Codice di Comportamento Fei, la terza puntata
Su Cavallo2000 la terza puntata delle riflessioni di Tiziano Bedostri sul Codice di comportamento Fei in merito ai principi etici che dovrebbero guidare la nostra relazione con il cavallo.
6. Dovrà porsi attenzione al miglioramento dell’istruzione, sull’allenamento, sulla pratica dello sport equestre, come anche sulla promozione degli studi scientifici sulla medicina equina.
Istruzione e formazione
Un settore, quello dell’equitazione, dove troppo spesso l’improvvisazione è preponderante rispetto alla professionalità in senso ampio, ambito nel quale la presunzione, coniugata a supponenza, ha il sopravvento rispetto alla riflessione, al mettersi in discussione, fattori che dovrebbero essere elementi irrinunciabili per coloro che esercitano attività orientate all’istruzione e/o alla formazione, qualsiasi sia l’ambito professionale in cui operano.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un impoverimento culturale, in senso globale, del Corpo docente nel nostro settore, frutto di logiche che hanno privilegiato le “relazioni amicali” a dispetto della meritocrazia e della qualità.
Tecnici e istruttori in maniera sempre più diffusa abbracciando la logica comune orientata al raggiungimento del “risultato ad ogni costo”, in tempi brevi e con il minimo impegno; si orientano all’acquisto del “mezzo” per il proprio allievo/cliente che dovrebbe sopperire all’assenza di una istruzione di base, oltre a fornire interessanti plusvalenze economiche…
Troppo spesso nelle scuole di equitazione ci si dimentica delle opportunità che possono offrire i cavalli della scuola, approccio al quale mi sono sempre ispirato e che mi ha consentito di raggiungere buoni risultati in molteplici discipline, offrendo, tra l’altro, concrete opportunità di crescita ad allievi che altrimenti avrebbero abbandonato l’equitazione. Questi cavalli, preziosi collaboratori, si sono resi disponibili ad affrontare con successo molteplici discipline (a livello di base) contribuendo alla formazione di cavalieri polivalenti (completi), riprendendo il filo conduttore di quell’equitazione che vedeva nella campagna il fine ultimo dell’addestramento del binomio.
Si, proprio il binomio: quella situazione di intesa e fusione tra uomo e cavallo che può scaturire solo dopo anni di lavoro paziente, frutto di reciproche attenzioni, soprattutto da parte del cavaliere. Un lavoro lungo e faticoso, ma foriero di uno stato di grazia inappagabile.
Grazie ai generosi cavalli!
7. Nell’interesse del cavallo, la salute e la competenza del cavaliere sono ritenute essenziali.
Mens sana in corpore sano…
La nota locuzione latina viene spesso erroneamente interpretata: “in un corpo sano c’è una mente sana”.
Invece la satira decima di Giovenale è volta a mostrare la vanità dei valori o dei beni (come ricchezza, fama e onore) che gli uomini cercano con ogni mezzo di ottenere. Solo il sapiente vero si rende conto che tutto ciò è effimero e, talvolta, anche dannoso. Nell'intenzione del poeta, l'uomo non dovrebbe aspirare che a due beni soltanto, la sanità dell'anima e la salute del corpo: queste dovrebbero essere le uniche richieste da rivolgere alla divinità, che, sottolinea il Poeta, più dell'uomo sa di cosa l'uomo stesso ha bisogno (Wikipedia).
Semplicemente un’occasione di meditazione…
8. Ogni forma di equitazione e ogni modo d’allenamento dovranno tenere conto del cavallo in quanto essere vivente ed escludere ogni tecnica d’allenamento che sia considerata illegale dalla F.E.I.
“Errare humanum est, perseverare autem diabolicum!”
Un’antica questione quella sull’oggettività e/o soggettività del pensiero, dell’azione, dell’interpretazione …
Allora, se un cavallo manifesta difficoltà fisiche, psicologiche o comportamentali con le conseguenti esternazioni di insofferenza, quali difesa, fuga, ribellione …
Allora le “scienze” umane arrivano in soccorso con la “oggettiva” capacità di interpretare in maniera inequivocabile qualsiasi tipo di “patologia” equina, quindi, identificando la soluzione perfetta per ricondurre il cavallo sulla “retta via”…
E allora, lo scienziato umano, conscio delle sue oggettive conoscenze e competenze, interviene con qualche “aiutino”, ovviamente operato nell’interesse del cavallo...
Quindi: sbarrare è uno “stimolo all’attenzione”, le stinchiere chiodate servono a “sensibilizzare al rispetto dell’ostacolo”, saltare un largo contro-invitante “favorisce la concentrazione”, saltare con le redini di ritorno “aiuta l’equilibrio del cavallo”…
Tutto questo, ovviamente, nell’interesse del cavallo …
E i cavalli, colpiti da tanta saggezza, ringraziano sentitamente l’ Homo Sapiens
9. Le Federazioni Nazionali dovranno istituire delle forme di controllo adeguate affinché il benessere del cavallo sia rispettato da tutte le persone ed organi nelle rispettive giurisdizioni.
La volpe e l’uva
Il regno animale è composto da infinite specie, tra questa pare ce ne sia una più evoluta, ci dicono sia quella umana.
L’uomo parla, scrive, elabora pensieri complessi e, in virtù di queste prerogative, ha codificato delle regole ben circostanziate atte alla definizione dei comportamenti da tenere nelle relazioni sociali, quindi anche in ambito sportivo.
Le specie animali, in particolare quelle che vivono in branco, seguono regole ben precise, non scritte, motivate semplicemente dall’istinto di conservazione, procreazione, evoluzione… e mai trasgredite.
Sorge un dubbio: come mai è così difficile per l’uomo rispettare i codici da lui stesi e frutto di tanta sapiente elaborazione?
Forse una risposta ce la dava già Esopo in epoca remota con la favola de “La volpe e l’uva”, un’ulteriore risposta ce l’ha data Festinger in epoca più recente con la “Teoria della dissonanza cognitiva”, forse…
Probabilmente la spiegazione è più ovvia, i cavalli – gli animali in genere – non mentono, non sanno mentire, non possono mentire, glielo impedisce un codice di comportamento ben definito e mai stilato, mentre l’uomo è un abile menzognero, in primis nei confronti di se stesso.
Sarebbe interessante comprendere cosa pensano i cavalli, utilizzati per millenni dall’uomo, quando osservano le furbizie messe in atto dal loro “compagno” di lavoro, di avventura e di sport.
Per fortuna del genere umano, i cavalli non parlano.
10. I regolamenti nazionali e internazionali dello sport equestre riguardanti la protezione del cavallo devono essere non solo rispettati durante i concorsi nazionali e internazionali, ma anche durante gli allenamenti. I regolamenti dei concorsi dovranno essere continuamente aggiornati al fine di assicurare il rispetto del cavallo.
Rispetto
Il dizionario Treccani ci aiuta nella comprensione etimologica e del significato del termine rispetto, infatti recita:
- sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso affettuosa, verso una persona… con riferimento alla manifestazione concreta di tale sentimento mediante azioni o parole
- sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno e, quindi, ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli… (per estensione riferito agli animali, alle piante, alle cose…)
- osservanza, esecuzione fedele e attenta di un ordine, di una regola, di una norma o di una prescrizione…
Rispetto.
Un concetto semplice da comprendere, forse sfuggito ad esimi docenti “equestri” che, pare, abbiano recentemente suggerito ad un allievo di un corso per quadri tecnici (futuri formatori ed educatori sul campo) di somministrare al proprio cavallo un “aiutino” perché, il medesimo, presentava evidenti irregolarità di andatura e avrebbe dovuto affrontare il giorno successivo la prova pratica (Test Caprilli – sic!), rassicurando il malcapitato che in quella circostanza “non erano previsti controlli specifici”.
Voci, naturalmente voci, per carità solo voci…
Nel percorso riflessivo sul Codice di comportamento della FEI, un cammino durato alcuni mesi, ho evitato di addentrarmi in casi specifici, forse memore delle conseguenze che patii quando in passato lo feci, una presa di posizione che mi procurò una denunzia alla Procura federale (in maniera pretestuosa e priva di fondamento) opera proprio di coloro – vertici sportivi a vario titolo e grado – avrebbero dovuto vigilare sul benessere del cavallo impegnato in manifestazioni agonistiche, preoccuparsi della sua salute e garantirne l’incolumità. Correva l’anno 2004 e per il terzo anno consecutivo moriva un cavallo a seguito di una gara internazionale di endurance in Valle d’Aosta…
Armato di carta e penna iniziai un cammino orientato alla sensibilizzazione delle “persone di buona volontà”, nella speranza di sovvertire quell’atteggiamento di indifferente omertà che permeava – tuttora permea - il settore dell’equitazione; una strada irta e piena di insidie che mi ha procurato momenti di tristezza, delusione, scoramento e rabbia, ma grazie all’incontro con persone intellettualmente oneste, un popolo in costante crescita nel mondo del cavallo, ho trovato la forza e l’energia per proseguire nel viaggio intrapreso, consapevole che lentamente ci stiamo avviando verso una nuova alba.
Sono sempre più convinto che le “leggi” umane servano a ben poco, ma sia principalmente e soprattutto
una questione culturale.