"Cambiamento, trasparenza, onestà". La nuova Fise del presidente Di Paola
Lunedì, con l'elezione di Marco Di Paola, abbiamo assistito – così speriamo e crediamo – alla conclusione di un lungo ciclo politico oramai divenuto autodistruttivo, anacronistico e “renzianamente” autocelebrativo, al tempo stesso vittima e carnefice in un nodo gordiano di circonvoluzioni che solo un colpo di spada poteva sciogliere. Quel fendente è arrivato. Per usare un termine abusato in questi giorni, un voto contro l'establishment.
A freddo, volendo fare un appunto, ci sarebbe piaciuto non sentire i fischi rivolti a Vittorio Orlandi, ma siamo onesti: con i toni esacerbati degli ultimi mesi di campagna elettorale, la reazione, se non proprio condivisibile, è se non altro comprensibile. Valga come spunto di riflessione per gli sconfitti che, lontani anni luce dall’avere il polso del territorio, hanno assistito esterrefatti alla débacle dopo essere scesi nell’agone con la certezza di uscirne vincitori. I cinefili ricorderanno lo sguardo attonito del (finto) daimyō sulla battaglia che volge alla disfatta in Kagemusha dell’immenso Kurosawa. Ecco, le espressioni erano quelle.
Se certo il voto è stato dirompente, vista la forbice che ha separato il neoeletto dal cavalier Orlandi, sicuramente il compito che il presidente si troverà ad affrontare in questi mesi è tutt'altro che facile, al di là del consenso espresso dalle urne.
Marco Di Paola ha dichiarato di essersi candidato per “cambiare la Federazione”. Questa premessa, disarmante nella sua semplicità semantica e titanica nella pratica, è piaciuta. Evidentemente non solo a noi, visto l'enorme afflusso di aventi diritto al voto che si sono presentati a Milano. Certo le deleghe erano ancora tante, ma questa assemblea "oceanica" ha dimostrato, al di là di ogni possibile dubbio, quanto forti siano la voglia di cambiare e il desiderio di parteciparvi in prima persona.
Quanto il vento fresco del cambiamento sia atteso da tempo lo spiegano anche le travagliate vicende degli ultimi cinque anni, che hanno visto la presidenza di Andrea Paul Gross fino al settembre 2012, l'elezione di Antonella Dallari e la sua permanenza in carica fino al luglio 2013, il commissariamento affidato all'avvocato Ravà fino al marzo 2015 e gli ultimi 22 mesi dell’ex presidente Orlandi. Come dubitare che nei circoli, quelli che lottano tutti i giorni per far quadrare i conti e il cui nome non compare nel calendario dei concorsi stellati, non ci si senta la necessità di un cambiamento radicale?
È tempo, bypassando le polemiche sterili, di guardare al futuro. Ci piacciono le parole del presidente Di Paola: trasparenza (si è accennato ai consigli in streaming), condivisione, territorio, servizi, sport, promozione, onesta e stabilità. Non nell’ordine ma tutte insieme. Ci piace l'annunciato “taglio totale di tutti gli incarichi a collaborazione che non servono” e “il bisogno di persone che lavorano” con l'intento di valutare l'operato di tutti senza preconcetti. Il Sistema Fise ha bisogno di essere rinnovato ma senza purghe politiche, perché chi ha lavorato con professionalità continuerà nel proprio incarico. Bene che il consiglio sia stato eletto compatto, perché la grande macchina federale andrà a regime solo se ogni singolo ingranaggio funzionerà in sinergia con l’insieme. I consiglieri sono tutte figure note ma lontane da quei riflettori che troppo spesso, invece di rendere più chiara la via, hanno accecato.
Ci è piaciuta la dichiarazione di voler portare l'equitazione nelle famiglie, affinché il cavallo sia compagno e non solo strumento e dal meccanismo bottom up originino cultura e, in un percorso virtuoso, risultati. Ci è piaciuto il legame con il turismo, che vede nel cavallo parte integrante del patrimonio culturale italiano e volano economico. E che siano arrivate in consiglio competenze sui grandi eventi ma anche inflessibili precetti sul benessere del cavallo (questo, poi, ci piace tantissimo!). Ci piace sentire parlare di base, elemento visto per troppi anni più come una spina nel fianco che come risorsa, con il focus puntato esclusivamente sull’equitazione di vertice quasi le eccellenze possano nascere dal nulla. E speriamo si affrontino anche la formazione e le professionalità legate all'addestramento dei giovani cavalli.
Ci piace che la Federazione sia stata indicata come “un centro di servizi che deve risolvere problemi” e non come un centro di problemi al cui servizio devono essere i centri, i cavalieri, i proprietari. Ci piace non siano solo le discipline olimpiche al centro dell'interesse ma tutte, a partire dalle rispettive scuole. Ci piace si siano evocate “poche regole che non si cambiano” e che il presidente abbia parlato di meritocrazia. Vivaddio, non vergogniamoci. Essere competenti non è un difetto. E tanti saluti ai nepotismi.
Non illudiamoci. La nostra è una federazione fortemente conservativa, poco propensa al cambiamento e, con privilegiati ancor meno propensi a rinunciare ai vantaggi. Per la nuova amministrazione sarà un quadriennio "olimpico" sotto tutti punti di vista. Marco Di Paola si presenta infatti con una squadra, una freschezza e una determinazione rivoluzionarie che, ne siamo certi, risultano inquietanti per molti baroni. Abbiamo sentito programmi chiari e senza possibilità di fraintendimenti. Nelle mani del nuovo consiglio la barra per guidare la Fise verso un risanamento che deve oltrepassare di quello meramente economico. Serve una “rinascita” morale, etica, culturale, manageriale, professionale e di prospettiva.
L'equitazione merita di ripartire da concetti elementari quanto solidi, quel “calmo, in avanti, dritto” che ne rappresenta una pietra miliare. E se probabilmente tanto “calmo” il presidente Di Paola a volte non potrà rimanere, su “in avanti” e “dritto” puntiamo affinché le promesse siano mantenute e non manchi mai il cuore davanti a un ostacolo. Burocratico, tecnico o di qualunque specie sia.
Calmo, in avanti, dritto, dunque. Per quattro anni.