Costruire una relazione con il cavallo
Quando ho a che fare con un nuovo cavallo, che sia per un periodo di addestramento o per la vita, mi preoccupo fin dal primo giorno di instaurare una relazione con lui. Posso affermare senza vergogna che dedico tantissimo tempo a conoscere il cavallo che ho davanti, anche solo leggendo un libro nel suo paddock, uscendo con lui a pascolare o oziando nel campo da lavoro, magari mangiando insieme la sua razione di pietanza o qualche carota. Agli occhi di molti questo può sembrare una perdita di tempo e per molti clienti anche di soldi; perché dovrebbero pagare qualcuno che passa il tempo a bighellonare con il loro cavallo? Ai miei occhi, invece, è la componente che farà poi progredire rapidamente il cavallo nel lavoro ma soprattutto mi permetterà di farglielo svolgere con il suo pieno consenso e con la sua collaborazione attiva. Se saltassi questa fondamentale fase, e iniziassi dal primo giorno con il lavoro vero e proprio sarebbe un SUBIRE l’addestramento mentre nella mia filosofia è molto importante che il cavallo partecipi ATTIVAMENTE ma questo è un aspetto che approfondirò in un altro articolo. Adesso vorrei soffermarmi proprio su questa affascinante fase che, essendo un inguaribile romantica, voglio chiamare “DELL’INNAMORAMENTO” ma perché? Il nuovo arrivo si trova lontano da casa, ha lasciato amici e punti di riferimento, magari è già passato parecchie volte di mano in mano e non sempre in mani gentili.. la fiducia che ripone in chi sta dall’altro capo della lunghina è spesso flebile o totalmente assente devo perciò conquistare la sua fiducia e accrescere la stima che prova sia nei miei confronti che anche e soprattutto verso se’ stesso. Come?
LA FAMIGLIA EQUINA
Per spiegare questo passaggio mi piace analizzare, innanzitutto, la componente etologica dell’animale che abbiamo di fronte. Il cavallo come sappiamo tutti, è un animale da branco. Il puledro, esattamente come un bambino umano, nasce in una famiglia dove ci sono delle figure che vengono prese come riferimento per affrontare le difficoltà quotidiane della vita, grazie a loro svilupperà un equilibrio psicologico stabile e la capacità di affrontare serenamente situazioni difficili. Queste caratteristiche etologiche fanno sì che, dimostrandoci delle guide sicure, possiamo davvero essere la figura di riferimento del nostro amico cavallo.
UNA GUIDA SICURA
A questo punto ci scontriamo subito contro un grande scoglio che probabilmente differenzia il mio lavoro dalla maggior parte delle pratiche addestrative in circolazione.. perché mai un cavallo che non mi ha mai visto dovrebbe attraversare un fosso perché glielo dico io ? Perché dovrebbe lasciare casa sua per avventurarsi in una passeggiata dove la sua incolumità è nelle mani di una sconosciuta? Ricordiamoci sempre della base etologica da cui partiamo. Abbiamo detto che il cavallo è un animale da branco ma anche e soprattutto da fuga ciò vuol dire che davanti a una situazione che reputa pericolosa fugge. Per tutta risposta molti metodi chiedono al cavallo di rimanere immobile. L’animale viene esposto a vari stimoli ai quali risponde come natura comanda ovvero cercando di scappare tirando disperatamente sulla capezza finchè non capirà che l’unico modo per far allontanare lo stimolo è fermarsi e rimanere fermo. Questa pratica viene chiamata desensibilizzazione o in estremo flooding personalmente la reputo controproducente per varie ragioni. Per prima cosa ho intitolato questo capitolo “una guida sicura” e non vedo come potremo esserlo se iniziamo l’addestramento esponendo il cavallo a stimoli per lui molto spiacevoli. Avrà una buona impressione di noi ? assolutamente no! Detto questo i cavalli abituati a subire questo tipo di desensibilizzazione sono tristemente riconoscibili e differenzierei il loro stato d’animo in tre fasi.
Inizialmente l’occhio è sbarrato, sono paralizzati dalla paura o meglio in uno stato chiamato freezing, immobili ma comunque terrorizzati ;nella seconda fase l’occhio sembra diventare triste ma in realtà è la manifestazione dello stress che si può notare anche dall’ accentuarsi delle rughe sulle sopracciglia; nella terza fase diventano apatici, sembrano chiusi in se stessi come se la loro mente fosse da un'altra parte. Questa terza fase potrebbe far sembrare che alla fine tutto sommato il cavallo sia arrivato a comprendere che la paura che provava fosse ingiustificata ma è solo in uno stato che si può definire “di impotenza appresa” ovvero ha capito che ogni suo sforzo sarà vano perciò si arrende .
Ma pensandoci bene io non voglio un cavallo arreso! Tutt’altro, io voglio un cavallo che sviluppi la sua innata curiosità verso il mondo che lo circonda. Ebbene si, se ci fermeremo un secondo ad osservare un puledro non ancora condizionato e cresciuto in socialità ci accorgeremo che è tutt’altro che un individuo terrorizzato da tutto, ma piuttosto una personalità in evoluzione che vuole conoscere con entusiasmo ogni cosa che lo circonda. Come ho già detto i cavalli sono curiosi per natura basterà incanalare questa curiosità negli stimoli a cui vogliamo sottoporli e il gioco è fatto! Inoltre il ruolo “di figura degna di essere seguita e stimata” va conquistato, non è esigibile, è il cavallo che ci sceglie come referenti in base alla nostra capacità di gestire le difficoltà con calma e risolutezza . Anche in questo caso avrei molto da dire ma affronterò queste tematiche in un altro articolo, per ora voglio dire che do molta importanza ALL’ EMPATIA E ALL’ASSERTIVITA’. Con queste due parole chiave voglio intendere che di fronte ad una situazione che mette in difficoltà il nostro cavallo non dobbiamo essere critici! Bensì empatici, rassicurando il cavallo che comprendiamo la sua preoccupazione ma assertivi, mostrando una soluzione ragionevole del problema.
Parte prima