, che gli indica come ritrovare la propria postazione bellica. Il mulo Francis -incredibile a dirsi - parla esprimendosi con grande proprietà di linguaggio, è molto colto, ha uno spirito sardonico, e un'innegabile sagacia che mette al servizio del suo "protetto" umano. Francis dialoga solo con Peter, mentre con il resto del mondo è un mulo simile in tutto e per tutto agli altri muli. Allo sprovveduto soldatino svela i piani militari dei generali, a lui indica la strada, a lui raccomanda di non raccontare a nessuno la sua capacità di esprimersi come e meglio degli umani. Ma Peter non sa trattenersi e così rivela ai suoi superiori le straordinarie qualità di Francis. Finendo così a intrecciare canestri in un ospedale per malattie mentali. Alla fine del primo film, ecco la rivelazione: per toglierlo dai guai, Francis si identifica a voce alta con il generale in comando, come "Francis, 123° distaccamento muli, matricola M52519". Con il risultato di essere congedato assieme al soldato Peter Stirling.
Il successo di quel film a bassissimo budget (diretto, come gli altri che seguirono, da Arthur Lubin, un regista che si era fatto le ossa con molti film interpretati da un duo comico conosciuto da noi con il nome di Gianni e Pinotto) fu tale, che ne vennero rapidamente realizzati altri cinque (con maggiori finanziamenti), in cui Peter e il suo mulo, divenuto inseparabile compagno di vita, si trovano alle prese con il mondo del giornalismo, delle corse (imperdibile "Francis alle corse", in cui il mulo psicoanalizza una dotatissima galoppatrice, che però ha il timore della vittoria, riuscendo così a salvare le sorti dell'allevamento in cui è nata). Francis sa di letteratura, di moda, di appeal femminile (insegna a camminare con grazia alla ragazza che vuole destinare a Peter, e che gli sembra troppo goffa).
Diciamo subito che Francis non è un animale "antropomorfo": Francis è una creatura surreale, una sorta di essere magico, un genio della lampada ( anzi, del box), nato dalla penna dello scrittore David Sterne che si occupò anche delle prime sceneggiature.
Per la voce di Francis fu scelto un abilissimo doppiatore Chill Wills, dotato di una voce bassa e autorevole. Per fare in modo che Molly ( la mula protagonista) muovesse le labbra quando "parlava", il suo addestratore Les Hilton le metteva in bocca un piccolo attrezzo affinché, tentando di liberarsene, facesse un po' di smorfie. Al sesto film, Donald O' Connor decise di lasciare la serie. Secondo il critico cinematografico Leonard Maltin, Connor, dichiarò: "Quando giri sei film e il mulo riceve dai fan molta più posta di te...". Bellissima battuta, ma la verità è che il successo aveva aperto a O' Connor altre strade. Mickey Rooney lo sostituì interpretando un personaggio assai simile, ma il settimo film della serie non ebbe un buon esito e l'avventura cinematografica di Francis ebbe fine.
Però sarebbe sbagliato pensare che i muli siano scomparsi dagli schermi. E non solo perché il regista Spike Lee ha chiamato la sua casa di produzione "40 acri e un mulo" ( era la dotazione che gli Stati del Nord offrivano ai neri liberati dalla guerra di secessione) ma anche perché i muli sono stati, con le loro groppe robuste e potenti, protagonisti dell'epopea del West. Basta pensare a "Balla coi lupi" dove un tiro di sei muli è aggiogato al carro rifornimenti che deve portare alla frontiera la dotazione dell'avamposto. E il mulattiere, ucciso dalle frecce degli indiani, muore gridando " Non ammazzate i miei muli! I muli no!". Non solo: nel film "Geronimo" (bellissimo, un vero cult del 1993), il generale Crook, interpretato da Gene Hackman guida la carica dei suoi uomini cavalcando un mulo.
Il legame, antico e atroce fra il mulo e la prima guerra mondiale viene raccontato anche in "Uomini contro" di Franco Rosi ( anche lì: generali a dorso di mulo) e in "Addio alle armi" tratto dall'omonimo romanzo di Erenest Hemingway e diretto da Charles Vidor, dove si vede una interminabile colonna di uomini e di muli affardellati che si avvia verso il fronte. E che dire della mula Silvana, che compare nel fim di Gabriele Salvatores "Mediterraneo"?
Nella realtà gli ultimi muli sono stati dismessi dall'esercito italiano nel 1993. E gli alpini della brigata Cadore si sono tassati per comperarli ed evitare che finissero al macello. Di quegli animali ne è in vita ancora uno, Iroso, che ha 38 anni e che è stato portato, in uno speciale van imbottito, e con tutti gli onori, all'ultimo raduno degli alpini, tenutosi a Treviso l'anno scorso. Una vera star, proprio come Francis.
Ma tornando al cinema: c'è un bellissimo libro di Salvatore Maira, uscito per Bompiani due anni fa con il titolo "Diecimila muli. Un romanzo di uomini e di bestie" a cui è interessato un grande nome del cinema internazionale: racconta dei diecimila muli che l'Italia deve fornire alla Grecia nel 1949 come risarcimento dei danni di guerra. Migliaia di bestie, che devono essere giudicate sane da una commissione veterinaria, per poi essere imbarcate a Messina e sbarcate al Pireo. Un film epico, di grandi masse, con al centro un mulo. Anzi, diecimila.