Come i cavalli e i cani percepiscono il mondo (o almeno tentiamo di avvicinarci)
Il titolo è senz'altro presuntuoso (volutamente) ma poi il sottotitolo puntualizza, perché, mettiamoci il cuore in pace da subito, è umanamente impossibile sapere con esattezza come davvero vede un cavallo o cosa prova nell’odorare una certa sostanza o come percepisce un rumore insolito; anche perché un processo percettivo coinvolge molti altri aspetti oltre quello puramente “meccanico”. Però possiamo avvicinarci, sempre di più, e questa è la bella notizia. Possiamo farlo attraverso la conoscenza, attraverso l’esperienza, ma anche sviluppando un modo di pensare e di agire più empatico e aperto alle differenze. Diffiderei da chi dice o scrive cose troppo perentorie al riguardo o, perlomeno, non prendiamolo per oro colato perché ci sono così tante cose che ancora ignoriamo.
Perché la Percezione. Ho deciso di affrontare questo tema all’inizio perché credo fermamente che prima di qualsiasi approccio relazionale, addestrativo o metodologico sia importante cercare di capire la vera natura dell’animale (e poi anche proprio di quell'individuo lì) e di come percepisce e vive il mondo.Troppo spesso si fanno o si insegnano (magari in buona fede) cose contrarie alla natura del cavallo e controproducenti per la relazione umano-equino. Anche da queste premesse deriva il mio desiderio di provare a fare un po' di chiarezza. Il lavoro non vuole essere un testo tecnico-scientifico pur essendo supportato dalla lettura di importanti studi scientifici ed etologici (vedi bibliografia*), piuttosto un lavoro con intenti soprattutto pratici. Per questo si sottolineano di volta in volta comportamenti ed episodi che nella realtà quotidiana accadono molto spesso e la cui causa viene spesso travisata.
Teoria e pratica. Difficilmente si può trovare un campo, quale quello dei cavalli, dove teoria e pratica dovrebbero andare di pari passo: chi predilige troppo la pratica si trova spesso a non sapersi spiegare certe dinamiche e quindi a fare sempre le stesse cose perché “si è sempre fatto così”; chi invece troppo la teoria non s’avvede che gli studi, le ricerche eccetera non possono tenere in considerazione le numerose variabili che si presentano: individualità, contesto, stato d’animo del momento (di cavalli ed umani), insomma non si può sopperire alla pratica. Per di più l'osservatore/indagatore umano difficilmente può essere neutrale (se non in un contesto del tutto naturale in un'ottica di pura osservazione).
Sì, ma... cos'è la Percezione? Spesso percepiamo la “nostra” realtà come oggettiva, quella di riferimento, ma ciò che noi consideriamo realtà non è la realtà assoluta, l’unica, bensì quella che la nostra natura e i nostri sensi ci permettono di percepire in un determinato contesto. Quindi dovremmo fare uno sforzo per capire ed accogliere le differenze di altre “realtà” piuttosto che giudicare ed agire secondo la propria. (“l’occhio vede soltanto quello che la mente è preparata a comprendere” cit. Robertson Davies)
Per prima cosa proviamo a dare una definizione del termine. Quella più adoperata, che appare nella maggior parte di studi e articoli sull’argomento, recita più o meno così: “i cavalli, (come la maggior parte dei vertebrati) condividono con noi i (canonici) 5 sensi: il modo in cui le informazioni attraverso tali sensi sono organizzate, interpretate ed elaborate viene chiamato Percezione.” Dopo di che, normalmente, si passano in rassegna i 5 sensi separatamente… Una definizione poco soddisfacente, che non ci aiuta nel nostro percorso di ricerca. Potremmo addirittura chiederci se davvero è corretto affermare che la percezione è affidata ai 5 sensi o non sia solo un modo parziale e lacunoso per tentare di descrivere delle dinamiche così complesse.Del resto, bisogna anche tener presente che le cose sono in continua evoluzione anche in campo scientifico e quello che era considerato valido e certo qualche tempo fa, viene spesso rivisto e corretto se non ribaltato (per es. fino a pochi anni fa si riteneva, in ambito scientifico, che i cavalli non potessero vedere i colori).
Un punto particolarmente importante e da tenere sempre in considerazione è il principio di unità di intenti e non separazione dei sensi: per facilità e pratica siamo soliti leggere o studiare separatamente i sensi, gli organi percettivi (e anche qui percorreremo in parte questo schema) ma in questo modo si rischia di considerare un animale (lo stesso per l’uomo) come se fosse costituito a compartimenti stagni. Pensiamo semplicemente a quanto possono essere influenti i diversi contesti, le sensazioni, gli stati d’animo e così via nei nostri processi percettivi… Per non parlare della continua collaborazione e scambio d'informazioni tra i sensi stessi... come possono le scienze quantificare o standardizzare certe dinamiche?
Preda vs predatore. Il primo fattore che viene normalmente messo in luce nella trattazione della percezione nei cavalli è quasi banale: il cavallo è una preda!Che il cavallo sia una preda ormai ce lo sentiamo dire in continuazione. Negli ultimi decenni più che mai grazie soprattutto alle scuole di horsemanship e ad una nuova didattica (spesso superficiale) che ha portato l’attenzione su tale constatazione. Ma cosa vuol dire realmente? Infatti, troppo spesso il concetto di contrapposizione preda/predatore viene banalizzato o perlomeno non articolato a sufficienza, spesso sfruttato per scopi addestrativi e divulgativi. La maggior parte degli addetti ai lavori (trainers, proprietari e così via) pensa che la cosa possa essere ricondotta a una sorta di istinto che si traduce in una propensione del cavallo ad impaurirsi e fuggire o, addirittura, attaccarci; in questi casi i trainers intervengono con una serie di accorgimenti e strategie, comportandosi da 'predatori' in modo tale da trarre vantaggio dalla natura di preda del cavallo. Avrete senz’altro visto tecniche che mettono in atto strategie predatorie per poi guadagnarsi la famosa leadership o, perfino, per diventare il miglior partner del cavallo! Interpretazione alquanto contraddittoria e che fa acqua da tutte le parti. Le cose stridono un po' non vi pare? Eppure quante volte l'abbiamo visto? Per esempio la pratica di mandare via il cavallo nel tondino o nel recinto finché non ci dà segnali più “amichevoli” è, purtroppo, considerata una pratica normale. Strategie del genere, in cui di solito i trainers dicono una cosa ma di fatto ne fanno altre ce ne sono a decine e si potrebbe argomentare per ore, ma non è questa la sede. La faccenda è un po’ più seria e complessa… cosa vuol dire realmente essere preda? Avere i sensi, gli organi, il cervello eccetera strutturati e predisposti per questo?
Ovviamente il cavallo è una preda! Non sono bastati 6.000 anni di domesticazione per cancellare i suoi tratti biologici. La selezione naturale, l’evoluzione e altro hanno plasmato per milioni di anni la natura del cavallo, e anche il cavallo domestico ce lo dimostra ogni giorno. Possiamo senz’altro dire che i sensi e gli organi dei cavalli si sono evoluti da 55-60 milioni di anni come quelli di un erbivoro semi-nomade pascolatore che vive principalmente in ampi spazi aperti... una preda il cui primo istinto nei confronti di una presunta minaccia è quello della fuga; in casi eccezionali può combattere invece di fuggire (anche troppo famoso e abusato il comportamento denominato fight or flight). In certe condizioni quasi tutto può essere percepito come pericoloso dal cavallo: un minimo movimento, un cambiamento apparentemente insignificante dell’ambiente circostante, un compagno equino inquieto, un rumore insolito… e così via.
Allo stesso tempo però il cavallo non è perennemente in allerta, anzi, lo vediamo per la maggior parte della giornata godersi la vita (passatemi l’espressione) tranquillamente, se ne ha l’opportunità; potremmo dire che il suo istinto di preda è latente e in grado di attivarsi in una frazione di secondo se del caso.
Se da una parte è ovvio che anche il cavallo domestico sia una preda ci sono almeno tre concetti che rendono più articolata la questione, concetti che possono essere riassunti con tre parole: Adattabilità - Socialità - Contesto. Il cavallo si è adattato anche a situazioni lontane anni luce dalla propria indole e dal proprio habitat naturale; è un animale di branco con una spiccata socialità e capacità comunicativa troppo spesso sottovalutate (e che, tra l'altro, rende il loro “addestramento” più semplice) e lo porta comunque a socializzare come può anche in condizioni innaturali; il contesto troppo antropizzato e ristretto (spesso non ha neppure una via di fuga) cui viene sottoposto lo induce a comportamenti anomali a prima vista e fuorvianti. Per affrontare questo tema ci vorrebbero ore ma è doveroso cercare di non banalizzare il concetto. Rapportarsi con lui mettendo sempre in contrapposizione le dinamiche preda vs predatore è frustrante, anche perché noi, piccolo particolare, non dobbiamo per forza fare i predatori, anzi, alcuni di noi, sono pessimi predatori
La vista. (Introduzione)La vista del cavallo è, tra tutte, la qualità percettiva che più difficilmente possiamo immaginare, proprio perché tanto diversa dalla nostra!
Facciamo (come cavalieri o uomini di cavalli) spesso l’errore di considerare il loro modo di vedere come simile al nostro e agiamo di conseguenza, ma non è così. Quante volte abbiamo sentito dire in passeggiata di fronte a dei “blocchi” del nostro amico: “ma l’hai visto mille volte!” oppure “ma non vedi che non c’è nulla!” . Beh, non è così: possono aver visto qualcosa che noi non siamo in grado di vedere, per esempio fuori dal nostro campo visivo; oppure qualcosa che hanno già visto ma da un’altra angolazione o in contesto differente che fa sì che quel qualcosa non venga riconosciuto; o ancora, può aver visto qualcosa lateralmente che lo ha messo in allarme ma non gli diamo la possibilità di mettere a fuoco... e così via.
È anche vero che il cavallo non fa così tanto affidamento sulla vista come, per esempio, abbiamo fatto noi per la nostra evoluzione e tuttora facciamo, e anche questo può trarci in inganno. Ciò non vuol dire che la vista non sia fondamentale per i cavalli e, del resto, alcune caratteristiche ne sottolineano l’importanza: per esempio il fatto che ha occhi così grandi, probabilmente i più grandi dei mammiferi terrestri... vorrà pur dire qualcosa! Altro indicatore è la vasta area del cervello predisposta ad elaborare informazioni visive. Detto questo, però, il cavallo non si affida alla vista così tanto come noi.
Caratteristiche principali della sua capacità visiva: se dovessimo presentare la vista del cavallo in sintesi estrema potremmo cominciare dicendo che hanno un campo di visuale veramente esteso, molto più esteso del nostro; rispetto a noi non sono così bravi a discernere i particolari (scarsa acutezza), a mettere a fuoco, né a interpretare la profondità (poi vedremo perché); sono invece imbattibili quando si tratta di percepire dei movimenti nell’ambiente circostante, così come sono bravissimi a leggere e intuire anche i più piccoli movimenti corporei e gestuali; come può verificare facilmente un proprietario di cavalli attenta oserei dire che possono cogliere anche le intenzioni (a volte sembra ci legga nel pensiero).Conoscere queste caratteristiche e le relative implicazioni è importante perché ci aiuta nel determinare alcuni comportamenti nell'ottica di una migliore comprensione e RELAZIONE con loro.
Claudio Saba
Le caratteristiche della vista (qui appena accennate) saranno trattate più nel dettaglio nel prossimo articolo
PS il testo originale è affiancato a delle slides con immagini che lo completano.